Questa consapevolezza da parte di Ambrosoli risulta chiaramente da una sorta di testamento morale da lui scritto, sotto forma di lettera alla moglie Anna, già in data 25 febbraio 1975. Nella parte finale di tale documento scriveva: "Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo che saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto...".
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza della Corte d'Assise di Milano che ha condannato all'ergastolo Michele Sindona per l'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli
Giorgio Ambrosoli, nominato commissario liquidatore della Banca privata italiana con decreto 29 settembre 1974 del Ministra del Tesoro, iniziò subito con grande impegno e rigore la sua attività diretta a recuperare alla liquidazione i cespiti che erano stati distratti nelle più diverse forme, e ben presto si rese conto che per adempiere il compito affidatogli avrebbe dovuto incidere sugli interessi di persone potenti e capaci di tutto.
Comprese, in particolare, che per ostacolare il suo lavoro queste persone, oltre a ricorrere alle pressioni, alla denigrazione e alla calunnia, non avrebbero arretrato neppure di fronte alla prospettiva di doverlo sopprimere.
Questa consapevolezza da parte di Ambrosoli risulta chiaramente da una sorta di testamento morale da lui scritto, sotto forma di lettera alla moglie Anna, già in data 25 febbraio 1975, e da quest'ultima prodotto il 29 luglio 1983.
Nella parte finale di tale documento infatti Ambrosoli, dopo aver fatto riferimento ai nemici con i quali avrebbe dovuto scontrarsi svolgendo con onestà e imparzialità il suo compito, scriveva: «Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo che saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto... Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa... Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre...».
La sequenza degli avvenimenti degli anni successivi ha dimostrato quanto fosse fondato il giudizio di Ambrosoli sull'ambiente con il quale doveva fare i conti, e quanto fossero giustificate le sue previsioni sulle reazioni di quell'ambiente.
Michele Sindona percepì ben presto che l'avvocato Ambrosoli, quale liquidatore della Banca privata italiana, era per lui estremamente pericoloso, sia perché stava ricostruendo tutta la contabilità delle sue banche, facendone emergere le molteplici irregolarità, sia perché era di ostacolo alla sistemazione dell'intera vicenda. Sindona entrò particolarmente in allarme verso la fine del 1975, quando il commissario liquidatore, nell'ambito della sua attività recuperatoria, riuscì ad entrare in possesso di 4.000 azioni al portatore costituenti l'intero capi tale sociale della Fasco A.G., società capogruppo del suo impero e, come emergerà in seguito beneficiaria di fondi distratti dalla Banca unione e dalla Banca privata finanziaria.
Infatti il 15 gennaio 1976 la difesa di Sindona presentò alla Questura di Milano una denuncia diretta al Procuratore della Repubblica di Milano, contro l'avvocato Giorgio Ambrosoli, accusandolo di essersi indebitamente appropriato delle azioni Fasco. Poco più di un mese dopo Sindona pubblicizzò adeguatamente la denuncia con un'intervista rilasciata al giornale "Il Fiorino", nella quale tra l'altro, il commissario liquidatore era definito un incapace.
La denuncia contro Ambrosoli venne poi archiviata il 15 giugno 1976. Successivamente si intensificarono i tentativi volti ad ottenere la rimozione di Ambrosoli dal suo incarico, tentativi che culminarono in due esposti indirizzati da Sindona, rispettivamente in data 17 marzo e 18 luglio 1977, al Governatore della Banca d'Italia.
Nei due esposti, di una notevole violenza verbale Sindona chiedeva che Ambrosoli venisse messo sotto inchiesta e destituito, accusandolo di incompetenza, scorrettezza, malafede, faziosità, partigianeria, disonestà, sostenendo che lo stesso era al servizio di centri di potere a lui contrari, e prospettando minacciosamente al Governatore la possibilità che anch'egli- potesse un domani, essere accusato di complicità nelle "malefatte'' di Ambrosoli.
Ambrosoli si rese evidentemente conto del clima che gli si stava creando intorno tanto che proprio in quel periodo decise di rinnovare la polizza di assicurazione sulla vita, lasciandone annotazione in una postilla alla lettera alla moglie Anna, della quale si è parlato.
