Care lettrici, cari lettori

la settimana appena trascorsa è stata fondamentale per la giustizia: il consiglio dei ministri ha approvato la riforma costituzionale della giustizia del ministro Carlo Nordio, che prevede una rivoluzione copernicana – da alcuni attesa da trent’anni, da altri osteggiata – della separazione delle carriere, con la creazione di due Csm, un’Alta corte e gli eletti sorteggiati.

Qui trovate una scheda di approfondimento per capire tutti gli aspetti di quello che si preannuncia essere il fronte più caldo tra politica e mondo giudiziario.

Le reazioni contrarie alla riforma

Tutti i gruppi associativi si sono schierati contro la riforma, ma con alcune sfumature. Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia di Area, ha detto che  «Il nostro impegno prioritario sarà spiegare fino in fondo perché siamo contrari alla riforma ed eviteremo proteste sterili» ma «questa riforma ha solo un sapore e uno scopo punitivi. Peggiorerà solo la risposta giudiziaria. E purtroppo i cittadini se ne accorgeranno». Ha aggiunto a Piazza pulita che «più che separare è isolare il pubblico ministero, che non avrà più un concorso unico con i giudici, non avrà una formazione comune, perderà quella sensibilità alle prove e al processo che sono una caratteristica essenziale del nostro sistema di garanzia, e accentuerà il suo ruolo di investigazione, sarà un super poliziotto», «una volta che lo hai isolato ti accorgerai che lo hai rafforzato e a quel punto la risposta sarà il controllo politico».

La vicepresidente Alessandra Maddalena, di Unicost, l’ha definita «una riforma contraddittoria, ambigua che nasconde aspetti pericolosi» perchè «il tema di fondo è la separazione delle carriere, ma continuano a ripetere che non serve a niente dal punto di vista della terzietà del giudice, che è assicurata dalle regole della giurisdizione. Sappiamo che c'è stata la degenerazione correntizia, l'abbiamo fatta emergere noi stessi ma i rimedi sono altri». Così, «avremo un pm che sarà un avvocato dell'accusa, un soggetto che avrà come unico fine arrivare alla condanna. Cercherà prove d'accusa mentre ora è il primo garante dei diritti del cittadino».

Anche il segretario Salvatore Casciaro, di Magistratura indipendente, spiega che «nella riforma non vedo nulla di positivo per i cittadini, anzi c'è un deficit di garanzie, e il Csm uscirà depotenziato nel suo tono costituzionale. La riforma non è emendabile, e la magistratura tutta è unita nel contrastarla».

I componenti del cdc di Articolo 101 scrivono invece che «questa riforma costituzionale ha un intento punitivo nei confronti dei magistrati. Non condividiamo nè l'inutile e pericolosa scelta della separazione delle carriere, nè quella di un'alta corte disciplinare che svolgerebbe le funzioni di un giudice speciale, attualmente vietato dalla Costituzione», ma – sottolineano – «della riforma costituzionale in discussione può essere apprezzato soltanto il metodo di selezione dei componenti dell'organo di governo autonomo della magistratura. Il sorteggio, preferibilmente nella forma 'temperata' (ossia seguito da elezioni) è eminentemente democratico e potrebbe rivelarsi il miglior metodo per debellare il correntismo e le logiche spartitorie».

A decidere le iniziative da mettere in campo saranno le assemblee distrettuali e poi il 15 giugno si riunirà il “parlamentino” dell'Anm: lo sciopero non è escluso. 

Voce fuori dal coro rispetto alla sua categoria è stata quella dell’avvocato Franco Coppi, che alla Stampa ha detto che con questa riforma della giustizia «non cambierà nulla, né nei tempi, né nelle decisioni, né nei possibili errori giudiziari». Ha detto che «Non ho mai avuto l'impressione che un giudice abbia pronunciato una sentenza solo perché intendeva rispettare il collega dell'accusa e solo perché appartenenti al medesimo ordine. Il problema vero è che un magistrato sia intellettualmente onesto. Se è tale, può passare dall'una all'altra funzione interpretandola correttamente. Se non lo è, intellettualmente onesto, o cretino, resterà uguale a se stesso anche da separato».

