Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


Sui rapporti di Delle Chiaie con i servizi segreti spagnoli le prove sono indiscutibili, […]. Ma qui il ragionamento della Corte bolognese si fa più sottile e va oltre le informazioni che provengono da Vinciguerra. Andiamo infatti al cuore del nostro tema, seguendo il ragionamento della Corte che diventa di fondamentale importanza per stabilire quello che ora deve ritenersi un legame di complicità tra Gelli e Delle Chiaie e, per altro verso, come vedremo, Federico Umberto D'Amato, l'altro dioscuro nei rapporti con Delle Chiaie, quasi un triangolo che solo oggi sembra chiudersi.

Si legge, dunque, in sentenza: "Stefano Delle Chiaie si muove invece con grande disinvoltura nell'Argentina dominata dall'occhiuto regime militare; da latitante qual è, frequenta liberamente vari ambienti e compare a cena a fianco del console italiano; reduce dall'esperienza cilena, dopo un primo momento di difficoltà, comincia a prosperare, raggiungendo l'apice della sua fortuna nel periodo in cui le forze governative argentine -il che, tenuto conto di quella realtà, equivale a dire gli apparati militari- appoggiano, assieme a quelle cilene, il colpo di Stato militare boliviano; proprio nel periodo prodromico del golpe' intensifica la frequentazione della Bolivia; e, dopo la realizzazione del golpe', ottiene addirittura una collocazione stabile ed ufficiale presso lo Stato Maggiore dell'Esercito boliviano, quale 'assessore' del VII Dipartimento: carica di tale importanza, che gli dava l'opportunità di incontri diretti con il Capo dello Stato ".

"Occorre a questo punto soffermare l'attenzione su alcuni dati che attengono all'epoca in cui, da un lato, il Vinciguerra è oggetto di pressanti 'attenzioni' da parte dei servizi della marina argentina e preferisce lasciare quel Paese piuttosto che divenire un mercenario dei servizi, e, dall'altro, il Delle Chiaie comincia a prender quota in quello Stato, dove la polizia militare imperversa. Capo di Stato Maggiore della Marina è l'Amm. Massera, piduista e addirittura visitatore dello stabilimento industriale del Gelli in Castiglion Fibocchi. Licio Gelli ha stretti rapporti con i servizi argentini: ciò non solo è stato oggetto di una confidenza fatta a Giancarlo Elia Valori dal Presidente FRONDIZl ma può essere constatato per esperienza diretta dal Gen. Grassini Dell'argomento si è già fatto cenno, citando le dichiarazioni rese sul punto dal Gen. Grassini nel presente procedimento.

Converrà qui riportare, perché ancora più eloquenti, quelle rese alla Commissione parlamentare d'Inchiesta: “... Non avevamo nessun rapporto con i Servizi dell'America latina ... Sapendo bene che Gelli aveva grandissime possibilità per quanto riguarda l'Argentina, gli chiesi se mi poteva mettere in contatto con gli argentini. Egli aderì a questa richiesta e l'indomani mattina puntualmente il Capo del Servizio argentino in Italia, all'ambasciata argentina in Italia, si presentò nel mio ufficio dicendosi pronto a collaborare per qualsiasi cosa ... 11

Dunque, basta una parola del Gelli e il Capo del Servizio argentino in Italia corre a mettersi a disposizione del Direttore piduista del SISDE, stabilendo rapporti di proficua collaborazione. Basterebbe questo per attestare il potere raggiunto dal Gelli in quello Stato latino-americano. Ma si deve ricordare ancora che egli entra in relazione con Peron e con il suo "entourage", dove spicca un personaggio come LOPEZ REGA; ha rapporti col Gen. Viola; affilia alla P2 anche Vignes, già ministro degli Esteri, dal quale ottiene la nomina a console onorario di Argentina in Roma. La "penetrazione" del potere Gelliano in Argentina, tende dunque ad assumere le medesime caratteristiche e ad attingere livelli non inferiori a quelli dell'analoga 'penetrazione' nella realtà italiana".