L'atteggiamento dell'entourage di Sindona nei confronti di Ambrosoli risulta anche dall'annotazione di pugno di Guzzi: "Sbarrare la strada ad Ambrosoli", rinvenuta fra gli appunti presi dal legale durante un viaggio da lui compiuto a New York nel gennaio 1978 per conferire con Sindona, e sequestrati nel suo studio.
Dopo i grossolani attacchi con i quali Sindona aveva cercato di aggredire Ambrosoli anche sul piano della correttezza e capacità professionale, nel corso del 1978 si tentò, attraverso una serie di incontri con l'avvocato Guzzi, e mediante una visita di Walter Navarra che 1'11 maggio 1978 aveva consegnato al liquidatore un appunto di Sindona, di ottenere dal predetto un atteggiamento più flessibile e condiscendente verso i progetti di sistemazione e verso le soluzioni che lo stesso Sindona suggeriva.
Il giudizio di Ambrosoli su tali progetti e su tali soluzioni rimase tuttavia nettamente negativo, come confermato anche dal teste Sarcinelli in istruttoria e al dibattimento e come si desume dalle annotazioni rinvenute, alle rispettive date, sulla agenda-diario del commissario liquidatore: "Guzzi insiste nel suo piano di chiusura con pagamento al 100%: non vedo come" (17 maggio 1978); "Guzzi insiste su concordato: proposta folle perchè Banca d'Italia dovrebbe rinunziare a chiedere rimborsa a B.I.N. e ministero del Tesoro dovrebbe rinunziare a multa" (9 giugno 1978); "Guzzi studia soluzione globale ma pazzesca per la quale Banca d'Italia paga tutto!" (13 luglio 1978); "Viene Walter Navarra, ex partigiano espulso dal P.S.I., con memoria di Michele Sindona. Follie!" (11 maggio 1978).
Nel novembre del 1978, come si è accennato nel capitolo precedente, si intensificarono gli sforzi di Guzzi diretti ad instaurare una trattativa diretta con dirigenti della Banca d'Italia, e Cuccia, sollecitato in tal senso da Guzzi, rifiutò categoricamente di fornire una qualsiasi collaborazione al riguardo.
Guzzi allora si risolse a telefonare direttamente a Sarcinelli per ottenere un appuntamento, ma questi il 4 dicembre 1978 gli mandò a dire dalla propria segretaria che il Servizio di Vigilanza poteva avere rapporti solo con i commissari liquidatori e non con i legali di parte.
A questo punto Guzzi - come si ricava dalle sue dichiarazioni oltre che dalle deposizioni di Stammati e di Sarcinelli - prese nuovamente contatto con Stammati, ricorrendo anche alla intercessione di Licio Gelli, affinchè fosse organizzato un incontro a tre fra lui stesso, Ambrosoli e Sarcinelli. Così verso il 20 dicembre 1978 Stammati si rivolse di nuova a Ciampi pregandolo di ricevere congiuntamente Guzzi e Ambrosoli per valutare assieme il progetto di sistemazione, ma Ciampi e Sarcinelli, d'accordo con il Governatore, ritennero inutile l'incontro, essendo stato il progetto già bocciato, e decisero soltanto di interpellare il commissario liquidatore dopo le feste di fine anno.
Infatti, Ambrosoli l '11 gennaio 1979 si recò a Roma per conferire con Sarcinelli, e in quell'occasione gli riferì delle minacce di morte che nei giorni precedenti gli erano pervenute attraverso telefonate anonime. Gli disse inoltre di non essere assolutamente interessato ad un incontro a tre con la presenza dell'avvocato Guzzi, gli confermò la sua precedente posizione di netta contrarietà ad ipotesi di soluzione della liquidazione che non fossero pienamente rispettose degli interessi pubblici in gioco, e aggiunse che qualora la Banca d'Italia avesse accettato una soluzione del genere egli avrebbe subito rinunciato all'incarico di liquidatore. Sarcinelli lo aveva rassicurato, dicendogli che in questo caso anch'egli avrebbe dato le dimissioni.
Il giorno precedente a quello di tale incontro, e proprio mentre era in corso l'offensiva minatoria nei confronti di Ambrosoli, lo studio dell'avvocato Guzzi aveva curato l'inoltro per raccomandata di una lettera di Sindona diretta al "Corriere della Sera" e per conoscenza all'Ordine degli Avvocati ed al Governatore della Banca d'Italia, nella quale il commissario liquidatore veniva insultato pesantemente e perfino qualificato come ladro.
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