Care lettrici, cari lettori

la settimana della giustizia è stata molto complessa: da un lato lo scontro tra magistratura e governo sul caso dei migranti in Albania, dall’altro le diverse posizioni dei gruppi associativi, che sono la spia di un dibattito ben più ampio intorno alla figura del magistrato.

Anche la Corte dei Conti è in stato di agitazione e a questo ho dedicato un approfondimento.

Altro tema di dibattito continua ad essere anche la legge che aggrava il reato di gestazione per altri, che solleva dubbi di costituzionalità secondo la giurista Vitalba Azzollini.

In senso critico sul decreto Sicurezza ma a favore della separazione delle carriere, invece, interviene il presidente dell’Unione camere penali, Francesco Petrelli in una intervista che argomenta le posizioni dell’Ucpi.

Il decreto legge del governo

Dopo che il tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento di 12 migranti nel cpr in Albania, facendo riferimento alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, il governo – dopo un duro scontro polemico con le toghe – ha approvato un decreto legge che rende l’elenco dei paesi sicuri norma primaria, mentre prima l’elenco era stilato in un decreto ministeriale.

Secondo buona parte dei giuristi, questo non inibirà i giudici dal disapplicare le norme italiane in forza di quelle europee e dunque il decreto legge non cambia nulla. Secondo il ministro Nordio, invece, «la ragione per cui siamo arrivati a questo punto nasce da una sentenza della Corte di giustizia europea, molto complessa e articolata, e che probabilmente non è stata, lo dico a chiare lettere, ben compresa o ben letta», perchè «questa sentenza oltre a ribadire il principio che è compito degli Stati definire il concetto di 'Stati sicuri' e di i individuare quelli che sono tali, pone alla fine delle condizioni nel momento in cui la giurisdizione di un Paese, cioè un giudice, intenda dare una definizione diversa dello Stato sicuro in relazione a casi specifici di determinate persone».

E ancora, «nel momento in cui l'elenco dei Paesi sicuri è inserito in una legge, il giudice non può disapplicarla. A maggior ragione questa sentenza della Corte di giustizia europea non è una direttiva e non è vincolante in via generale astratta, ma mette dei paletti rigorosi in relazione ad un caso estremamente bizzarro e sul quale ha posto quei requisiti al fine dell'eventuale estensione del concetto di Stato non sicuro, che però deve essere motivato».

Al question time alla Camera, inoltre, ha aggiunto che il problema della decisione dei giudici di Roma sta nella mancata motivazione: «Andatevi a leggere i 12 decreti del tribunale di Roma e vedrete che sono stati stampati praticamente su un medesimo file, è che non vi è nessuna motivazione nè completa, nè esaustiva, nè inerente al caso concreto per quanto riguarda questi singoli richiedenti asilo», quindi è la decisione di far arrivare in Italia i 12 migranti ad essere «inottemperante a una sentenza della Corte europea» in materia.

Il caso della “mail di Patarnello”

All’interno di questa vicenda tutta politica, si è inserito lo scoop del quotidiano il Tempo, che ha pubblicato la mail inviata alla mailing list dell’Anm del magistrato di Cassazione di Md, Marco Patarnello. La mail è stata interpretata come un attacco alla premier (qui il testo integrale per potervi fare un’idea) che la ha anche ricondivisa sui suoi social ed è tornata sul punto in una intervista.

La mail ha provocato la reazione dei laici di centrodestra al Csm, che hanno chiesto l’apertura di una pratica a tutela dell’ordine giudiziario, perché le esternazioni via mail di Patarnello, «appaiono gravemente lesive dei caratteri di indipendenza e imparzialità che ogni magistrato deve possedere».

Dunque la pratica è richiesta «a tutela della maggioranza dei magistrati italiani, i quali intendono continuare a svolgere le funzioni che sono loro affidate in modo credibile e, dunque, con rigore, terzietà e senza pregiudizi ideologici o politici». Patarnello, secondo i laici avrebbe leso «l’autonomia, l’indipendenza e il prestigio dell’ordine giudiziario». Due i possibili esiti: il più grave è l’attivazione dell’azione disciplinare, il secondo una valutazione di incompatibilità ambientale e dunque il trasferimento di ufficio.

In direzione disciplinare si è già mosso anche il ministero della Giustizia: il ministro ha fatto sapere che è allo studio la verifica dei presupposti per l’invio degli ispettori in Cassazione per il caso della mail di Patarnello.

La pratica a tutela dei giudici di Roma

Parallelamente, Area, Unicost, Md, gli indipendenti Mirenda e Fontana e i tre laici di minoranza hanno chiesto una pratica a tutela per i giudici del tribunale di Roma, accusati dal governo di fare opposizione politica con il provvedimento che non ha convalidato il trattenimento dei migranti in Albania. Sedici le firme: i togati di Area, Md e Unicost, gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda e i tre laici di minoranza. Si legge che «le critiche alle decisioni giudiziarie non possono travalicare il doveroso rispetto per la magistratura: applicare e interpretare le leggi di fonte nazionale e sovranazionale nei singoli casi non significa occuparsi di politiche migratorie o di altro genere» e le dichiarazioni del governo «alimentano un ingiustificato discredito nei confronti della magistratura».