È ragionevole ritenere che la posizione di Delle Chiaie all'interno dei servizi segreti argentini, [...], non sia estranea all'influenza di Gelli al vertice dello Stato argentino, dei suoi generali golpisti. È ragionevole supporre che nel corso delle sue frequenti visite in Argentina e dei relativi contatti, egli abbia incontrato Delle Chiaie, largamente al riparo di occhi e orecchie indiscrete, concordando operazioni oscure e coperte, d'interesse per entrambi.

La testimonianza di Nara Lazzerini, nella parte in cui riferisce di contatti telefonici fra Licio Gelli e Stefano Delle Chiaie costituisce un puntuale riscontro di tale ipotesi. […].

Come abbiamo accennato, al termine delle prime indagini a sei anni dalla strage, la Procura della Repubblica di Bologna aveva ritenuto che fra Gelli e il SISMI deviato e i vertici dei gruppi di Ordine Nuovo e Alleanza Nazionale si era stretta un'alleanza stabile e duratura che aveva come programma la destabilizzazione delle istituzioni con attentati finalizzati a una trasformazione autoritaria e repressiva delle istituzioni. All'interno di quest'associazione era stata promossa una banda armata al cui interno era emerso il nucleo degli attentatori di Bologna.

Tra i primi e gli ultimi non erano intercorsi rapporti qualificabili come concorso nel reato di strage, ma in tesi i primi lasciavano fare e si preparavano a cogliere i frutti delle autonome determinazioni di questi ultimi, ideologicamente insufflati. Uno schema reso necessario dalla mancanza di prova di un diretto rapporto causale tra vertici associativi e banda attiva, specificamente rivolto all'azione delittuosa, che tuttavia portava quei vertici a ridosso dell'area attiva. Da qui la contestazione del reato associativo per qualificare un complesso di relazioni concrete ed effettive tra area piduista ed eversori neri, che ne traevano alimento per programmi ed azioni eversive.

La contestazione, al di là della sua mancata concretizzazione tecnico-giuridica, ha consentito di appurare e provare un contesto di relazioni e di rapporti tra Gelli e il nucleo di elementi dei servizi deviati, l'area politico ideologica dell'eversione nera e la banda armata all'interno della quale hanno operato alcuni degli autori della strage, solo alcuni, peraltro, poiché si ha motivo di ritenere che l'azione eversiva a Bologna abbia visto in azione una pluralità di agenti compartimentati con compiti diversi, coordinati dall'esterno.

Le riflessioni della sentenza "Albiani", dal nome dell'estensore, dimostrano come seppur non fosse provata l'ipotesi associativa contestata - non necessaria ai fini della prova del concorso nella strage di eventuali mandati - quel tipo di relazioni che la sentenza accerta, [...], sia tuttavia di fondamentale importanza per connettere causalmente il gruppo in azione con una matrice eversiva costruita intorno al Gelli. […] Dobbiamo quindi rivalutare l'attenta analisi della sentenza del 1988 sulle prove ritenute insufficienti a configurare l'accordo associativo stabile per un programma di attentati, in quanto tuttavia funzionali a dare conto dell'esistenza di rapporti tra gli esecutori e la centrale Gelliana, tale da fondare l'ipotesi di un ruolo attivo di quest'ultima nella strage. […] La Corte bolognese va oltre il concetto di "reciproca strumentalizzazione" o di "convergenza d'interessi politici", che è già un quadro che restringe e avvicina molto tra loro gli ipotetici concorrenti nel reato, ma sostiene esservi prova "di contiguità - con punti di raccordo a livello di rapporti personali - fra ambienti deviati di apparati statuali gravitanti attorno a Licio Gelli ed esponenti di vertice delle tradizionali formazioni neofasciste".

Ora, che quella "contiguità" non abbia trovato, a partire da un certo momento, "stabile espressione organizzativa, in virtù di uno "storico contratto", nell'associazione eversiva ipotizzata dall'accusa", sulla base di prove certe atte a definire un quadro di certezza anziché di probabilità, come ritiene la Corte, non esclude e anzi consente di riconoscere la plausibilità di un concorso nel reato che quella contiguità sicuramente presuppone.

