Il procuratore capo di Perugia ha chiesto di essere ascoltato nell’ambito di una pratica di tutela, per rispondere agli attacchi mediatici contro l’indagine
- Cantone ha risposto per un’ora e mezza alle domande della commissione, poste principalmente dal consigliere Nino Di Matteo: ha chiarito il funzionamento del trojan e che non esistono intercettazioni “sparite”.
- Era stato ipotizzato, infatti, che il trojan avesse funzionato durante una cena tra Palamara e l’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone.
- Cantone ha spiegato che gli impulsi registrati nei tabulati della compagnia non indicavano che il trojan fosse acceso, ma solo che fosse funzionante e che la sera della cena con Pignatone non era stato attivato.
Il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, si è trattenuto per oltre un’ora e mezza al Consiglio superiore della magistratura per rispondere alle domande della prima commissione, nell’ambito di una cosiddetta pratica di autotutela.
L’oggetto dell’audizione è il caso Palamara, di cui la procura di Perugia è titolare per l’inchiesta penale aperta dal predecessore di Cantone, Luigi de Ficchy. Cantone ha chiesto di essere sentito dal Csm per chiarire alcuni punti che sono stati oggetto di attacchi da parte della stampa (e in particolare del Riformista) all’operato degli inquirenti.
Le domande, che sono state poste in particolare dal consigliere togato Nino Di Matteo, hanno riguardato tutti i punti scottanti dell’indagine e in particolare un dettaglio - richiamato dagli avvocati di Cosimo Ferri in sede di procedimento disciplinare con una analisi informatica fatta dalla difesa - del funzionamento del trojan inoculato nel cellulare di Palamara.
L’intercettazione mancante
Gli interrogativi hanno riguardato la conduzione dell’indagine da parte della Guardia di Finanza e in particolare il fatto che la sera del 9 maggio 2019 (la sera successiva a quella dell’hotel Champagne, durante la quale si decise di far convergere i voti per la procura di Roma su Marcello Viola) Pignatone era a cena con l’ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone ma che il colloquio è stato, sempre secondo il Riformista, «apparentemente non registrato».
Qualche dettaglio sul funzionamento del trojan: le registrazioni possono avvenire per un massimo di 5-8 ore e nel caso di Palamara venivano attivate in diversi momenti della giornata e in particolare la mattina presto, all’ora di pranzo e la sera. Questi elementi sono stati riferiti Fabio Di Bella, che ha coordinato le indagini ed è stato ascoltato nel procedimento disciplinare a carico di Palamara.
La sera dell’hotel Champagne le registrazioni sono continuate fino a tarda notte, la sera successiva, invece, il trojan ha smesso di registrare alle ore 16 del pomeriggio, come risulta dai tabulati.
Tuttavia, secondo le pubblicazioni del Riformista, un tabulato segna che nella giornata del 9 maggio si sono registrati 93 progressivi, ovvero degli impulsi inviati al trojan installato sul cellulare che farebbero immaginare appunto che qualcosa sia successo nel corso delle registrazioni.
L’ipotesi adombrata sarebbe quella di una volontà da parte degli inquirenti di non registrare la cena tra Pignatone e Palamara.
La risposta di Cantone
Proprio su questo punto Cantone ha risposto al Csm, ribadendo in modo chiaro che la sera del 9 maggio il trojan non era programmato per funzionare, che non esistono registrazioni di quella cena e che l’ultima comunicazione intercettata è delle 16.03 di quel giorno.
Quanto ai “progressivi” registrati nel documento, si tratta di impulsi che vengono inviati periodicamente al virus installato nel cellulare a conferma che sia funzionante, ma che non servono ad attivare la registrazione se questa non è programmata.
Dunque dopo le 16 nulla è stato registrato e i tabulati pubblicati non dimostrano che ci sia stata la volontà di occultare parte delle intercettazioni.
Gli intercettati
Durante l’audizione si è anche entrati nel merito delle strategie investigative utilizzate e in particolare del perché Palamara sia stato l’unico a vedersi inoculare il trojan, in seguito all’ipotesi di reato di corruzione per la quale era finito sotto indagine.
Anche in questo caso la risposta riguarda il funzionamento del trojan.
Per far sì che il virus spia si attivi sul cellulare, il destinatario deve aprire un sms che arriva fittiziamente dalla sua compagnia telefonica e cliccare sul link contenuto. In questo modo il trojan si installa.
Il messaggio è stato mandato anche ad altri tre indagati (per i quali era stata presentata la richiesta di utilizzo dei trojan a scopo di indagine), ma solo Palamara ha cliccato. Gli altri invece si sono evidentemente resi conto del fatto che fosse un messaggio per attivare l’intercettazione e uno di loro ha addirittura risposto al messaggio con un insulto, a dimostrazione che aveva capito la “trappola”.
Per questa ragione, avrebbe spiegato Cantone, si è scelta una diversa strategia di indagine per non insospettire ulteriormente gli indagati, puntando sul trojan installato a Palamara.
Palamara, infatti, incontrava sempre di persona l’imprenditore Fabrizio Centofanti (che secondo le accuse gli avrebbe pagato viaggi e lussi per ottenere informazioni) e il trojan permette di captare anche le conversazioni “dal vivo”, perché funziona come una sorta di microspia portatile.
Cantone ha lasciato il Csm soddisfatto per la possibilità di spiegare alla commissione e rettificare informazioni non vere pubblicate negli ultimi mesi. Anche in vista dell’inizio del processo penale.
Un chiarimento, questo, che arriva alla vigilia dell’attesissimo plenum di domani, a cui prenderanno parte il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la ministra della Giustizia, Marta Cartabia.
L’ultima volta che Mattarella aveva presieduto un plenum del Csm era stato all’indomani dello scandalo Palamara. In quell’occasione aveva pronunciato un duro discorso in cui chiedeva alla magistratura di autoriformarsi e ne condannava le derive correntizie da poco emerse.
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