Il salvacondotto per gli amministratori prorogato a fine 2024. Le toghe pronte allo stato di agitazione e al blocco delle revisioni dei conti. E sperano che lo stop arrivi dalla Consulta
Dopo una fiducia lampo alla Camera, il decreto Milleproroghe vola verso il Senato per l’approvazione definitiva. Se il testo è passato liscio dall’aula parlamentare, la norma che proroga lo scudo erariale fino al 31 dicembre 2024 è il detonatore che sta facendo esplodere i rapporti istituzionali tra governo e Corte dei conti.
La decisione è stata presa direttamente da Fratelli d’Italia, che ha depositato l’emendamento per prorogare il salvacondotto che solleva gli amministratori pubblici da responsabilità contabili nel caso di «colpa grave». In questo modo, fatte salve le condotte volontarie (quindi dolose), la perseguibilità a titolo di colpa grave si riduce alle solo omissioni, che sono una minoranza.
La norma era stata pensata per la fase emergenziale della pandemia e della fragilità economica, per evitare che il lancio dei progetti del Pnrr venisse frenato, nella fase iniziale, dalla burocrazia difensiva. Ora che sta iniziando la messa a terra, però, questa esenzione rischia di diventare un buco nero in vista del futuro.
Le regole europee per l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund prevedono che ci sia un controllo sulla gestione finanziaria e azioni di contrasto agli abusi, non solo in chiave penale, ma anche di recupero delle somme e di risarcimento del danno nel caso in cui vengano impiegate illecitamente anche «con colpa grave».
Proprio il caso che la proroga punta a sottrarre dal controllo della Corte dei conti. Il rischio, quindi, è quello di una incompatibilità tra diritto italiano e diritto dell’Unione europea, con enormi incertezze applicative. E reggerebbe poco anche il ragionamento del governo sulla paura della firma: lo scudo si applica anche alle imprese che percepiscono i fondi pubblici.
Moral suasion
Proprio con queste motivazioni la Corte dei conti, da quasi un anno, ha tentato di far sentire la propria voce in tutte le sedi, utilizzando soprattutto strumenti di moral suasion visto che molti magistrati contabili lavorano fuori ruolo nei gabinetti dei ministeri.
Vista l’inefficacia, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024 alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il presidente, Guido Carlino, e il procuratore generale della Corte, Pio Silvestri, hanno parlato di «preoccupazione», e del fatto che «la riduzione dell’area della responsabilità» può essere un «disincentivo per coloro che operano con diligenza».
Parole misurate ma che sono risuonate forti nel solitamente silente palazzo di viale Mazzini, a cui si sono aggiunte quelle ancora più dure dell’Associazione magistrati della Corte dei conti, che ha tolto qualsiasi dubbio sulla posizione delle toghe contabili, parlando di esposizione del paese «al rischio di spreco di denaro e gestioni opache». La presidente dell’Amcc, Paola Briguori, ha ribadito come si tratti della «proroga irragionevole di una norma eccezionale che si giustificava con l’emergenza del Covid del 2019».
Di diverso avvisto però è rimasta la maggioranza, che ha risposto alle critiche la scorsa settimana con il ministro per i Rapporti col parlamento, Luca Ciriani, che ha parlato di una misura che serve per «aiutare i sindaci a spendere i soldi del piano nazionale. Lo scudo non serve a difendere persone in malafede ma persone per bene a cui viene chiesto di fare in fretta».
Le contromosse
Il governo ormai da mesi ha lanciato ormai inequivocabili segnali di guerra all’ente di controllo dei conti pubblici. Dopo la proroga dello scudo erariale, però, per i magistrati contabili la misura sembra colma. Molte toghe avrebbero già chiesto ai loro vertici di aprire lo stato di agitazione, che però avrebbe effetti molto drastici come quello del potenziale blocco delle revisioni dei conti delle società pubbliche, con conseguente stop del sistema.
Una scelta che certamente non verrebbe presa a cuor leggero, ma che è sintomatica del clima di esasperazione. Per ora nell’aria ci sarebbe prima di tutto una assemblea per decidere il da farsi, a fronte del mancato dialogo col governo a cui le toghe si erano dette disponibili per trovare una soluzione condivisa.
La moral suasion messa in atto per evitare la nuova proroga era stata capillare ma i vertici di FdI non avrebbero voluto ascoltare ragioni. Secondo fonti interne alle sezioni regionali della Corte, anche le regioni guidate dal centrodestra sarebbero state contrarie a questa nuova dilazione dei controlli, vista la stretta collaborazione instaurata con le toghe contabili sui progetti Pnrr.
La vera speranza della Corte dei conti, però, è nell’esito di un ricorso presentato alla Consulta in cui si solleva il dubbio di costituzionalità dello scudo erariale. Visto che le loro spiegazioni tecniche non sono bastate, i magistrati contabili puntano sul fatto che sia una sentenza dei giudici costituzionali a dare il doloroso stop al governo.
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