[…] E quindi, ripercorrendo sinteticamente i risultati importanti conseguiti dalle indagini e dai processi della fine degli anni ottanta (poi perfezionati e integrati negli anni successivi fino ai primi anni duemila), la Corte d'assise ricorda che Licio Gelli, a partire dalla metà degli anni '70, "si pose al centro di una strategia - cosiddetta "del controllo" - tendente a sottrarre il potere alla comunità nazionale, politicamente intesa, ed a svuotare i contenuti sostanziali della Costituzione, mediante un processo di infiltrazione nei gangli vitali delle Istituzioni". A tale scopo si avvalse dello strumento delle Loggia "P2", sulla quale venne ad esercitare progressivamente un potere, se non incondizionato, egemone e prevalente perché basato sul reciproco ricatto, nei termini fissati dalla relazione della Commissione parlamentare. […].

La Corte richiama una specifica prova del rapporto diretto di Gelli con Valerio Fioravanti. Un elemento sicuramente grave a supporto degli inconfessabili rapporti tra i due, riferiti da molteplici testimonianze dell'area più vicina a Fioravanti A pag. 1667 si legge (ma la circostanza è riportata in modo più analitico anche alle pagine 473-475): «Vi sono 'cointeressenze' processuali fra Licio Gelli e Valerio Fioravanti. Non sono in discussione, naturalmente le responsabilità per l'omicidio di Mino Pecorelli, che dovranno essere accertate in altra sede dal giudice naturale. Qui occorre semplicemente rilevare come sia provato che, per conto del Gelli, l'Avv. Di Pietropaolo, per interposta persona e anche direttamente, intervenne presso Valerio Fioravanti, per raccomandargli di tenere, in ordine alla vicenda dell'omicidio Pecorelli, un contegno processuale tale che consentisse al Gelli di stare tranquillo e, per trasmettergli, quale contropartita, le profferte d'aiuto del Gelli stesso. Le vicende in esame sono ricostruibili attraverso i contributi processuali complessivamente offerti da Angelo Izzo (384), Sergio Calore (385) e Stefano Soderin».

Pacificamente acclarato sin dagli anni '60 il favoreggiamento dell'eversione neofascista da parte di ambienti militari e di sicurezza, con conseguente intossicazione delle indagini su questa area, apparati nei quali Gelli finì con l'assumere ruolo e importanza via via crescenti con l'affiliazione di costoro alla P2. […]. Portatore di questo complesso di relazioni politiche con l'estremismo nero e di un programma di rivolgimento dall'interno delle istituzioni repubblicane, dopo i depistaggi, i favoreggiamenti e le coperture che piduisti della prima ora come Miceli, Maletti e Labruna ma anche D'Amato avevano attuato nella prima metà degli anni Settanta, Gelli all'indomani della strage del 2 agosto 1980, pose in essere la complessa e pervicace manovra di intossicazione processuale in favore degli ambienti dell'eversione neofascista, raggiunti dalle prime indagini. In detti ambienti furono individuati alcuni degli esecutori della strage, nonostante l'azione depistante realizzata nei mesi successivi da uomini legati a Gelli.

Secondo la sentenza "nella protezione accordata all'eversione neofascista è individuabile una linea di continuità, che non risente dell'adeguamento della strategia Gelliana ai tempi nuovi: che si perpetua, cioè, anche dopo l'evoluzione di propensioni più marcatamente "golpistiche" verso il nuovo obiettivo dell'occupazione delle Istituzioni dall'interno".

