25 luglio 2023: la Sezione Disciplinare del C.S.M. (S.D.) condanna la giudice Maria Fascetto Sivillo alla perdita dell’anzianità per un anno. Il collegio è presieduto dal Vice Presidente del C.S.M. Fabio Pinelli, mentre Rosanna Natoli è tenuta a riferire in camera di consiglio e a redigere la sentenza. La lettura del dispositivo è preceduta da una appassionata dichiarazione dell’incolpata e da una serrata arringa del suo difensore, Carlo Taormina, volta a dimostrare che la Fascetto è vittima dal “cerchio magico” dei magistrati Palamara e Forciniti, che si sono accaniti contro di lei, al solo scopo di favorire la giudice Sempronia, sua ostinata nemica (il tutto come registrato da Radio Radicale).

Il 3 novembre 2023 Natoli e Fascetto si incontrano a Paternò (CT) nello studio dell’avvocato Milazzo, che presenzia alla riunione insieme a Failla. Natoli premette che molti, tra cui Claudia Eccher (componente del C.S.M.), le avevano chiesto di avere un «occhio di riguardo» nei confronti della Fascetto, siccome «amica degli amici». Indi ella s’ingegna a dimostrare che, sebbene per tempo avesse convinto Pinelli e D’Ovidio (altra giudice della S.D.) a considerare adeguata la sanzione della censura, proprio la dichiarazione spontanea della Fascetto («lo sfogo bestiale contro la Sempronio. No, cioè, ha detto che era l’amante di Tizio»), aveva indotto la Sezione Disciplinare ad infliggerle una ben più grave condanna: «E ora io [Natoli, in quanto consigliera relatrice] ho la perdita di anzianità, quindi io su questa vicenda debbo motivare in questo modo. Non poteva andare, non posso andare diversa-mente».

Dopo essersi così ‘giustificata’, quasi che temesse la reazione della Fascetto, la relatrice Natoli (che non ha ancora depositato la sentenza), pur ammettendo dal vivo la propria colpa («sto violando il segreto della Camera di Consiglio»), l’elargisce un duplice consiglio: quello di nominare, in aggiunta all’avvocato Taormina, altro difensore e quello di non accanirsi più nei confronti di Sempronia: «Lo sappiamo tutti che è una cessa, ma non la deve nominare più!», tanto «si eliminerà da sola, lo vedrà». Ma su questo punto si inalbera Fascetto, arrivando a dire che, non essendo migliore l’attuale consiliatura del C.S.M. rispetto a quella risalente a Palamara (bandito dall’Ordine e dall’ANM), ella è pronta a denunciare tutti: «Io sono disposta a tutto, dottoressa!». «Sì, lei lo fa, ma poi ci facemu i pernacchi [dialetto siciliano]», «le faremmo le pernacchie», rintuzza subito Natoli.

Così scabrose circostanze sono venute alla luce sole perché Fascetto ha registrato di nascosto gli interventi svolti nel corso della riunione del 3 novembre 2023, depositando la c.d. ‘pennetta’ contenente la registrazione, in uno alla sua trascrizione cartacea, nel corso di un altro giudizio svoltosi davanti alla Sezione Disciplinare il 16 luglio 2024; dispositivo e documenti che il Comitato di Presidenza del C.S.M. si è affrettato a trasmettere alla Procura della Repubblica capitolina. La carente accessibilità delle decisioni emesse dalla S.D. non consente di leggere la sentenza emessa il 25 luglio 2023 nei confronti di Fascetto e redatta da Natoli in quanto relatrice.

Ai sensi dell’art. 125, 4° c.p.p., richiamato dall’art. 18, 4° D. lgs. n. 109 del 2006, la deliberazione della sentenza disciplinare è segreta. Pertanto sembra (confessata e) conclamata la violazione del segreto camerale ad opera di Natoli (art. 326 c.p.); che si estende, a titolo di concorso (art. 110 c.p.), alla condotta della stessa Fascetto, in quanto (se non anche determinante istigatrice, comunque) intenzionalmente diretta alla massima divulgazione del segreto violato. Se non fosse destinato all’abrogazione (in attesa solo di promulgazione), verrebbe forse in rilievo altresì l’art. 323 c.p., potendosi prospettare il ‘danno ingiusto’ nei confronti di Sempronia. Essendo stato commesso il fatto-reato in Paternò, competente ad indagare dovrebbe essere la Procura della Repubblica etnea. E proprio a questo proposito si è registrato il primo nefasto effetto della violazione del segreto.

Proprio il 17 luglio 2024, giorno successivo alla divulgazione del contenuto della ‘pennetta’, veniva all’esame del Plenum del C.S.M. la nomina a Procuratore della Repubblica di Catania, ufficio conteso dai magistrati Tizio e Mevio. Ebbene, da notizie di stampa non contestate dalla Natoli, sembra che la nomina d’uno dei candidati sia stata propiziata dall’assenza della Natoli, ‘pretesa’ (?) dagli altri membri del C.S.M., giacché altrimenti anch’ella avrebbe concorso alla nomina del Capo dell’ufficio competente ad indagare sulla rivelazione del segreto camerale. Dal che sembra desumersi che la Natoli, ‘bruciata’ dalla ‘pennetta’ che scotta, non sia più in grado di svolgere con sufficiente autonomia e serenità il proprio ufficio.

Fin qui la descrizione degli eventi.

Resta da vagliare la scelta adottata da Fascetto: è un harakiri, un suicidio giuridico assistito dal suo avvocato?

Se si considera che Taormina ha tra l’altro ricusato tutti i membri della Sezione Disciplinare, che assume coinvolti dalle esternazioni della Natoli, non è peregrino ipotizzare che, in conformità alla sfida lanciata dalla Fascetto («sono pronta a denunciare tutti»), più che difendersi, ella voglia ora attaccare frontalmente la stessa istituzione, cioè la Sezione disciplinare e il C.S.M., siccome assertivamente infiltrati dal “cerchio magico” dei magistrati Palamara e Forciniti, cioè dal perdurante sistema Palamara & Company. Al postutto, in guerra, ma anche nell’agone giuridico, la migliore difesa resta sempre l’attacco, specialmente se l’asserito nemico offra una falla così eversiva come quella registrata sulla ‘pennetta’ che ...scotta!

Ma non stupisce affatto che, dopo un lustro, ancora l’ombra di Palamara si proietta – e con tanta vivacità - sul contenzioso attuale. Impossibile immaginarne l’esito dello scontro che si preannuncia titanico, impegnando direttamente perfino il Capo dello Stato, siccome Presidente del C.S.M. Intanto, se «il linguaggio è la casa dell’essere» (M. Heidegger), non sembri una valutazione meramente estetica e/o etica rilevare quanto eretico sia di per sé il linguaggio usato: «amica degli amici», «occhio di riguardo», «cessa», «ci facemu i pernacchi».

E se difetti perfino il linguaggio, se non concordiamo neppure sul dicibile e sull’indicibile, come intendersi sull’essere e sul diritto? Il degrado verbale è più renitente di quello morale e giuridico. Chi vivrà vedrà!

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