Il caso del procuratore di Terni solleva dubbi sulla gestione del Csm dei propri procedimenti, quando riguardano ancora le ormai note chat dell’ex magistrato Luca Palamara. Il magistrato, infatti, non ha subito procedimenti disciplinari ma le chat sono state la causa della sua non conferma all’incarico di procuratore
Qui per iscriversi alla newsletter giuridica “In contraddittorio”
Il 24 novembre 2017 Alberto Liguori, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Terni dal 2016, rappresentava, con numerose chat ormai di dominio pubblico, a Luca Palamara, allora influente componente del Csm, la ferma “opposizione” alla nomina di un collega come presidente di sezione di un tribunale, intimandogli di doversi battere tenacemente per la nomina di un altro collega e non mancando di indirizzare il proprio saluto a Renzi («Così mi piaci, salutami Renzi»).
A differenza di quanto è avvenuto per analoghe illecite attività spartitorie in altri contesti (per esempio per i docenti universitari), di tali chat non si occupava - ex art. 323 c.p. - la competente procura della Repubblica. In sede disciplinare non si attivava né il ministro della Giustizia (che ne ha facoltà) né il procuratore generale presso la Suprema Corte (che ne ha l’obbligo giuridico).
Atteso che le chat stesse documentano attività gravemente dolose, del tutto improprio è stato l’avvio ad opera del Csm del procedimento ex art. 2 L. Guarentigie (previsto soltanto per l’incolpevole incompatibilità ambientale e/o funzionale), conclusosi infatti con l'archiviazione del 13 gennaio 2021.
Invece, proprio in ragione di tali chat, il Csm in data 11.1.2023 ha disposto la non conferma del ricorrente nell’incarico di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Terni (essendosi maturato il quadriennio nel 2000). Il ricorso proposto dal Liguori avverso tale delibera è stato rigettato dal Tar di Roma con sentenza pubblicata il 2 novembre 2023.
In essa si dà atto, anche per motivare la mancata condanna alle spese del soccombente ricorrente, che il Csm «ha revocato la costituzione in giudizio in data 19 febbraio 2023».
Con provvedimento del 7/11/2023 il Consiglio di Stato ha sospeso tale sentenza e i provvedimenti impugnati in primo grado, segnalando che Csm e Ministero della Giustizia non erano costituiti in giudizio.
Che cosa è avvenuto?
Era accaduto che, in data 15 febbraio 2023, il Csm aveva deciso di non volersi avvalere della difesa tecnica dell’Avvocatura dello Stato (già per altro avviata con successo) per contestare il ricorso al Tar di Liguori. In particolare nel corso della pubblica discussione il consigliere Cilenti (con l’esplicito avallo dai consiglieri Nicotra, E. Carbone, Marchianò e Forziati) «preannuncia il voto contrario alla proposta di delibera, spiegando di aver condiviso le motivazioni rappresentate da quanti nella seduta plenaria dell'11 gennaio 2023, in occasione della quale il dottor Liguori non venne confermato nell'incarico di Procuratore della Repubblica di Terni, si espressero a favore della conferma, in particolare la circostanza che la procedura ex art. 2 a carico del magistrato è stata archiviata, non è mai stato attivato un procedimento disciplinare, il dottor Liguori è stato comparato per altri posti direttivi e nessuna disamina è stata effettuata sul modo in cui ha concretamente esercitato le funzioni di Procuratore della Repubblica nel quadriennio in valutazione. Si dichiara quindi convinto delle ragioni che avrebbero dovuto condurre alla conferma del dott. Liguori nelle funzioni di Procuratore della Repubblica di Terni e per questo non intende sostenere la proposta di costituzione in giudizio».
La proposta volta a stabilire se avvalersi dell’Avvocatura dello Stato venne così respinta a maggioranza e il Vice Presidente conferì a Cilenti l’incarico di redigere la formale delibera; la cui motivazione non poteva che reiterare le ragioni pubblicamente esposte dai suoi sostenitori su fonti aperte (Radio Radicale e il sito del C.S.M.).
Stando alla discussione svoltasi pubblicamente, il Csm si è trincerato dietro una contestazione del proprio provvedimento impugnato tanto radicale quanto immotivata, senza tenere conto del suo analitico contenuto né, soprattutto, delle dettagliate e molteplici ragioni rappresentate dall’Ufficio Studi per consigliare la resistenza in giudizio (in 40 pagine). E non si è fatto scrupolo di sostenere la sussistenza dei presupposti per la conferma negata e quindi l’implicita illegittimità dell’atto impugnato davanti al Tar.
Coerenza istituzionale e principio di legalità avrebbero comportato che, con la stessa motivazione esposta il 15 febbraio, il Csm avviasse un procedimento in autotutela per riconoscere immediatamente l’interesse pretensivo vantato in giudizio di Liguori. Ma la coerenza del Csm si è fermata a metà del guado.
La questione si ripresenterà allorché il Csm sarà chiamato a decidere se avvalersi della difesa tecnica davanti al Consiglio di Stato: ancorché il Tar abbia rigettato il ricorso di Liguori, il Consiglio sarà coerente con il provvedimento del 15 febbraio, rinunciando per le stesse ragioni alla difesa tecnica e continuando ad astenersi dall’autoannullamento?
Ma nel giudizio di merito davanti al Consiglio di Stato (che ha già sospeso l’esecuzione della prima sentenza) Liguori, accedendo al provvedimento del 15 febbraio, potrebbe produrlo e inserirlo ad ogni effetto nel thema decidendi, anche per ottenere il risarcimento dei danni.
Non può pretermettersi infine che, avendo assunto l’ufficio di Procuratore della Repubblica in data 12 aprile 2016, il Liguori il 12 aprile 2024 avrà compiuto l’ottennio senza la conferma per il primo quadriennio. E il tempo è la quarta dimensione dell’uomo!
© Riproduzione riservata