Il legame tra Vincenzo Parisi e Federico Umberto D'Amato è confermato da Lando Dell'Amico con l’aggiunta di un particolare inedito e di assoluto rilievo: Parisi sarebbe stato nominato direttore del Sisde proprio su segnalazione di D'Amato. Tale circostanza "può contribuire a spiegare il motivo per il quale fu omessa la doverosa segnalazione alla Procura della Repubblica di Bologna in merito all'episodio delle minacce effettuate ai vertici della Polizia di Stato”
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti
Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi sono figure che ricorrono appaiate nella vicenda che stiamo esaminando. Sono figure che con Geli i attraversano tutta la vicenda della P2. Ricordiamo, in particolare, la testimonianza di Vinciguerra e tutte le ricostruzioni storiche che abbiamo esaminato.
La tesi della Procura generale è che del progetto stragista di Licio Gelli subentrò il binomio Federico Umberto D’Amato – Mario Tedeschi, menzionati nel Documento/Appunto Bologna come destinatari di finanziamenti da parte di Gelli. I due uomini erano uniti non solo da amicizia, ma da una risalente cooperazione nei servizi d’intelligence, di cui si trova riscontro nel libro di Dell’Amico "La leggenda del giornalista spia", acquisito agli atti del processo.
Lando Dell’Amico scrive, infatti che "collaborava strettamente" con Federico Umberto D’Amato (pag. 164 in ali. n. 84 cap. 3) un tale TED, menzionato come "giornalista direttore di un importante organo di stampa, poi eletto senatore nelle liste del Mst’ e quindi agevolmente individuabile in Mario Tedeschi. Più avanti il Del!’ Amico dice pure che "l’identità autentica di quel «Ted» mi sarebbe stata confermata nel 1996 quando questo giornalista senatore era ormai scomparso, dallo stesso Gastronomo (termine col quale l’Autore si riferisce al D’Amato, n.d.e.) il quale l’aveva sempre saputo, senza mai avvertirmi, trattandosi di persona la quale collaborava, strettamente, anche con lui".
Scopo dell’analisi della Procura generale è verificare la "compatibilità" di queste figure con il programma piduistico stragista gelliano. In termini diversi la plausibilità degli elementi che indicano un contributo dei predetti al programma gelliano, comprensivo di azioni produttive di fatti di grave turbamento dell’ordine pubblico, come la collocazione di bombe, capaci di esplodere in luoghi pubblici frequentati.
Secondo l’Ufficio requirente "gli atti di causa forniscono una risposta ampiamente positiva in tal senso".
La prima a venire in considerazione è proprio la figura di Federico Umberto D’Amato. Ne tratteremo per ciò che non è già stato detto nella parte riguardante la situazione patrimoniale dello stesso e la prova che la sua ricca posizione patrimoniale sia stata determinata dai contributi ricevuti dal Gelli in una prospettiva di medio periodo e in concreto nell’immediatezza del 2 agosto.
Riprenderemo la posizione nell’ultimo capitolo di questo lavoro.
Si è già detto che Federico Umberto D’Amato era affiliato alla loggia massonica P2 ed in contatto personale con il "capo" Licio Gelli anche durante la latitanza di costui in Svizzera. Secondo la relazione del consulente prof. Giannuli, D’Amato, si avvalse negli anni del favore del ministro Tambroni che gli affidò il prestigioso incarico di rappresentante del Ministro dell’Interno nel Comitato di Sicurezza della Nato, e soprattutto dei ministri Taviani e Cossiga, che divennero suoi "politici di riferimento"; il secondo fu anche amico personale dello stesso D’Amato, i loro incontri si protrassero durante il mandato presidenziale di Cossiga.
Il consulente ha evidenziato anche la protezione dell’autorità statunitense accordata a Federico Umberto D’Amato. Si tratta di un dato indiscutibile, enfatizzato dallo stesso D’Amato in uno scritto autobiografico sequestrato dall’autorità giudiziaria di Venezia nell’ambito dell’istruttoria relativa al citato procedimento "Argo 16". Il documento, prelevato dagli atti del processo per la strage di Brescia è stato prodotto in giudizio e allegato alla Memoria al n. 86 del cap. 3.
