- Siamo a Porta Prato, poco fuori dal centro di Firenze, una decina di minuti a piedi separano il ristorante da Santa Maria Novella.
- Il locale si sviluppa su grandi vetrate ad angolo e basa il suo design su due colori prevalenti, il blu indaco e il mattone, declinati in modo assoluto, con curve e geometrie che rimandano all’architettura cinese.
- Il Gusto (questo il nome del locale) è l’evoluzione di un primo locale, piccolo e pensato per il take away, che oggi è stato rimpiazzato dalla nuova insegna.
“Coraggio, tenacia, amore”. Affidandomi queste tre parole, al centro della sua filosofia professionale, Xin Ge Liu mi congeda dopo la nostra giornata di shooting. Il suo ristorante ha aperto da poco, il 16 Gennaio. C’è ancora qualche pianta del giorno dell’inaugurazione a fare mostra di sé in un angolo del locale. Siamo a Porta Prato, poco fuori dal centro di Firenze, una decina di minuti a piedi separano il ristorante da Santa Maria Novella.
Il locale si sviluppa su grandi vetrate ad angolo e basa il suo design su due colori prevalenti, il blu indaco e il mattone, declinati in modo assoluto, con curve e geometrie che rimandano all’architettura cinese. Un acquario moderno dove Xin Ge, assieme alla madre Zhang Jiang Qui e al compagno Lapo Bandinelli, propone una cucina cinese legata ai ricordi e alla tradizione, così come all’uso di materie prime locali. In ogni piatto la cura della presentazione è degna di un’artista visuale, come nel caso del Blooming, un dim sum che nasce da un’ispirazione onirica di Xin Ge e ricorda la fioritura di una pianta.
Tra arte e cibo
La storia di Xin Ge inizia in Cina, da dove parte quando è ancora piccola per arrivare a Firenze e frequentare il Polimoda che le servirà a sviluppare la sua passione per la moda e le arti grafiche. Il Gusto (questo il nome del locale) nasce solo in un secondo momento ed è l’evoluzione di un primo locale, piccolo e pensato per il take away, che oggi è stato rimpiazzato dalla nuova insegna. Qui Xin Ge propone e modella i suoi dim sum (e bao) come una stilista o una direttrice creativa farebbe con i suoi abiti: parte da concetti e idee, li trasforma in forme e colori per servirli poi nei suoi piatti. Il suo processo creativo, così come la sua cucina, non solo abbatte i confini tra culture e mestieri, tra moda e gastronomia, ma li riconosce e li sfrutta. Questa connessione ricorda per certi versi un’osmosi, in biologia il passaggio spontaneo di un solvente, dalla soluzione in cui i soluti sono più diluiti a quella in cui sono più concentrati. Anche nelle foto si può ripetere la stessa formula.
L’idea era quella di dare centralità alla figura di Xin Ge, valorizzarla e sottolinearne la forza, le idee e la sensualità, aggiungendo componenti esterne ai piatti e andando a creare dei piccoli ritratti onirici, fuori dal tempo, a volte poco realistici. Per fare questo, lavorando in team per due settimane, abbiamo sviluppato un concept e una moodboard più spesso usata nella moda che nella ristorazione.
Si tratta di uno strumento essenziale in cui si raccolgono collage di immagini presentate da un art director, un fotografo o un creativo, per delineare l’atmosfera di un servizio fotografico, di una campagna o anche di uno spot, oltre ai valori che andranno veicolati al loro interno. Vengono proposte idee che spaziano dallo styling dei vestiti al tipo di luce da usare nelle immagini, per arrivare alla location e agli elementi di scena che verranno usati durante la lavorazione. Tutte queste informazioni saranno poi amalgamate in fase di scatto dal fotografo per creare un insieme di immagini in linea con la richiesta del committente.
Le immagini finali però non sono per forza delle copie delle ispirazioni originali, ma delle rielaborazioni figlie di quel processo di osmosi di cui si parlava prima, che permette alle idee di più professionisti di fluire in un unico prodotto finale, attraversando confini e definendo rappresentazioni del tutto inedite. Oppure, come nel caso di Xin Ge, le immagini passano fluidamente da un ambito all’altro, dalla moda al cibo, dalla fotografia alla cucina, da una scarpa a un bao, dallo Shibari al pollo. Potrebbe essere una campagna di moda o la pubblicità di un ristorante, alla fine sono entrambe le cose.
Questa fluidità culturale che muove il processo creativo, quasi come fosse un motore, è una merce molto più rara di quello che sembra: apre orizzonti, lima le rigidità, permette alla cura del dettaglio e alle armonie cromatiche di accompagnarsi ad una cucina di sostanza e di gusto. Così nella vita, così nel Gusto.
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