Oggi l’Anm si riunisce in una assemblea straordinaria per decidere quali iniziative intraprendere contro il ddl costituzionale sulla separazione delle carriere. Sul tavolo c’è l’ipotesi dello sciopero, come spiega Stefano Celli, toga di magistratura democratica eletto nel comitato direttivo centrale dell’associazione.

Il ddl costituzionale sulla giustizia sarà un nuovo spartiacque tra toghe e governo. Md proporrà lo sciopero?

Md vuole lo sciopero ed è pronta a farlo. Il punto, per noi, è però di farlo nel momento giusto, quando serve e può sortire l’effetto che speriamo. Ovvero, quello di ottenere il ritiro o la modifica del ddl costituzionale, oppure di mobilitare in modo sufficiente il paese per riuscire ad essere la maggioranza in un futuro referendum. Per questo tutta l’Anm deve mantenere i nervi saldi ed elaborare una strategia di ampio respiro. Lo sciopero funziona se “gli altri”, non solo la politica, ma soprattutto la società civile, ne comprende le ragioni e le condivide.

Quali sono queste ragioni?

La riforma che separa le carriere dei magistrati è inutile perché non accorcerà di un giorno i tempi dei processi. E’ anche dannosa perché diminuirà l’indipendenza dei giudici e minerà profondamente quella dei pubblici ministeri. Lei, da cittadina sottoposta a indagine, chi vorrebbe a condurre l’indagine? Il pm di oggi, interessato solo a far emergere la verità, o un avvocato della polizia, valutato in base al numero di condanne ottenute?

Per quali ragioni ritiene che serva andare a una rottura così forte?

La premessa è che qui non siamo davanti conflitto sindacale tradizionale, perché noi magistrati non stiamo difendendo posizioni di categoria. Lo sciopero serve a mettere in chiaro che questo disegno di legge demolisce l’architrave costituzionale del potere giudiziario: la distinzione dei magistrati solo per funzioni, mentre il ddl ci consegna due magistrature, una alta e una bassa; mina l’indipendenza del pubblico ministero, e quindi quella del giudice, che si occuperà solo di quel che un pubblico ministero controllato dalla maggioranza di turno vorrà sottoporgli; lede l’onore di tutto l’ordine giudiziario: saremo gli unici ritenuti incapaci sia di eleggere i propri rappresentanti, che saranno sorteggiati, sia di amministrare la giustizia disciplinare, nonostante i dati oggettivi riconoscano l’estrema severità della Sezione che se ne occupa. Quando accade tutto questo, è naturale chiedersi “se non ora, quando?”.

L’ultimo sciopero, del maggio 2022, ha raggiunto appena il 48 per cento di adesioni. Non teme l’effetto boomerang?

Sono più fiducioso. Le assemblee distrettuali tenute in questi giorni propongono all’Anm le iniziative che md proponeva di fare prima dello sciopero del 2022. Lo sciopero funziona se la magistratura saprà aprirsi verso la società civile, i sindacati, le associazioni. Non deve essere un autocompiacimento, ma il passo giusto per spiegare gli effetti devastanti della riforma. Noi magistrati sappiamo perfettamente che dobbiamo riguadagnare la fiducia dei cittadini che, non solo per colpa nostra, è scesa terribilmente.

Come si riguadagna questa fiducia?

Non è vero che tutto inizia e si esaurisce con il cosiddetto caso Palamara. La magistratura ha commesso l’errore di ritenersi portatrice di verità, infatti il maggiore difetto della categoria è l’autoreferenzialità: pensiamo sempre di sapere tutto e spesso rifiutiamo un rapporto sano con gli altri attori della giurisdizione. Per questo ora dobbiamo cambiare approccio. Confrontandoci di più e prima di ingranare la marcia, ma anche utilizzando forme di comunicazione al passo con i tempi, abbandonando metodi di comunicazione e linguaggio antiquati. Non è facile, perché la soluzione a problemi complessi non si presta alla semplificazione. Per questo insistiamo per un investimento serio dell’Anm, anche in questo campo con nuove risorse. È inutile avere ragione se non ti fai capire da chi te la deve dare.

Ci sono anche voci più scettiche dentro l’Anm, alla riunione di sabato sarà possibile trovare una quadra tra tutti i gruppi associativi?

Nei momenti più difficili l’Anm ha sempre ritrovato l’unità. È successo con la riforma Castelli nel 2006, confido che succederà con questa riforma. A proposito: vedo che nessuno sgomita per rivendicarne la paternità. Forse anche chi l’ha ideata non è poi così convinto della sua bontà.

Spera che ci sia l’appoggio dell’opposizione?

Il nostro gruppo, a dispetto di fantasiosi retroscena, non coltiva collateralismi. Noi rivendichiamo il diritto dovere di contribuire, come cittadini magistrati, al processo democratico che non può essere appannaggio di nessuna elite. Sono sicuro che in tutto il parlamento, non solo nell’opposizione, molti hanno compreso qual è la posta in gioco. Se ascolteranno e si confronteranno senza pregiudizi, anche con la magistratura associata, sarà il paese a guadagnarci.

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