Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


In ordine alla credibilità soggettiva del Di Carlo, può formularsi un giudizio positivo tenuto conto delle circostanze evidenziate nel capitolo relativo ai rapporti tra il sen. Andreotti e Michele Sindona.

Nel valutare l’attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni dibattimentali, occorre premettere che in esse non si riscontrano nuovi dati nettamente contrastanti con quelli precedentemente offerti nell’interrogatorio davanti al pm.

Le stesse espressioni adoperate dal Di Carlo nell’interrogatorio del 31 luglio 1996 («di altre situazioni che... non mi viene... in questo minuto, non mi viene in mente molte cose, leggendo i giornali, e leggendo tutta la situazione in Italia, fattori per dire...: Andreotti. Il fattore Andreotti, io mi posso ricordare uno-due episodi, vista l'amicizia che avevo con Nino Salvo») denotano, senza possibilità di dubbio, che egli si accingeva a riferire soltanto alcuni fatti sui quali era già riuscito a ravvivare il proprio ricordo, e non escludeva di potere successivamente richiamare alla memoria ulteriori episodi.

Per quanto attiene alla ricostruzione della vicenda concernente il pranzo presso il “ristorante toscano”, deve osservarsi che le diverse dichiarazioni rese dal Di Carlo presentano, in realtà, un nucleo comune essenziale, costituito dai seguenti elementi:

- durante il pranzo Antonino Salvo comunicò al Di Carlo che lui e l’on. Lima avrebbero dovuto recarsi, nel prosieguo della giornata, ad incontrare il Presidente Andreotti;

- terminato il pranzo, il Di Carlo, ritenendo che l’incontro con il Presidente Andreotti dovesse svolgersi in Piazza Colonna ovvero in Piazza di Montecitorio, si offrì di accompagnare con la propria autovettura Antonino Salvo e l’on. Lima presso tale luogo;

- Antonino Salvo non accettò l’offerta del Di Carlo, spiegando che avrebbe dovuto recarsi, insieme con l’on. Lima, prima “a San Lorenzo”, dove vi sarebbe stato l’incontro con il Presidente Andreotti, e soltanto successivamente presso Piazza Colonna, dove era fissato un appuntamento con altri.

Le marginali discrasie riscontrabili tra le diverse dichiarazioni del collaboratore di giustizia non intaccano il suesposto nucleo comune (che esprime il significato essenziale dell’episodio) e possono riconnettersi a problemi mnemonici ed espressivi derivanti dal lungo tempo trascorso e dalla considerevole durata del successivo periodo di detenzione del Di Carlo in uno Stato estero.

Il fatto che il collaborante abbia esposto il proprio bagaglio conoscitivo con una progressiva gradualità di approfondimenti mnemonici e con una palese incertezza nell’individuazione dei riferimenti cronologici è ricollegabile alla comprensibile difficoltà da lui incontrata nel rammentare esattamente e completamente, e nell’esprimere con chiarezza ed ordine logico, una notevole quantità di eventi, verificatisi in un periodo ormai lontano, e seguiti da un’esperienza esistenziale del tutto diversa.

Deve, inoltre, rilevarsi che gli ulteriori episodi narrati dal Di Carlo nel corso dell’esame dibattimentale costituiscono una integrazione ed un completamento di quelli riferiti nell’interrogatorio del 31 luglio 1996.

È, poi, assai significativo che – pur in presenza delle suddette difficoltà mnemoniche ed espressive – le dichiarazioni del Di Carlo presentino un contenuto ricco di particolari e di riferimenti descrittivi, senza limitarsi al solo oggetto delle domande formulate, abbiano ad oggetto numerose circostanze precedentemente non note agli inquirenti, e non si ricolleghino ad alcuna situazione di coercizione e di condizionamento. Si tratta, infatti, di una serie di elementi che denotano inequivocabilmente la genuinità della deposizione del collaboratore di giustizia.

Deve dunque concludersi che un esame complessivo delle suesposte dichiarazioni del Di Carlo consente di affermarne l’attendibilità intrinseca.