La sentenza giunge in tal modo a fissare un preciso rapporto di strumentalità tra l'azione eversiva e i piani di Gelli che per questa ragione ne garantisce l'impunità mediante gli "spezzoni deviati degli apparati resisi di volta in volta responsabili delle coperture e dei favoreggiamenti", riuniti intorno ai piani di Gelli. È evidente come la distanza tra il semplice favoreggiamento e il concorso è già a questo punto residuale, manca un collegamento, un sostegno preventivo, del tutto plausibile in ragion della gravità e ampiezza dei depistaggi. Il Documento Bologna chiude il cerchio con un'azione di finanziamento che non è nuova, né eccezionale o stravagante ma rientra nell'ordinario modus agendi, riscontrato nella vicenda Cauchi, come ricostruita dalla Corte d'assise di Firenze.

Gelli aveva canali rodati per attingere al gruppo stragista, attesa la fitta trama di rapporti che lo legava ai vertici delle organizzazioni dell'eversione nera e i collegamenti che costoro a loro colta avevano con i servizi egli apparati di sicurezza, secondo ciò che emerso sul conto di Signorelli, De Felice, Fachini e quanto si dirà a proposito di Delle Chiaie, tramite D'Amato. Per tutti costoro la sentenza accerta una posizione di contiguità politica con Gelli e i vertici del SISMI deviato (cui si aggiungerà la posizione del D'Amato che fa storia a parte), "malgrado le ostentazioni di indignazione e le rivendicazioni di purezza ideologica". Ai fini che qui interessano è sufficiente l'acclarata contiguità.

Alla Corte, che cercava la prova di un'associazione, la "contiguità" evidentemente non bastava, ma nella sua ricerca, non coronata da successo, finiva col fornire altre indicazioni utili.

Anzitutto, la fine dell'azione di mediazione e collegamento tra l'universo dell'eversione e il mondo P2, inizialmente affidata ad Aleandri, che aveva permesso al Gelli di entrare in contatto con i giornalisti Lante e Salomone in rappresentanza di quell'universo, rende quella connessione più solida, perché subentrano figure di maggiore spessore, determinazione e convinzione, necessari per coltivare quei legami.

Nel momento del conflitto con Aleandri e Calore, subentrerà nei rapporti personali con Gelli, Aldo Semerari, "lo stesso personaggio che già aveva proposto ad esponenti della 'banda della Magliana' di collocare bombe ed effettuare sequestri di persona; " una coincidenza al contempo significativa e che rafforza il quadro se si considera che Semerari appartiene a quel vertice strategico ispiratore delle tre campagne di attentati del 1978, del 1979 e del 1980 (quest'ultima riferibile alla banda armata oggetto di giudizio), avendo partecipato all'esperienza di "Costruiamo l'Azione" e per i rapporti che lo legano al De Felice, al Signorelli e al Fachini".

Si tratta di rilievi di notevole valenza indiziante; sembrano chiudere il cerchio della connessione tra i due vertici e i due mondi, tanto più se si tiene conto che è proprio nel '79, quando Aleandri e Calore escono dal giro, che, in base ai movimenti di denaro registrati sul Documento Bologna, cominciano a essere messi in circolazione i soldi che si assume abbiano finanziato la strage.

D'altra parte, è pertinente l'osservazione secondo cui "il rapporto fra il Gelli ed il Semerari - individuo certamente non limitato dalle remore psicologiche che avevano reso l'Aleandri un pessimo 'trait d'union' - si viene a consolidare in un imprecisato momento intermedio del crescendo terroristico rappresentato dalle campagne di attentati testé richiamate". E qui, altra specifica coincidenza o prevedibile reazione in base al contesto: dopo la strage del 2 agosto 1980, acme dell'"escalation" terroristica, le indagini si orientano in direzione dell'ambiente dei Semerari, dei Signorelli, dei De Felice, dei Fachini, dei Fioravanti, ed i primi quattro vengono catturati, scatta, da parte del SISMI Gelliano e contro l'inchiesta, una macchinazione per la quale, a giusta ragione, è stato speso l'aggettivo "sconvolgente".