Il limbo di Magistratura indipendente

Mi, invece, ha preso una posizione autonoma da entrambi. Già nei giorni successivi allo scoppio della polemica, ha stigmatizzato il contenuto della mail di Patarnello.

Al momento della presentazione della doppia pratica, ha scelto di rimanerne fuori.

Da un lato, pur non firmando (né gli è stato chiesto dai laici) la pratica contro Patarnello, ne ha stigmatizzato in un comunicato il comportamento. Dall’altro non ha firmato nemmeno la pratica dei togati, seppure i colleghi abbiano tentato fino all’ultimo di farli convergere.

I togati di Mi hanno deciso di limitarsi a un comunicato di «solidarietà ai colleghi» e spiegato il loro no alla firma perché «manca la necessaria presa d’atto della inopportunità delle dichiarazioni pubbliche in precedenza rilasciate da un componente della sezione immigrazione, firmatario dei provvedimenti, con le quali era già stata più volte manifestata una precisa e netta posizione di contrarietà alla normativa da applicare». E il riferimento di Mi è alla giudice Silvia Albano, presidente di Md.

Minacce a Silvia Albano

La presidente di Md e una dei sei giudici della Sezione specializzata sui Diritti della Persona ed Immigrazione del Tribunale di Roma che hanno pronunciato i provvedimenti sui trattenimenti in Albania, Silvia Albano, è stata oggetto di minacce.

Per questo ha presentato un’articolata denuncia alla Procura della Repubblica di Roma e Md ha scritto che «la campagna di discredito che è stata scatenata contro i magistrati romani e in particolare contro Silvia Albano ha contribuito a costruire un clima di contrapposizione, di odio, trasceso infine in gravi minacce alla sua incolumità e alla sua vita».

E ancora «è una vicenda che si aggiunge alla necessità di scorta ai pubblici ministeri del processo Open Arms, attualmente in fase di discussione finale».

Alla luce di queste minacce, Md ha definito «di straordinaria gravità che i consiglieri di Magistratura indipendente si siano sottratti alla sottoscrizione della richiesta di apertura di una pratica a tutela nei confronti dei giudici del Tribunale di Roma».

Il modello di magistrato

Queste diverse posizioni hanno dato vita a un confronto che non è solo sulla questione contingente, ma riguarda il modello di magistrato e soprattutto si riverbera in vista delle elezioni di gennaio per l’Anm.

Quella dei laici di centrodestra e anche di Mi muove dalla convinzione che «la maggioranza delle toghe mal sopporta un certo tipo di esternazioni fuori misura, che ledono l’immagine della categoria», spiega una fonte qualificata, e dunque l’impostazione è quella di un magistrato più silenzioso, «che applichi self-restraint». Un modello, questo, «che è in linea con quello che vorrebbe l’attuale governo e che sottintende con tutte le sue iniziative di riforma», è la critica mossa da una fonte progressista.

La visione opposta, prospettata da tutto il resto delle toghe – almeno dell’attuale Csm – è quella di difendere il diritto dei magistrati di prendere posizione nella fase di formazione delle leggi, senza che questo debba implicare la rinuncia a svolgere le funzioni di giudice o astenersi dai processi in cui poi quelle leggi vengono applicate. Altrimenti ci sarebbe un «arretramento di oltre sessant’anni rispetto alla visione del ruolo della magistratura» ha spiegato l’indipendente Roberto Fontana.

Che fine ha fatto il caso Apostolico?

A fronte degli attacchi ai magistrati come singoli cittadini – come successo a Silvia Albano ma anche a metà settembre ai magistrati della procura di Palermo Marzia Sabella, Calogero Ferrara e Giorgia Righi che hanno chiesto la condanna del Ministro Salvini per la vicende dell’Open Arms – attualmente sembra non ci sia difesa.

Proprio questo è stato fatto rilevare dal consigliere indipendente del Csm, Roberto Fontana, che ha rilevato «come non vi sia stato alcun reale intervento del Csm al di là delle reiterate richieste di apertura di pratiche a tutela». Esempio ne è la pratica Apostolico, che non ha ancora prodotto alcun effetto «per tante resistenze interne preannunciate fin dal primo giorno, ad arrivare ad una documento contenente una presa di posizione forte e chiara da portare in plenum». Resistenze che dividono soprattutto la componente togata del consiglio.

Per questo Fontana ha chiesto pubblicamente che si chiuda «con la massima urgenza il procedimento aperto con la pratica Apostolico - nel quale sono confluite tutte le altre richieste di tutela nei confronti di attacchi ai magistrati provenienti da soggetti rivestenti cariche istituzionali o comunque con ruoli di grande rilievo politico - con una forte delibera del plenum».

Critiche alla norma sul contributo unificato

Nel disegno di legge di bilancio 2025 approvato dal Consiglio dei ministri è contenuta una norma che “prevede l’estinzione del processo in conseguenza dell’omesso o parziale pagamento del contributo unificato.

Contro questa ipotesi si sono schierati sia gli avvocati civilisti che le toghe di Area.