Va inoltre osservato che lo svolgimento degli incontri presso l’Hotel Excelsior ed il “ristorante toscano”, con le modalità descritte dal collaboratore di giustizia, è perfettamente coerente con una serie di altre risultanze probatorie acquisite nel corso del dibattimento.

In particolare, dalla deposizione resa dal teste Luciano Guglielmini (ispettore in servizio presso il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato) all’udienza del 25 marzo 1997 si desume che:

- il Di Carlo si rese latitante dopo l’emissione, nei suoi confronti, di un mandato di cattura adottato il 23 febbraio 1980 dall’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo;

- Michele Greco alloggiò all’Hotel Excelsior, sito a Roma in Via Veneto, dal 5 all'8 Gennaio 1981, dal 28 al 31 gennaio 1981, dal 15 al 18 Marzo 1981, dal 1° al 5 Aprile 1981, dal 12 al 16 Aprile 1981;

- Giuseppe Greco (figlio di Michele Greco e produttore cinematografico) alloggiò all’Hotel Excelsior dal 1° al 16 Aprile 1981;

- Antonino Salvo alloggiò all’Hotel Excelsior dal 3 al 6 Novembre 1980, dal 3 al 4 Dicembre 1980, dal 5 al 6 Febbraio 1981, dal 25 al 27 Febbraio 1981, dal 3 al 5 Marzo 1981, dal 25 al 27 Marzo 1981, dal 13 al 14 Aprile 1981, dal 29 al 30 Aprile 1981, dal 20 al 23 Maggio 1981, dal 17 al 21 Giugno 1981, dall'11 al 12 Novembre 1981, dal 16 al 19 Novembre 1981;

- Nunzio Barbarossa era titolare sia di una rivendita di piccoli elettrodomestici, abbigliamento, biancheria con sede a Roma in via Principe Amedeo n. 174, nei pressi della Stazione Termini, sia di un magazzino ubicato nella stessa zona;

- il Barbarossa apparteneva alla “famiglia” di Michele Zaza, integrata all'interno di “Cosa Nostra” siciliana, ed era in contatto con i Cuntrera ed i Caruana;

- Giuseppe Greco svolse l’attività di produttore del film “Crema, cioccolata e paprika”, tra i cui interpreti vi era Franco Franchi;

- la programmazione del film nelle sale italiane fu autorizzata dall’Istituto Luce dalla data del 3 Agosto 1981;

- due portieri dell’Hotel Excelsior, Valter Ferrari e Adolfo Facchin, i quali all’epoca vi lavoravano con la qualifica di “ragazzi di portineria”, hanno ricordato la presenza di Franco Franchi all'interno dell'albergo in diverse circostanze, e segnatamente in occasione di ricevimenti organizzati in una grande sala dell’Hotel Excelsior (sala la cui ubicazione è stata così descritta dal teste: «entrando nell'Hotel Excelsior, abbiamo sulla destra la reception e praticamente è di fronte, si salgono dei gradini, ... è grandissima e porta poi anche al locale ristorante»); essi hanno ricordato di avere visto nell’albergo anche Ciccio Ingrassia.

Nell’interrogatorio reso in data 19 aprile 1984 davanti al Giudice Istruttore del Tribunale di Palermo, Antonino Salvo dichiarò di avere concesso in prestito, a titolo di cortesia, la propria autovettura Mercedes 500 a Michele Greco, poiché il veicolo doveva essere utilizzato dal figlio Giuseppe Greco per alcune riprese cinematografiche.

Esaminato quale teste in data 20 marzo 1984 davanti alla Corte di Assise di Caltanissetta nel processo relativo alla “strage Chinnici”, il dott. Antonino Cassarà affermò che Giuseppe Greco «per le riprese di un film (Crema, cioccolata e paprica) chiese e ottenne in prestito da Salvo Antonino una Mercedes 5000, la sola esistente a Palermo almeno a quell’epoca»; il teste, inoltre, specificò di ritenere che le riprese del film fossero state effettuate verso il 1980 (v. il relativo verbale, prodotto dal pm il 17 novembre 1998 ed acquisito il 15 dicembre 1998).

