Il professore della Cattolica e medico del Gemelli è accusato di aver abusato di una paziente in ospedale. Rischia il rinvio a giudizio, ora propone una pena di 10 mesi (sospesa). La sua legale: «Meglio una chiusura subito che ottenere un’assoluzione in un tempo indefinito»
Il caso di presunta violenza sessuale da parte dello pneumologo del Gemelli, Luca Richeldi, va verso il patteggiamento. L’indagato, per cui la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio, ha infatti presentato una richiesta di patteggiamento, che ha ottenuto parere favorevole dalla pm. Ora tocca al gip, durante l’udienza fissata per l’8 maggio, decidere se accoglierla.
La vicenda dell’abuso, resa nota da Domani nel febbraio scorso, risale all’inizio del 2022, mentre la denuncia è avvenuta a distanza di meno di un anno dai fatti. La legge sul Codice rosso prevede fino a 12 mesi per denunciare, perché è frequente che la vittima di violenza possa avere bisogno di tempo per elaborare gli eventi.
L’accusa a carico di Richeldi, professore ordinario delle Malattie dell'Apparato Respiratorio alla Cattolica del Sacro Cuore di Roma e primario di pneumologia dell’ospedale Gemelli ma anche volto televisivo, è di violenza sessuale, aggravata dall’aver commesso il fatto abusando della sua autorità, visto il suo ruolo di medico di fiducia della donna. Secondo la denuncia della professionista romana G.P., Richeldi le avrebbe imposto di subire palpeggiamenti «sotto i vestiti e a contatto con la pelle», poi le si sarebbe gettato addosso «baciandola sulla bocca». Avrebbe continuato anche «dopo che lei si era alzata per sottrarsi alla condotta, esplicitando il suo diniego», infine «le cingeva alle spalle con le braccia stringendole il seno con le mani ed appoggiandosi con il suo corpo contro di lei». L’aggressione sessuale sarebbe avvenuta subito dopo una visita, in un ufficio dentro al complesso del Gemelli.
Durante l’interrogatorio del 19 novembre 2023, Richeldi ha confermato di aver visitato la donna, ma che «dopo la visita si è rivestita, abbiamo fatto due chiacchiere, non ricordo se sempre seduti sul divano e se ci siamo anche alzati», è stata la sua ricostruzione, e «la visita in sé sarà durata cinque minuti, poi qualche minuto per salutarsi».
All’epoca della richiesta di rinvio a giudizio, contattato da Domani, il suo avvocato di allora - Guido Manca Bitti – aveva detto che «Il professor Richeldi respinge qualsiasi addebito, ma si difenderà nelle sedi opportune e dunque davanti al giudice».
Nel frattempo Richeldi ha cambiato avvocato, e ora è difeso da Ilaria Barsanti. Nonostante durante l’interrogatorio abbia negato qualsiasi responsabilità, il medico adesso ha scelto la strada del patteggiamento. «La soluzione dell’accordo con il pm è una libertà processuale voluta dal legislatore per consentire all’indagato di non sottoporsi al processo per anni. Come dire, meglio una chiusura subito con un accordo che ottenere un’assoluzione in un tempo indefinito. Ogni speculazione sulle scelte processuali degli indagati e dei loro difensori è gravemente lesiva del diritto di difesa e determina un’indebita ingerenza anche rispetto all’operato della magistratura», ha commentato l’avvocata Barsanti.
Il patteggiamento
Nella richiesta di patteggiamento è stata prevista una pena pecuniaria sospesa in via condizionale insieme a tutte le pene accessorie e la partecipazione di Richeldi a un percorso di risocializzazione.
Per il reato di violenza sessuale la pena prevista va dai 6 ai 12 anni, aumentata di un terzo perché al medico viene contestata anche l’aggravante. Oltre alla riduzione di un terzo della pena che deriva dalla scelta di patteggiare, la richiesta della difesa è che al medico venga riconosciuta sia l’attenuante del fatto di minore gravità che quella di aver riparato il danno con una offerta che verrà depositata in udienza.
Il conteggio finale porta ad un calcolo di 10 mesi e 20 giorni di reclusione, di cui viene chiesta la conversione in una pena pecuniaria di 49.050 euro. Che però, se il giudice accetterà il patteggiamento, non dovranno essere davvero versati. Richeldi – incensurato – ha infatti chiesto anche la sospensione condizionale della pena.
La scelta di un patteggiamento formulato in questo modo sembra avere come obiettivo prima di tutto quello di salvaguardare la carriera del medico. Nel caso del reato di violenza sessuale aggravata, infatti, la pena accessoria avrebbe comportato la probabile sospensione dall’esercizio della professione. Se la richiesta di patteggiamento andasse a buon fine, invece, la sospensione condizionale eviterebbe qualsiasi conseguenza lavorativa. Risulta a Domani che nei confronti di Richeldi sia stato aperto un procedimento disciplinare da parte dell’ateneo, ma il collegio di disciplina ha proposto «all’unanimità la sospensione, rinviandone la prosecuzione all’esito del giudizio penale». Con il patteggiamento, bisognerà attendere eventuali conseguenze.
Peculiare, infine, è anche l’offerta di partecipazione ad un corso di recupero, «con l’istituto di psichiatria e psicologia della Fondazione policlinico Gemelli, il cui programma verrà depositato in udienza». In sostanza, Richeldi svolgerebbe il recupero nello stesso ospedale in cui attualmente lavora. In casi di violenza sessuale, il percorso di recupero è previsto dalla legge e va normalmente svolto in Centri per Uomini autori di violenza (Cuav), che sono strutture convenzionate di cui però il Gemelli non fa parte.
L’avvocata Ilenia Guerrieri, che difende G.P. ha fatto sapere che in udienza depositerà memoria difensiva per opporsi all’accoglimento del patteggiamento: «Non riteniamo adatta la pena proposta con il patteggiamento, con una riduzione non congrua in relazione al fatto contestato. Inoltre non è allegato un percorso trattamentale da svolgere presso uno dei centri indicati nella convenzione stipulata dalla camera penale con il tribunale di Roma». La decisione finale, comunque, spetta al gip.
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