Le reazioni favorevoli alla riforma

L’avvocatura istituzionale, invece, si è espressa a favore.

Il presidente del Cnf, Francesco Greco, ha detto che la separazione delle carriere «costituisce un importante passo avanti verso il giusto processo, previsto dall'art. 111 della Costituzione, perché assicura equidistanza tra accusa e difesa nei confronti del giudice. Inevitabile, dunque, è la previsione dell'istituzione di un Consiglio superiore per la magistratura giudicante e uno per quella requirente, perché mantenere un unico organo di autogoverno finirebbe, nel concreto, per vanificare la separazione delle due carriere. Questi passaggi, che concretizzano il principio costituzionale dell'uguaglianza tra accusa e difesa, contribuiranno a rendere chiara la terzietà del giudice e, dunque, a rafforzare la fiducia nel sistema giudiziario».

Anche il coordinatore dell’Ocf, Mario Scialla, ha detto che «il governo ha preso la giusta strada: l'introduzione di due Consigli della magistratura, rispettivamente per quella giudicante e per quella requirente, è opportuna ed è garanzia di indipendenza. Giudichiamo positivamente che il governo non abbia inteso agire sul tema dell'obbligatorietà dell'azione penale, che avrebbe zavorrato la riforma».

Infine, anche il presidente dell’Unione camere penali italiane, Francesco Petrelli, ha aggiunto che «l'Anm ha assunto una posizione di totale chiusura corporativa rifiutando ogni dialogo in merito alle riforme che modifichino lo status quo, affermando una sorta di "metafisica del processo" nella quale l'unitarietà delle carriere costituirebbe, come si legge nella mozione finale dell'ultimo Congresso, addirittura un dato "ontologico" Insomma una sorta di "dogma».

In settimana, inoltre, la Fondazione Einaudi ha consegnato al ministero della Giustizia un elenco di cinquemila firme verificate di cittadini italiani a favore della separazione delle carriere dei magistrati, raccolte in collaborazione con l’Ucpi.

Le commissioni del Csm

Mentre l’attenzione è tutta concentrata sull’annuncio della riforma, il Csm attualmente in carica ribolle.

Ad agitarlo è la formazione delle otto commissioni che cambiano ogni 16 mesi, e in particolare l’indicazione dei membri della Quinta. Nevralgica perchè quella che decide sugli incarichi direttivi e composta da quattro togati e due laici, lo scontro interno ha riguardato la nomina dei laici e del presidente.

La scelta dei nuovi componenti e dei vertici ha impegnato l’ufficio di presidenza – composto dal vicepresidente Fabio Pinelli, con la prima presidente di Cassazione Margherita Cassano e il procuratore generale di Cassazione Luigi Salvato – in una riunione fiume che si è conclusa con un fumata nera, anticipata da polemiche sotterranee in merito alla scelta dei laici da inserire nella quinta commissione, qui tutti i dettagli.

Per le nomine delle nuove commissioni ci sarà tempo fino al 5 di giugno.

Tarfusser contro il Csm

Cuno Tarfusser, magistrato milanese in aspettativa perchè candidato alle europee con Azione, ha scritto in una nota che «Dopo essere stato condannato con la censura, colpevole del grave crimine di lesa maestà, sono ora privato del diritto di sapere perché fare il proprio dovere meriti la censura e del diritto di impugnare questa vergognosa sentenza di condanna».

Tarfusser lamenta che la Sezione disciplinare del Csm non ha ancora depositato, con termine scaduto il 27 maggio, le motivazioni del provvedimento sulla sanzione a lui inflitta nell’ambito della richiesta di revisione del processo sulla strage di Erba.

Tarfusser ha scritto di aver «fatto esattamente il mio dovere, ovvero provocare un nuovo processo per la cosiddetta 'strage di Erba' per la quale due persone da oltre 17 anni stanno, a mio informato avviso, ingiustamente scontando la pena dell'ergastolo». Poi ha definito il ritardo «l'ennesima vendetta della correntocrazia con epicentro il Consiglio della Magistratura, nei miei confronti. La mia colpa? Non essermi mai associato e men che meno piegato a quel perverso sistema, essere rimasto sempre autonomo e indipendente».