Dal tabulato della carta di credito di Antonino Salvo si evince che quest'ultimo effettuò pagamenti a Roma presso il Grand Hotel Excelsior nei giorni 4 dicembre 1980, 6 febbraio 1981, 28 febbraio 1981, 6 marzo 1981, 19 marzo 1981, 27 marzo 1981, 14 aprile 1981, e presso il “Girarrosto Fiorentino” il 25 marzo 1981.

La circostanza che anche Ignazio Salvo abbia frequentato il ristorante “Girarrosto Toscano” trova conferma nella deposizione testimoniale resa da Giuseppa Puma (vedova del medesimo) all’udienza del 15 aprile 1998.

L’on. Antonino Drago, nella deposizione testimoniale resa all’udienza del 25 settembre 1996, ha affermato di avere pranzato o cenato insieme con l’on. Lima, i cugini Salvo ed altre persone a Roma nel ristorante “Girarrosto Toscano”, che si trovava sotto l’appartamento romano dell’on. Lima e nelle vicinanze dell’Hotel Flora, dove il teste alloggiava.

L’on. Giuseppe Campione, esaminato all’udienza del 17 luglio 1996, ha riferito che Antonino Salvo prese parte a Roma, presso il “Girarrosto Toscano”, ad una cena con diversi esponenti siciliani della corrente andreottiana (l’on. Lima, l’on. Drago, l’on. D'Acquisto, l’on. Augello, l’on. Merlino), svoltasi prima del Congresso Regionale di Agrigento della Democrazia Cristiana (tenutosi nel 1983).

Il teste ing. Francesco Maniglia, escusso all’udienza del 18 settembre 1996, ha dichiarato di avere incontrato in alcune occasioni l’on. Lima a Roma nel ristorante “Girarrosto Toscano”, ubicato sotto lo studio del medesimo esponente politico, sito in Via Campania n.31.

Il Maniglia ha aggiunto di avere pranzato al “Girarrosto Toscano” qualche volta con i cugini Salvo; di avere visto più volte l’on. Lima insieme all’on. Drago nel medesimo ristorante tra il 1975 ed il 1979; e di avere incontrato in una occasione l’on. Lima mentre costui pranzava al “Girarrosto Toscano” con Antonino ovvero con Ignazio Salvo.

Ciò posto, va osservato che, se il Di Carlo non avesse effettivamente preso parte ai due incontri conviviali da lui descritti, non si comprenderebbe come egli abbia potuto conoscere, e ricordare puntualmente a distanza di quindici anni, una serie di fatti realmente verificatisi nel 1981, e ricostruibili solo con notevoli difficoltà da chi non li avesse direttamente percepiti:

- la circostanza che l’Hotel Excelsior fosse frequentato nei primi mesi del 1981 sia da Antonino Salvo, sia da Michele Greco, sia da Giuseppe Greco (i quali, peraltro, vi furono presenti contemporaneamente nei giorni 13 e 14 Aprile 1981);

- il fatto che Franco Franchi si recasse nello stesso albergo per partecipare a ricevimenti tenuti in una sala distinta dal locale adibito a ristorante e dotata di caratteristiche corrispondenti a quelle descritte dal Di Carlo;

- il fatto che Giuseppe Greco nel 1981 fosse impegnato nella realizzazione di un film tra i cui interpreti figurava Franco Franchi;

- il fatto che Antonino Salvo fosse a conoscenza della predetta attività svolta da Giuseppe Greco nel campo cinematografico (tanto da concedergli la possibilità di utilizzare la sua autovettura Mercedes 500 per alcune riprese del film);

- la circostanza che il ristorante “Girarrosto Toscano” fosse frequentato in quel periodo sia da Antonino Salvo, sia dall’on.Lima, e che costoro vi si recassero a pranzare insieme.

Deve altresì rilevarsi che, pur con qualche approssimazione (del resto, inevitabile per il lungo tempo trascorso, e della quale lo stesso Di Carlo appare pienamente consapevole), la collocazione cronologica degli episodi enunziata dal collaboratore di giustizia è sostanzialmente conforme alle indicazioni desumibili dai predetti elementi estrinseci di riscontro.

