Intervista al segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Salvatore Casciaro, di Magistratura indipendente
- «La riforma del civile depositata in parlamento è un punto di partenza, ma risente di una non compiuta interlocuzione con magistrati, avvocati e personale amministrativo. In particolare servirebbero misure per accelerare il momento della decisione, che è il vero “collo di bottiglia” della giustizia civile».
- «La prescrizione è un istituto che si è prestato ad un uso dilatorio. Ma la legge Bonafede non ha individuato un punto di equilibrio tra i diversi interessi meritevoli di bilanciamento per evitare che persona accusata di un reato resti indefinitamente in balia della pretesa punitiva dello Stato».
- «La lettera a Mattarella contro il procuratore generale Salvi esprime un malessere che è diffuso in magistratura. L’autopromozione non è affatto, a mio avviso, un peccato veniale perché contribuisce ad alimentare quelle dinamiche di degenerazione correntizia da tutti deprecate».
Dottor Casciaro, è appena avvenuto l’insediamento della nuova ministra della Giustizia, Marta Cartabia e le riforme della giustizia sono ancora tutte aperte. La priorità è stata data a quella del civile, anche in vista dei fondi per il Recovery. Il testo depositato in parlamento va riscritto o è un buon punto di partenza?
Sicuramente è un punto di partenza, ma il piano di ripresa e resilienza non è ancora definito. Il testo, soprattutto nelle sue linee di innovazione organizzativa, risente a mio parere della non compiuta interlocuzione con le rappresentanze delle categorie interessate -magistrati, avvocati e personale amministrativo-, che avrebbero potuto dare un significativo contributo di idee e riflessioni. Ora purtroppo non c’è molto tempo, il termine di presentazione del piano scade ad aprile. Sarebbe però fondamentale recuperare un momento di confronto per arricchire i contenuti e migliorarne l’impatto sulla giustizia civile, i cui accresciuti livelli di efficienza potrebbero essere volano di crescita economica del Paese.
Quali modifiche ritiene che vadano apportate?
Il testo attuale si incentra sulla semplificazione dei riti, riducendo i tempi morti del processo, ma mi sembra manchi un intervento significativo sui sistemi di risoluzione alternativa delle controversie (ADR). La domanda di giustizia (in gergo le sopravvenienze) è da noi tra le più alte dei Paesi dell’Unione e non può trovare sbocco esclusivo nelle aule giudiziarie. Questo aspetto, a mio parere, non ha avuto la necessaria attenzione. A fianco alle modifiche sulla semplificazione dei riti, servirebbero misure per accelerare il momento della decisione, che è il vero “collo di bottiglia” della giustizia civile, come ad esempio scelte forti sul principio di sinteticità e chiarezza degli atti processuali. Senz’altro utili, anche se temo che se ne sia sovrastimato l’apporto, sono le misure sull’abbattimento degli arretrati mediante l’ausilio del magistrati onorari aggregati. Carente si rivela l’impostazione sull’edilizia giudiziaria, un settore in cui il Ministero della Giustizia ha mostrato in questi anni difficoltà, e ciò al di là degli stanziamenti di bilancio che si è riusciti in passato a utilizzare solo in parte.
L’edilizia giudiziaria è un problema che la giustizia italiana si porta sulle spalle da tempo.
Il problema dell’edilizia giudiziaria, che vuol dire edifici non agibili e spazi inadeguati, interferisce con il progetto legato all’Ufficio del processo nel quale si vorrebbero investire le maggiori risorse del Piano. L’idea di assumere alcune migliaia di collaboratori amministrativi con la finalità di fornire supporto al giudice nella attività di approfondimento scientifico delle questioni e di preparazione delle bozze dei provvedimenti è senz’altro positiva. Mi chiedo però se siano state studiate le ragioni per cui l’Ufficio del processo, che già esiste come modulo organizzativo, non ha in concreto funzionato, e se siano stati individuati i correttivi che ne consentano il rilancio. Dobbiamo anche domandarci se gli edifici giudiziari, di cui è nota la ristrettezza di spazi, siano effettivamente in grado di accogliere tale significativo afflusso di risorse umane e se sia stata individuata una modalità di reclutamento che coniughi velocità di tempi e qualità della selezione, assicurando altresì che le nuove figure di assistenti del giudice con contratto a tempo determinato non vengano distolte, con le attuali gravi scoperture del personale amministrativo, dai compiti assegnati.