Per la Corte bolognese le manovre depistanti sfociate nelle condanne per calunnia di Gelli e dei vertici del Sismi orientano in senso accusatorio rispetto alla contestata associazione. E tuttavia la Corte del 1988 spiega perché ciò non basta. Ai fini dell'indagine di questa Corte, lo stesso quadro agisce nel senso della conferma del contesto che fa da sfondo al capo d'imputazione. Ed infatti le contiguità "ampiamente dimostrata fra le due principali componenti della contestata associazione" seppure "non

implicano, in termini di stretta necessità, la conclusione del 'pactum sceleris", […] dimostrano tuttavia l'esistenza di tutte le condizioni per il collegamento ideologico tra i due gruppi, cementato dalla circolazione dei finanziamenti sebbene non dalla partecipazione ad un comune sodalizio, trattandosi di gruppi differenziati, portatori di interessi solo parzialmente e temporaneamente convergenti, anche se l'interesse di Gelli è più complesso di quello degli eversori della destra.

Nel momento in cui gli interessi furono convergenti si ebbe una "situazione di permanente contiguità fra ambienti differenziati, e di reciproca strumentalizzazione delle rispettive azioni", con solidi punti di raccordo sul piano delle relazioni interpersonali, il che apre la strada alla tesi del concorso.

Osserva la Corte con argomento che rispecchia anche le evidenze di questo processo che il quadro probatorio del tempo attesta un grado di "compenetrazione fra gli interessi riferibili a quelle che sono state individuate - nello schema più semplificato - come le due componenti della contestata associazione, (che) era comunque tale da giustificare - anche in assenza del vincolo associativo - lo spiegamento, da parte dell'una, di attività impegnative e -fino ad un certo livello di rischio- anche compromettenti, in favore dell'altra".

Un ultimo argomento sembra rilevante rispetto alla ricostruzione accolta da questa Corte. Sappiamo che il nome di Delle Chiaie ricorre nelle informative depistanti dell'operazione "terrore sui treni". [...]

Il depistaggio si compie mescolando vero e falso e condendo il tutto con il verosimile. Certamente la falsa pista costruita dal SISMI non teneva conto dei rapporti che in ipotesi Gelli intratteneva con D'Amato a cui risalirebbe il coinvolgimento di Delle Chiaie attraverso Bellini, in forme e modalità che non presuppongono il concorso del Delle Chiaie, non menzionato nell'attuale capo d'imputazione. Per altro verso Delle Chiaie, espatriato in Sudamerica non correva alcun concreto rischio giudiziario

Egli - dice la Corte – "doveva semplicemente attendere che la pista internazionale - come inevitabilmente doveva accadere - si sgonfiasse, per uscire a testa alta e rivendicare ancora una volta, come non ha mancato di fare, il ruolo di calunniato, di vittima designata, di capro espiatorio degli apparati. In definitiva, nelle intenzioni dei vertici deviati del SISML la "pista internazionale", una volta

raggiunto lo scopo, avrebbe dovuto esser lasciata andare alla deriva; né avrebbe mai potuto essere rivitalizzata, portando allo scoperto l'inesistente "fonte". Certo non è mancato chi - come il Vale, il Fiore e l'Adinolfi - si è trovato a subire pesanti iniziative giudiziarie. Ma non è questo il caso del Delle Chiaie, a carico del quale non si provvide certo a precostituire elementi di apparente riscontro".

Lo stesso argomento la Corte spende per il coinvolgimento del Delle Chiaie nell'ambito del depistaggio Ciolini: […]. Per la Corte del primo processo, in conclusione, esclusa la prova di un'associazione sovversiva era emersa con certezza una situazione di contiguità fra determinati ambienti, e di reciproca strumentalizzazione delle rispettive attività. La Corte ne esclude la riferibilità ad alcuna fattispecie penale, non pensando come non poteva, che quel quadro indiziario sarebbe diventato rilevantissimo 35 anni per formulare un concorso di Gelli nella strage con la prova del finanziamento di essa, secondo un meccanismo analogo a quello che aveva portato al finanziamento di Cauchi che in sede di analisi della Commissione parlamentare d'indagine lo rese moralmente responsabile della strage Italicus come nel caso di Bologna ha reso possibile la formulazione di un'imputazione per concorso in strage.

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