In tale breve documento, che la Corte ha esaminato, Federico Umberto D’Amato riassume il suo curriculum, esprimendosi in terza persona "Federico Umberto d’Amato partecipò alla Seconda Guerra Mondiale collaborando in giovanissima età con l’OSS, conoscendo anche i suoi fondatori il Gen. Donovan ed Allen Dulles. Fu insignito della massima onorificenza la Medal of freedom e, nei successivi 40 anni, è stato collaboratore della Cia. In particolare, fu in fraterna amicizia con James Angleton il mitico capo del controspionaggio americano. Nell’84 ebbe riconoscimento finale come l’uomo la cui opera in difesa della libertà non sia mai dimenticata. Nello stesso periodo, fu prima addetto e poi Capo dei Servizi di Sicurezza Italiani, reggendo l’incarico nei cosiddetti anni di piombo del terrorismo italiano ed internazionale".
Il dato è puntualmente riportato da Lando Dell’Amico nel suo libro "La leggenda del giornalista spia", laddove scrive (pag. 262 - ali. n. 84 cap. 3) che il D’Amato, "dopo aver lavorato sino al 1944 nell’OSS, l’Agency poi trasformata da Foster Dulles in Cia, e nella Military Police americana ben oltre la Liberazione di Roma, aveva come primo referente la NATO e come collegamento stabile la CIA".
Nel periodo 1979 - 1980, nel quale nasce e si sviluppa l’azione strategica-terroristica documentata nell’Appunto Bologna, Federico Umberto D’Amato, dopo aver guidato per anni l’Ufficio Affari Riservati, ossia il servizio segreto civile dell’epoca (direzione di fatto, secondo Giannuli, dal 1966; formale dal 1971 al 1974, data di soppressione di detto Ufficio per effetto delle accuse mosse dagli organi di stampa, in relazione alle stragi di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia, sempre secondo Giannuli), collabora con i Servizi di intelligence italiani e con la CIA; è, inoltre, il più autorevole esponente europeo del Club di Berna (comitato di coordinamento internazionale tra i principali servizi di polizia e di intelligence europei, al quale aderì anche la C.I.A. dall’anno 1973), del quale egli stesso è considerato una sorta di "Presidente non dichiarato", essendone stato il fondatore-ispiratore.
Federico Umberto D’Amato è, infine, il Dirigente della Polizia di Frontiera in Italia, ossia il capo di un servizio strategico che gli consentiva di controllare i transiti con la Svizzera, da lui eletta come paradiso fiscale e ricettacolo di ingenti fondi illecitamente acquisiti e occultati all’estero.
In tale contesto storico non va trascurato il particolare rapporto di amicizia intercorrente con Francesco Cossiga, menzionato da Armida Cardinali e Claudio Gallo, rispettivamente madre e fratello di Antonella Gallo, ex segretaria di Federico Umberto D’Amato, divenuta poi sua erede e convivente nell’ultimo periodo di vita.
Per il D’Amato Claudio Gallo svolse funzioni di collaboratore - autista per circa un quinquennio (dal 1989 al 1994), avendo occasione di conoscerne abitudini e frequentazioni; sentito come teste all’udienza del 28/5/2021 ha ricordato che il D’Amato e l’onorevole Cossiga erano "molto amici" e le reciproche visite nelle rispettive abitazioni private.
Si tratta di informazioni pacifiche.
Ciò che rileva invece è un’altra osservazione del documento che stiamo esaminando.
All’udienza del 28/5/2021 il teste Gallo ha rievocato anche il rapporto di "fraterna amicizia" (pag. 61 del verbale) tra Federico Umberto D’Amato e Vincenzo Parisi, all’epoca capo della Polizia, e le visite di quest’ultimo nell’abitazione romana del D’Amato in via Cimarosa.
Il legame tra Vincenzo Parisi e Federico Umberto D’Amato è confermato da Lando Dell’Amico con l’aggiunta di un particolare inedito e di assoluto rilievo: Parisi sarebbe stato nominato direttore del Sisde proprio su segnalazione di D’Amato (pag. 260 del libro "La leggenda del giornalista spia").
Tale circostanza - suggerisce la Memoria "può contribuire a spiegare il motivo per il quale fu omessa la doverosa segnalazione alla Procura della Repubblica di Bologna in merito all’episodio delle minacce effettuate ai vertici della Polizia di Stato (all’ epoca retta proprio dal Prefetto Pari si) dall’avv. Dean a nome e per conto di Licio Gelli in riferimento sia all’imputazione di calunnia contestata nel procedimento relativo alla strage del 2.8.1980, sia ai documenti sequestrati (tra cui l’appunto Bologna) al suo cliente all’atto dell’arresto in Svizzera".
Non si tratta di un’osservazione marginale, ma di dato assolutamente centrale.