Altro fronte spinoso è quello sulla prescrizione. La legge Bonafede andrebbe cassata o modificata?
Non spetta a me dirlo. Compete alla responsabilità degli organi di indirizzo politico l’individuazione delle soluzioni più conformi all’interesse generale. Certo è indubbio che l’istituto della prescrizione, per come disciplinato, si è reso funzionale a un uso distorto e dilatorio degli strumenti di difesa nel processo e alla fine ha contribuito anch’esso all’allungamento dei tempi del giudizio. La consapevolezza di tali distorsioni è alla base della riforma varata con la legge 9 gennaio 2019, n. 3. Ma è evidente che in quell’assetto non si è individuato un punto di equilibrio tra i diversi interessi meritevoli di bilanciamento: si sarebbe dovuto contestualmente intervenire sui tempi del processo, favorendone la ragionevole durata, ed evitando che la persona accusata di un reato potesse restare indefinitamente in balia della pretesa punitiva dello Stato con compromissione di altri concorrenti valori costituzionali. Giusto prendere atto di quello che non ha funzionato e porre adesso rimedio.
Infine la riforma del Csm, che più interessa la magistratura. Chiederete alla ministra di farsene carico?
Auspico che la Ministra, la cui sensibilità su questi temi è certamente alta, se ne faccia carico. Il pervasivo sistema di degenerazione correntizia e le logiche clientelari e di appartenenza che lo hanno nutrito vanno definitivamente abbandonati, come le improprie commistioni tra politici e magistrati. Richiamo il qualificato monito del Capo dello Stato che ha sollecitato, a più riprese, una legge di riforma del sistema di funzionamento del CSM. C’è un’esigenza di cambiamento largamente avvertita dai magistrati e dai cittadini che guardano con sconcerto a quanto è emerso. E’ il momento di scelte coraggiose che siano effettivamente in grado di restituire piena credibilità e prestigio dell’ordine giudiziario.
L’Anm si farà portatrice di alcune proposte concrete al ministero della Giustizia?
Sul tema della riforma del Csm, come pure sulle altre riforme della giustizia, l’Anm fornirà, se richiesta, il suo contributo tecnico frutto dell’impegno e dell’esperienza, vivificata dal lavoro quotidiano negli uffici giudiziari, delle migliaia di magistrati suoi aderenti. Sono state istituite delle commissioni di studio permanenti con la finalità di approfondire ogni aspetto nella consapevolezza che le diverse sensibilità culturali presenti dentro l’Associazione arricchiranno il dibattito, specie sul tema delicato della riforma elettorale del Csm e del T.U. della dirigenza giudiziaria. Ma l’Anm è pronta a interloquire anche sui temi delle riforme legate al Recovery e sulle proposte di modifica del processo civile e penale nonché sul ddl di riforma della disciplina ordinamentale. Con riferimento a quest’ultimo, siamo stati già sentiti dalla Commissione giustizia della Camera formulando in quella sede alcune prime osservazioni.
C’è già stata interlocuzione con Cartabia, anche a livello conoscitivo?
Non ancora; abbiamo espresso, indirizzandole una lettera, l’auspicio di incontrare al più presto la Ministra Cartabia, che è di certo consapevole della difficoltà del momento accentuata dalla drammatica crisi sanitaria che sta vivendo il Paese per l’emergenza pandemica in atto. L’incontro sarà importante per discutere anche sull’opportunità di prorogare la disciplina emergenziale. Si avvicina la scadenza del 30 aprile e l’emergenza sanitaria è purtroppo ancora in atto, sicché le esigenze di programmazione degli uffici giudiziari richiederanno, per assicurare continuità del servizio, l’adozione di misure con un certo anticipo.
Alcuni magistrati, tra i quali anche suoi colleghi all’Anm, hanno scritto una lettera rivolta al capo dello Stato, nonostante lei e il presidente Santalucia lo abbiate incontrato nei giorni scorsi. Nella missiva si sollevano dubbi sulla condotta del procuratore generale di Cassazione, alla luce del caso Palamara. Come interpreta questo gesto?
