Un emendamento approvato nella manovra di Bilancio prevede la possibilità di abbattere «animali selvatici» anche nelle zone urbane, per motivi di pubblica incolumità e sicurezza stradale. Insorgono gli animalisti e i Verdi: «Mettono in pericolo anche gli umani»
Nella concitazione del voto notturno fino alle prime luci dell’alba in commissione Bilancio alla Camera, è stato dato il via libera anche ad un emendamento che permette all’abbattimento di fauna selvatica per motivi di pubblica incolumità e sicurezza stradale anche in aree protette e in città, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto.
Anche se specifica che «le attività di contenimento non costituiscono esercizio di attività venatoria», la nuova norma permette ai «cacciatori iscritti agli ambiti territoriali di caccia» di abbattere gli animali e che le carcasse che superino le analisi igienico-sanitarie possano essere destinate al consumo alimentare.
L'emendamento, a firma del capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti e di altri 14 deputati, modifica la legge attuale sui metodi con cui le regioni possono operare il contenimento della fauna e ha scatenato le ire dei Verdi di Angelo Bonelli e degli animalisti italiani.
La norma infatti è stata infilata nella manovra presentandola alle 6 del mattino nel corso della maratona in Commissione, dopo essere prima stato dichiarato inammissibile e poi riammesso. Le opposizioni, inoltre, sostengono che non possa confluire nella legge di Bilancio perchè si tratta di una norma ordinamentale che non incide sulla spesa pubblica.
Cosa prevede
Se approvata definitivamente, la norma consentirebbe anche la caccia e l’abbattimento di specie protette dall’Unione europea. «Non riguarda solo i cinghiali ma anche lupi, orsi, volpi e altro, in totale violazione della direttiva Habitat e dell'articolo 9 della costituzione», ha spiegato Bonelli, che ha già annunciato l’esposto all’Ue in caso di approvazione. Anche le associazioni animaliste come l’Oipa (Organizzazioine internazionale protezione animali) ha parlato di «emendamento Far West» e di «mattanza indiscriminata della fauna, mettendo inoltre a rischio la pubblica sicurezza e incolumità». L’emendamento, infatti, prevede la possibilità di cacciare animali selvatici – in particolare cinghiali ma non solo visto che l’indicazione faunistica è generica – in zone urbane e aree protette, con il rischio di mettere in pericolo anche le persone. Difficile, infatti, capire come si possa garantire la sicurezza dei frequentatori di parchi e di zone rurali delle città, se in quelle stesse zone i cacciatori potranno sparare per abbattere cinghiali e affini.
Inoltre, cancella i riferimenti a metodi non cruenti come prima scelta per contenere il diffondersi delle specie (come delle recinzioni) e lascia alle regioni la possibilità di decidere in autonomia quando aprire a questa caccia urbana, senza alcuna valutazione preliminare dell’Ispra, l’ente pubblico per la protezione dell’ambiente.
«I sovranisti dal grilletto facile aprono alla caccia selvaggia», è l’attacco dei Cinque stelle.
La mossa di FdI
L’operazione, coordinata da Foti e con l’intervento anche del ministro dell’Ambiente, Francesco Lollobrigida, sembra tutta orientata ad ottenere il favore del mondo dei cacciatori, storicamente molto vicino alla Lega, oltre che alla lobby delle armi.
Lollobrigida, che con il decreto Ministeri ha ottenuto tutte le deleghe sulla tutela della fauna prima afferenti al ministero dell’Ambiente, ha rivendicato il contenuto dell’emendamento: «O ci si volta dall'altra parte o si trovano soluzioni efficaci». Secondo il ministro, «non c'entra niente la caccia. Nel testo c'è scritto che non è attività venatoria ma salvaguardia degli interessi economici degli allevatori, dei coltivatori e dei cittadini». Quello di Lollobrigida, però, sembra un gioco di parole: l’emendamento non la definisce attività venatoria, ma in concreto quel che introduce è la possibilità per i cacciatori registrati di abbattere animali selvatici anche in zone urbane.
Non a caso, il primo a esprimere soddisfazione è stato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, che ha parlato di «situazione insostenibile in città e nelle campagne con danni economici incalcolabili alle produzioni agricole». Secondo Prandini, abbattere gli animali selvatici «permetterà di contrastare alcune patologie che mettono a rischio la vita di centinaia di migliaia di animali» da allevamento, evitando emergenze come la peste suina.
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