Intesa Viminale-Cnf

Il Consiglio Nazionale Forense, il Consiglio Nazionale dei Commercialisti e il Consiglio Nazionale del Notariato hanno siglato un protocollo con il Viminale per tutelare i professionisti minacciati.

L’obiettivo è monitorare gli episodi intimidatori compiuti nei confronti degli avvocati, dei commercialisti e dei notai chiamati a svolgere funzioni sussidiarie delle Autorità giudiziarie e indipendenti.

"L'istituzione di un Osservatorio dedicato - ha spiegato il presidente del Cnf Francesco Greco - consentirà di avere un quadro completo del fenomeno e di mettere in campo azioni concrete per contrastarlo. L'intimidazione dei professionisti rappresenta un attacco al diritto di difesa e al corretto funzionamento della giustizia».

Paralisi dei giudici di pace a Torino

Più di 400 avvocati di Torino hanno sottoscritto una lettera al consiglio dell’ordine in cui sottolineano che l’ufficio dei giudici di pace è alla «paralisi», sottolineando che si tratta di «un caso di denegata giustizia». Sono operativi solo 4 giudici onorari e tre supplenti e a fine aprile i fascicoli pendenti erano 8.479. 

Md contro la commissione Antimafia

Il gruppo di Magistratura democratica ha invitato la commissione Antimafia a non interferire con l’inchiesta in corso a Genova per corruzione elettorale.

Le toghe progressiste hanno scritto che «Abbiamo appreso che la stessa Commissione ha convocato il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, affinchè riferisca su fatti relativi a quella stessa, delicata, indagine giudiziaria che risulta essere tuttora in corso. Certi che il rispetto reciproco tra le istituzioni coinvolte sarà la cifra che caratterizzerà lo scambio di informazioni, non è inutile rammentare che il compito delle Commissioni parlamentari di inchiesta non è quello di giudicare, nè di sostituirsi alla magistratura, nell'attività di accertamento dei fatti».

Md conclude che «è infatti indispensabile che si confermi in ogni passaggio istituzionale, ma anche nella comunicazione mass-mediatica, l'assenza di qualunque interferenza parlamentare nelle scelte esclusive del pubblico ministero».

Il Cnel sul carcere

Il Cnel ha approvato un documento di Osservazioni e Proposte in materia di studio, formazione e lavoro in carcere e fuori dal carcere e un Disegno di legge recante “Disposizioni per l’inclusione socio-lavorativa e l’abbattimento della recidiva delle persone sottoposte a provvedimenti limitativi o restrittivi della libertà personale emanate dall’autorità giudiziaria”.

Si tratta del primo ddl Cnel di questa legislatura e dà seguito al lavoro istruttorio svolto dal Cnel con il progetto “Recidiva zero. Studio, formazione e lavoro in carcere e fuori dal carcere. Dalle esperienze progettuali alle azioni di sistema”.

Il disegno di legge «introduce innanzitutto alcuni correttivi alle norme sull’ordinamento penitenziario in materia di formazione e lavoro, recuperando la necessaria equiparazione tra lavoratori liberi e lavoratori ristretti, e per quest’ultimi tra lavoro esterno e lavoro cd. “interno” (i.e. alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria)», «applicazione del contratto collettivo nazionale, territoriale e aziendale stipulato dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative; equiparazione del trattamento economico e normativo complessivo; impignorabilità dei quattro quinti della remunerazione, sono solo alcune delle novità introdotte dal disegno di legge di iniziativa del CNEL sulla specifica materia».

Evento sulla separazione delle carriere

Il 4 luglio alle 15 si svolgerà al Museo Archeologico di Olbia un incontro dibattito promosso dal procuratore di Tempio Pausania Gregorio Capasso con il consiglio dell’ordine degli avvocati. Interverranno il procuratore generale di Cagliari, Luigi Patronaggio, il professore Francesco Zacchè, il sostituto procuratore generale di Caltanissetta Gaetano Bono che è stato anche autore del libro “Meglio separate” e il presidente dell’Ucpi Francesco Petrelli.

© Riproduzione riservata