Sono iniziative che esprimono, sia pure con modalità clamorose, un diffuso malessere ed un’ansia di cambiamento di cui l’Anm deve necessariamente farsi interprete sul piano culturale e sul piano della concreta azione associativa; non è pensabile che non si recuperi una tensione etica nei comportamenti in netta discontinuità rispetto al passato. Quei colleghi hanno valutato in modo fortemente critico, proprio perché in apparente controtendenza con l’anelito di cambiamento, talune iniziative: mi riferisco in particolare alla contestata direttiva della Procura generale della Cassazione del giugno scorso sulla delibazione del materiale informativo proveniente dalla Procura di Perugia. Tutt’altro discorso è quello che involge le rivelazioni del libro-intervista di Luca Palamara che, anche laddove hanno investito cariche istituzionali, meritano di essere sottoposte ad accertamento, con approccio garantista, nelle sedi proprie e nel pieno rispetto del contraddittorio.
Nella direttiva si considera non disciplinarmente rilevante l’autopromozione.
L’autopromozione non è affatto, a mio avviso, un peccato veniale perché contribuisce ad alimentare quelle dinamiche di degenerazione correntizia da tutti deprecate. Come l’esperienza amaramente insegna, sull’auto o etero-promozione si è costruito e alimentato un costume esecrabile, che ha portato negli anni a interferire sulle nomine degli organi consiliari inquinando pesantemente i meccanismi di valutazione comparativa fra i concorrenti. Di qui il comprensibile disorientamento per l’esclusione -che è potuta apparire, in questo delicato periodo, sottovalutazione- dei fenomeni di self marketing, sia pure delineati restrittivamente nella direttiva, dalla lente del disciplinare. Si tratta di condotte che, ritengo, sarebbero avvertite nel comune sentire come gravemente offensive anche se non poste in essere da magistrati, dai quali è sicuramente lecito pretendere un supplemento di rigore e correttezza comportamentale.
Tra le indicazioni per “sanare” la magistratura, la lettera indica il sorteggio per i membri del Csm e la rotazione degli incarichi direttivi. Soluzioni che, anche se di minoranza, verranno discusse all’Anm?
L’Anm è il luogo dell’ascolto delle idee di tutti e dell’elaborazione di una sintesi, possibilmente alta; non ci sono argomenti tabù e tutte le componenti associative, e le idee e riflessioni che esse incarnano, hanno pari dignità. L’Anm recupererà appieno autorevolezza se mostrerà di avere la capacità di ascoltare e di confrontarsi culturalmente, dentro e fuori di sé, in maniera franca e rispettosa. Non a caso la premessa del programma della nuova Giunta esecutiva centrale muoveva dal rilievo, che era poi cifra di discontinuità col passato, che nessun gruppo associativo potesse rivendicare una superiorità etica rispetto agli altri, anche perché occorre partire dalla considerazione che in ogni componente associativa ci sono colleghi che offrono il loro tempo per gli ideali in cui credono e si battono generosamente per il bene comune.
Il mandato della sua Giunta è cominciato con una dichiarazione di intenti di discontinuità rispetto al passato. E’ presto per i bilanci, ma è un cambiamento che si è innescato?
E’ la domanda più difficile. Sono trascorsi poco più di due mesi dall’insediamento della nuova Giunta esecutiva centrale dell’Anm ed è presto per i bilanci. Credo che il cambiamento si sia inesorabilmente innescato, ma non le nascondo che vorrei progredisse molto più celermente. L’Anm è una realtà complessa, e quindi ha le sue regole funzionamento, i suoi riti direi, ne è dimostrazione il lungo percorso per la costituzione delle commissioni permanenti di studio, le cui proposte sui temi della dirigenza giudiziaria e dell’assetto del Csm saranno davvero fondamentali per dare il segnale di un risveglio dell’associazione. Questo cambiamento andrà avanti anche con il collegio dei probiviri che si è solo da poco insediato, rinnovato nella sua composizione, e che sta operando, con serietà e competenza, per l’accertamento della conformità delle condotte emerse allo statuto etico dell’associazione. Sono certo che la magistratura potrà attingere alle sue migliori risorse culturali, valoriali ed etiche per superare questo difficile momento e recuperare credibilità e prestigio.
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