Non c’è pace per la Corte dei conti: ormai nemico giurato del governo. Mentre procede la riforma che ne ridimensiona i poteri d’indagine a prima firma di Tommaso Foti di Fratelli d’Italia, è partita un’offensiva anche sul fronte delle nomine. La magistratura contabile, infatti, non è composta solo da toghe che hanno superato il difficile concorso – i cosiddetti “referendari” – ma anche da un numero di membri di nomina governativa. E proprio in questa quota, secondo fonti interne alla maggioranza, il governo intenderebbe piazzare l’attuale capo di gabinetto al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: Raffaele Borriello, ex manager e già direttore generale in Ismea, l’ente pubblico che opera nel settore dei servizi agroalimentari.

Appena il nome ha iniziato a circolare nei corridoi della Corte, in molti hanno sgranato gli occhi. Borriello è certamente persona qualificata nel suo settore – l’agroalimentare per l’appunto – che però con i compiti della magistratura contabile ha poco a che spartire. Come poco potrà aiutarlo la sua laurea in Scienze agrarie presso l’Università della Tuscia.

Eppure, spiegano fonti autorevoli in Corte dei conti, le pressioni provenienti da palazzo Chigi sarebbero fortissime, anche a costo di interpretare in modo molto elastico le norme che regolano questo tipo di nomine. In particolare, a interessarsi alla pratica, sarebbe stato il potente sottosegretario Alfredo Mantovano, ex toga che viene considerato l’ispiratore della riforma targata Fratelli d’Italia e che, tra i magistrati contabili, ha una sponda favorevole nell’attuale segretario generale Franco Massi.

L’iter

La disciplina per queste nomine si fonda addirittura su un regio decreto del 1934, attuato dal decreto del presidente della Repubblica numero 385 del 1977, che prevede che una quota di posti da consigliere venga conferita a figure esterne a chi abbia partecipato al concorso, e li divide in due categorie: interni, ovvero «funzionari dello stato» (alti funzionari, con un quinto o sesto grado di anzianità) ed «esterni alle amministrazioni dello stato» che «per l’attività svolta o gli studi giuridico-amministrativo-contabili compiuti, e per le doti attitudinali e di carattere, posseggano piena idoneità all’esercizio delle funzioni di consigliere della Corte dei conti».

La norma lascia un ampio margine di discrezionalità, ma è chiara nel delineare un profilo legato alle funzioni che poi si andrà a svolgere, e dunque con una necessaria preparazione in ambito economico o giuridico. Il nominato entra in Corte dei conti con l’anzianità di consigliere, dunque scavalcherà nella graduatoria interna i referendari che stanno ancora svolgendo il cursus di otto anni necessario per raggiungere quel grado.

Non a caso, nella storia della Corte, si ricorda un solo precedente di consigliere di nomina governativa con una laurea non giuridica: Paolo Peluffo nel 2006, laureato in filosofia alla Normale di Pisa (cui poi ha fatto seguire nel 2022 anche la laurea in giurisprudenza), ex portavoce del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che però dalla sua aveva anche un passato da dirigente generale nei ruoli del ministero del Tesoro e del Bilancio e dunque come alto funzionario dello stato.

Tuttavia, il nome di Borriello sarebbe comunque in lizza. L’iter di nomina – che viene attivato con una richiesta motivata della presidenza del Consiglio – prevede un primo passaggio di istruttoria, svolto dall’ufficio per il personale delle magistrature amministrative della presidenza del Consiglio, da consegnare all’Ufficio di presidenza della Corte dei conti. Poi il Consiglio di presidenza della giustizia contabile (l’equivalente del Csm per le toghe contabili e con una quota di un terzo di laici nominati dal parlamento) è chiamato a rendere parere obbligatorio ma non vincolante sulla nomina. Infine, la nomina spetta alla presidenza della Repubblica su richiesta di Palazzo Chigi.

Secondo fonti interne alla magistratura contabile, forti dubbi sul nome di Borriello sarebbero già sorti in una prima riunione informale della commissione competente del Consiglio di presidenza. Ma la decisione spetta al plenum che è chiamato a esprimersi nelle sedute convocate per il 22 e 23 ottobre prossimi. Anche per questo la pressione dell’esecutivo sarebbe massima proprio in questi giorni, per convincere a soprassedere sull’assenza, nel curriculum di Borriello, di un requisito come la laurea in materie giuridiche o economiche, valorizzando altre competenze. L’interrogativo che più si ripete a viale Mazzini, però, è un altro: Palazzo Chigi sarebbe disposto a tentare la nomina a prescindere da un parere contrario dell’organo di governo autonomo delle toghe contabili? In questo caso, lo schiaffo istituzionale sarebbe evidente.

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