L’Unione Nazionale delle Camere Civili (UNCC) ha definito tale norma «inaccettabile» perchè «l’articolo 24 della Costituzione garantisce il diritto di agire in giudizio e non lo subordina ad alcun adempimento di carattere fiscale. La norma proposta viola invece tale diritto e non ha dunque alcuna ragionevolezza: la giustizia ai cittadini deve essere garantita, e non venduta». In altre parole, la tutela dei diritti non può essere subordinata all’adempimento di versamenti fiscali.

Il gruppo associativo di Area, in un comunicato, ha scritto che «viene così, di fatto, introdotta una sanzione che punisce con l’estinzione del processo non una condotta processuale delle parti ma l’inadempimento di un’obbligazione tributaria, per il quale l’ordinamento già conosce altri strumenti di tutela» e «si tratta di una disposizione ingiusta perche’ finisce con il calpestare i diritti di tanti cittadini, specie quelli delle fasce più deboli, privandoli della possibilità di vedere tutelate in giudizio le loro ragioni».

La riforma della Corte dei Conti

Anche l’Associazione magistrati della Corte dei conti è in stato di agitazione a causa degli emendamenti dal ddl Foti, incardinato alla Camera. «I recenti sviluppi del progetto di legge Foti stravolgono la struttura stessa della Corte cancellando definitivamente ogni possibilità di incidere sulla corretta gestione delle risorse pubbliche. L'Associazione Magistrati della Corte dei conti ritiene gravissime le proposte emendative che sopprimono le procure territoriali, centralizzano l'esercizio dell'azione erariale, sterilizzano il regime della prescrizione, gettano le basi per una separazione delle carriere, introducono discutibili test psicoattitudinali, riorganizzano le sezioni regionali e quelle centrali mediante accorpamenti che snaturano il disegno costituzionale e privano i territori di fondamentali presidi di legalità, in un momento in cui si va verso un rafforzamento dell'autonomia delle regioni», si legge nella nota. 

Diversa la visione del centrodestra: «Con il nostro provvedimento i magistrati verranno parificati a tutti gli altri funzionari dello Stato in materia di responsabilità» ha detto Tommaso Calderone di Forza Italia.

Intelligenza artificiale

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha presieduto la prima riunione dell'Osservatorio permanente per l'uso dell'intelligenza artificiale. Il tavolo tecnico, insediato in via Arenula, è stato istituito con decreto del ministro della Giustizia del 10 luglio 2024. 

Separazione delle carriere

Sono poco più di 260, quasi tutti delle opposizioni, gli emendamenti presentati dai gruppi parlamentari, nella commissione Affari costituzionali di Montecitorio, al disegno di legge costituzionale governativo sulla separazione delle carriere dei magistrati. Gli emendamenti delle minoranze hanno come obiettivo la soppressione delle misure presenti nel provvedimento. Per quanto concerne la maggioranza, la Lega ha depositato due emendamenti, di cui uno che mira ad introdurre nella Costituzione la prevalenza del diritto italiano su quello europeo. 

Intanto, l’Associazione magistrati europei è intervenuta con una lettera a Meloni e Nordio, scrivendo che «come reazione all'esperienza del regime fascista, i redattori della Costituzione italiana del 1946 hanno inteso calibrare l'equilibrio tra i vari poteri dello Stato: questo equilibrio e la necessaria indipendenza della magistratura sarebbero compromessi e messi a repentaglio se la riforma proposta venisse adottata», esortando quindi le autorità italiane «a rinunciare alle modifiche nei termini previsti».

Le copie gratuite

Nella legge di Bilancio sono contenute anche «Misure in materia di spese di giustizia» e, sottolinea una nota dell'Unione delle camere penali, si apprezzano alcuni provvedimenti sull'abbattimento dei costi delle copie degli atti dei procedimenti penali. In particolare, i penalisti evidenziano che si prevede che «il diritto di copia senza certificazione di conformità non è dovuto quando la copia è estratta direttamente dal fascicolo informatico dai soggetti abilitati ad accedervi». Previsto inoltre che «per la trasmissione da parte della segreteria o della cancelleria del duplicato o della copia informatica di atti e documenti del procedimento penale», è dovuto il diritto forfettizzato nella misura € 25,00 ove avvenga mediante riversamento su strumenti di memorizzazione di massa fisici (chiavette Usb, cd, dvd) oppure di € 8,00 ove avvenga mediante trasmissione con modalità telematica (tramite posta elettronica, posta elettronica certificata o portali).

Così «si concretizza in questo modo l'impegno dell'Unione, teso verso l'effettività dell'esercizio del diritto di difesa, affinché -in attesa dell'entrata a regime del fascicolo informatico che permetterà ai difensori, a discovery avvenuta, di estrarre gratuitamente duplicati di atti e documenti- sia abbattuto e razionalizzato il costo della copie; al momento, infatti, l'impossibilità di selezionare da remoto le parti di fascicolo di interesse costringe chi vuole ottenere presso il proprio studio atti e documenti tramite il TIAP a pagare -secondo il sistema del calcolo del diritto "a pagina"- l'intero fascicolo mentre la copia di supporti cd costa ancora € 327,56».

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