Va tuttavia osservato che non sono stati acquisiti riscontri specifici in ordine alla circostanza che, a seguito dei due incontri conviviali descritti dal collaborante, Antonino Salvo e l’on. Lima si siano effettivamente recati a conferire con il sen. Andreotti.

La semplice presenza del sen. Andreotti a Roma in corrispondenza di alcune delle date nelle quali Antonino Salvo alloggiò nella stessa città nei primi mesi del 1981 è un dato che – prestandosi ad interpretazioni diverse rispetto alla sua diretta inerenza al fatto da provare – non può ritenersi, da solo, sufficiente a confermare la realizzazione di incontri tra i due soggetti.

La genericità delle notizie fornite dal collaboratore di giustizia in ordine all’incontro che Antonino Salvo avrebbe dovuto avere con il sen. Andreotti dopo il pranzo all’Hotel Excelsior non consente alcuna verifica ab extrinseco sulla veridicità delle affermazioni provenienti dalla sua fonte di riferimento.

Per quanto attiene al luogo dove Antonino Salvo, dopo il pranzo al “Girarrosto Toscano”, avrebbe dovuto incontrarsi con il sen. Andreotti, le indicazioni desumibili dalla deposizione del Di Carlo risultano prive di qualsiasi conferma estrinseca.

Sul punto, occorre premettere che il collaborante, parlando di “San Lorenzo”, ha certamente fatto riferimento ad un luogo diverso da Piazza San Lorenzo in Lucina (dove il sen. Andreotti – secondo le spontanee dichiarazioni da lui rese all’udienza del 24 febbraio 1997, le quali non risultano contraddette da altri elementi di convincimento – trasferì il proprio studio soltanto nel 1987).

Infatti, nell’interrogatorio reso davanti al P.M. in data 31 luglio 1996, il Di Carlo ha dichiarato che Antonino Salvo non aveva accettato di essere da lui accompagnato a Piazza Colonna spiegando che l’ufficio dell’on. Andreotti, ubicato “a San Lorenzo”, era “molto più distante”.

Una simile affermazione, e lo stesso fatto di non accettare il passaggio offerto dal Di Carlo, sarebbero completamente privi di senso se Antonino Salvo avesse inteso riferirsi a Piazza San Lorenzo in Lucina, che – come ha chiarito il teste Guglielmini – si trova a breve distanza da Piazza di Montecitorio.

Deve dunque ritenersi che Antonino Salvo abbia inteso fare riferimento ad un luogo ben distinto da Piazza San Lorenzo in Lucina, e collocato a considerevole distanza da Piazza di Montecitorio, come il quartiere di San Lorenzo.

Non vi è prova, però, del fatto che il sen. Andreotti, nel 1981, avesse la disponibilità, in tale quartiere, di un ufficio da utilizzare per incontri con altre persone, sicché deve rilevarsi che le affermazioni del collaboratore di giustizia, sul punto, sono carenti di adeguati riscontri.

Sulla base delle considerazioni che precedono, deve concludersi che gli elementi probatori raccolti non valgono a dimostrare l’effettiva realizzazione dei due incontri con il sen. Andreotti, che il Di Carlo ha dichiarato essergli stati preventivamente comunicati da Antonino Salvo.

Le dichiarazioni del Di Carlo confermano, comunque, una significativa situazione di fatto desumibile anche da altri elementi probatori raccolti: la circostanza che Antonino Salvo non aveva alcuna remora a manifestare i propri stretti rapporti con l’on. Lima, e a parlare dei propri rapporti con il sen. Andreotti, in presenza di esponenti mafiosi di rilievo.

Del resto, un simile atteggiamento è perfettamente comprensibile, dato che ad Antonino Salvo non poteva sfuggire l’interesse che le sue relazioni con ambienti politici suscitavano nei vertici di “Cosa Nostra”, con i quali egli intendeva mantenere un continuativo collegamento (tanto da avvicinarsi con decisione, dopo il declino dello schieramento “moderato”, a quello “vincente”).

© Riproduzione riservata