Il disegno di legge del ministro della Giustizia prevede cancellazione del reato di abuso d’ufficio, ma questo «creerà un vuoto nell’ordinamento penale, che travolgerà anche i processi già celebrati», è l’analisi di Sebastiano Ardita, ex componente del Consiglio superiore della magistratura e oggi tornato a svolgere le funzioni di procuratore aggiunto a Catania.

La scelta del ministro Nordio rischia di sollevare polemiche. Quale funzione riveste l’abuso d’ufficio nel sistema dei reati contro la pubblica amministrazione?

Il reato di abuso di ufficio non è semplice da provare, ma la sua funzione è quella di impedire l’esercizio di funzioni pubbliche ad uso privato, o per interessi personali. Al di là di ogni considerazione, rappresenta un deterrente per mantenere l’esercizio dei poteri pubblici sul binario della correttezza.

Quali effetti creerà e c’è il rischio di un vuoto? Il disegno di legge modifica e restringe anche il traffico di influenze illecite, pur con il minimo edittale aumentato.

Certamente si creerà un vuoto nell’ordinamento penale del quale presto sarà possibile accorgersi. Anche la modifica del traffico di influenze finirà per liberalizzare comportamenti che, benché tenuti da privati, finiscono per procurare danni all’immagine della pubblica amministrazione. La cosiddetta millanteria in realtà serve a punire comunque una quota di condotte certamente finalizzate a turbare lo svolgimento di funzioni pubbliche ma per le quali non risulta provato il rapporto con il pubblico ufficiale.

Il ministro ha argomentato che attualmente la sua finalità afflittiva era nell’avviso di garanzia, dannoso per l’immagine dei pubblici ufficiali indagati, visto che l’effettivo accertamento dei fatti avveniva in pochissimi casi.

Il divario in termini numerici tra le indagini avviate e le condanne conseguite nasce dal fatto che spesso cittadini ritengono di trovarsi dinanzi ad un reato, mentre invece si tratta di semplice violazione amministrativa. E perciò trovandosi davanti a una denuncia è necessario comunque avviare un procedimento penale che poi verrà archiviato. Questo non toglie però che esistono prese di interesse privato in atti di ufficio e occorre essere consapevoli del fatto che rimarranno senza tutela.

Sarebbe stato più coerente modificarlo invece che cancellarlo?

Nel codice penale italiano a partire dal 1930 l’interesse privato in atti di ufficio è stato sempre reato. Forse basta questa considerazione per rispondere alla domanda. Tenga conto poi che gli effetti dell’abolizione di un crimine non operano soltanto per il futuro, ma in base all’articolo 2 del codice penale travolgono anche i processi già celebrati. In questi casi infatti, anche per coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva, cessano l'esecuzione e gli effetti penali.

Uno dei timori della Lega era che, cancellando l’abuso d’ufficio, ora gli inquirenti ipotizzino invece reati più gravi. potrebbe essere una sorta di eterogenesi dei fini?

Non credo sia una preoccupazione reale. Per iniziare una indagine sono necessari indizi indizi ricavabili da una notizia di reato. E dunque tutto ciò che prima legittimava l’avvio di un procedimento per abuso d’ufficio, non sempre potrà essere presupposto per ricercare reati più gravi, per i quali sarà comunque necessario comunque avere elementi ricavabili da una notizia di reato.

Si toccano anche le intercettazioni, con il divieto di pubblicazione di quanto non riprodotto nella motivazione o non utilizzato nel dibattimento, al fine di preservare i terzi estranei. Condivisibile?

Il principio della tutela dei terzi estranei è di per sè condivisibile, anche se trova un limite nelle esigenze del processo; ma tutte le iniziative adottate in questi anni non hanno dato buona prova di sé.

 

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