Se è vero che i rapporti tra D’Amato e Parisi erano quelli descritti da tutti coloro che ne hanno parlato, sopra tutti Claudio Gallo che ha descritto una sorta di dipendenza del Parisi dal D’Amato fino alla sua morte e oltre (tanto che la moglie del Parisi, alcuni anni dopo partecipò ai funerali di sua sorella, Antonella Gallo, la segretaria tutto fare di D’Amato negli ultimi quindici anni di vita, che i Parisi avevano conosciuto nel corso delle visite al D’Amato, quando Parisi andava in compagnia della moglie) è evidente come la visita dell’avvocato Dean al Ministero dell’Interno non fu una visita al capo della Polizia, ma una visita direttamente chiesta al D’Amato, perché Gelli e Dean sapevano perfettamente che Parisi era legato a D’Amato e che ragionevolmente le richieste di Gelli sarebbero state riportate a D’Amato che avrebbe saputo dare gli opportuni suggerimenti.
È ragionevole pensare che tutto ciò che accade dopo non è frutto di autonome scelte di Parisi o del Ministro, ma ragionevolmente conseguenza dell’inevitabile coinvolgimento di D’Amato che Gelli rimise in movimento nel momento in cui intese inviare il messaggio contenuto nel documento Artigli che D’Amato fu in grado di spiegare a chi di dovere, adottando le giuste conseguenti misure.
Si tratta quindi di un passaggio importante e chiarificatore.
Risulta ancora dalle testimonianze dei familiari di Antonella Gallo (Claudio Gallo e Cardinali Armida) che l’onorevole Cossiga visitò Federico Umberto D’Amato nel corso della degenza ospedaliera dell’inverno 1995/1996 e si presentò ad onorarne la salma in casa, in occasione del decesso avvenuto nell’agosto del 1996.
La relazione di amicizia tra Francesco Cossiga e Federico Umberto D’Amato è menzionata anche nel libro "La leggenda del giornalista spia" di Lando Dcli’ Amico, secondo il quale "Cossiga pendeva dalle labbra" del D’Amato, "così come Taviani". La citazione è tratta dalla pag. 161 del libro nel quale testualmente si legge: "Gran Consigliere di tutti i ministri, e non solo di Paolo Emilio Taviani e di Francesco Cossiga, i quali pendevano dalle sue labbra, avvicendatisi al Viminate per l’intero arco della Prima Repubblica."
Si può perciò condividere questa affermazione "Si deve, pertanto, ragionevolmente ritenere che l’amicizia con Francesco Cossiga293 (Ministro dell’Interno nell’anno 1978 e Presidente del Consiglio dei Ministri negli anni 1979 e 1980) abbia accentuato quell’aura di potere e di influenza che circondava la figura di Federico Umberto D’Amato, quale esponente di assoluto rilievo del mondo dell’intelligence.
Anche le conclusioni possono essere qui riportate e condivise:
«Federico Umberto D’Amato era la persona più adatta ed affidabile, agli occhi di Licio Gelli, per mettere a frutto l’oneroso investimento strategico di 850.000 dollari effettuato dal capo della loggia massonica P2 in vista del progetto "Bologna", finanziariamente documentato nell’omonimo appunto.
Tale progetto prevedeva ab origine, necessariamente, anche l’appoggio di apparati infedeli dei servizi segreti dell’epoca, in seno ai quali l’esponente più influente, qualificato e di maggior potere era, senza dubbio, il piduista Federico Umberto D’Amato, che si avvaleva di relazioni amministrative, politiche, massoniche e di intelligence (anche sul versante atlantico) di altissimo livello e poteva contare sull’appoggio dei "colleghi" piduisti Grassini e Santovito, posti ai vertici, rispettivamente, del servizio segreto civile e militare.
Lo sviluppo della condotta deviante attuata dal Sisde e dal Sismi con le citate informative del 9/10/1980 (Sisde) e del 14/10/1980 (Sismi) spiega, infine, la ragione per cui nell’appunto Bologna, a fianco del nominativo Zaff. e della cifra di ingaggio di 850.000 (dollari), figurino la data del 7/10/1980, coeva all’avvio delle informative depistanti, e la menzione RELAZ., riferibile alle influenti relazioni personali e di potere che il D’Amato era in grado di attivare per garantire la messa in pratica della condotta di depistaggio, ovvero alle stesse relazioni informative prodotte dai Servizi per depistare; condotta che fu effettivamente realizzata, come risulta acclarato dalle già citate sentenze definitive di condanna.
A ciò si aggiunga che la data del 7/10/1980 non corrisponde ad alcuna operazione riferibile al citato conto N 525779 di Licio Gelli, il cui sviluppo integrale risulta documentato nell’allegato n. 1 (pag. 28 e seguenti) dell’informativa in data 1517/1987 della Guardia di Finanza».
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