Il ministro ha chiesto di aprire un procedimento contro le toghe che indagano sull’inchiesta Open. Sembra aver preso gusto a utilizzare lo strumento, come se non avesse perso lo spirito da pm
Il vero fronte di scontro tra governo e magistratura inizierà il 6 settembre: mezzogiorno di fuoco in commissione Affari costituzionali alla Camera, da cui cominceranno le audizioni per la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. L’aria, però, è già irrespirabile alla vigilia. Se la separazione delle carriere era attesa in quanto parte del programma elettorale del centrodestra, secondo le toghe è stato il complessivo atteggiamento il ministro della Giustizia – ed ex pm - Carlo Nordio ad alzare il livello dello scontro.
In particolare, con l’utilizzo di quello che sembra essere diventato lo strumento preferito del guardasigilli, che del pm non ha perso il piglio: la richiesta di apertura di procedimenti disciplinari davanti al Csm per i magistrati che, secondo lui, non hanno operato correttamente.
Come il ministro ha ben spiegato per difendersi dalle critiche, la sua non è formalmente un’ingerenza nell’operato dei magistrati e nemmeno potrebbe esserlo, perchè il ministero della Giustizia non può agire direttamente. La procedura, infatti, prevede che il ministro mandi i propri ispettori e che avanzi la richiesta di procedere con l’azione disciplinare al procuratore generale di Cassazione, che ne è titolare davanti al Csm.
Tuttavia, in meno di un anno a via Arenula Nordio ha utilizzato questo strumento in modo incisivo, quasi a voler rispolverare il suo istinto da magistrato nel sindacare sull’operato degli ex colleghi. Non potendolo più fare personalmente, la strada è quella di inviare gli ispettori del ministero e poi, nel caso, chiedere il procedimento disciplinare. «Le mie ispezioni straordinarie si contano sulle dita di una mano. O poco più», ha risposto il ministro al Corriere della Sera, spiegando però la stua strategia: «È vero invece che ho annunciato ispezioni nei casi di fughe di notizie e di diffusioni di intercettazioni riservate, che per fortuna in questi mesi sono diminuite. Forse anche per effetto di questa deterrenza, che evidentemente funziona».
Diversa è invece la lettura che ne dà la magistratura associata, in particolare le correnti progressiste di Area e centriste di Unicost. La presidente di Unicost, Rossella Marro, ha sottolineato «i rischi connessi ad una invasione nell'autonomia ed indipendenza della magistratura» in caso di azioni disciplinari promosse dal ministero, che quindi «dovrebbero essere esercitate in casi estremi, mentre stiamo assistendo ad un uso frequente». Secondo Area, il messaggio sottostante alle ultime iniziative disciplinari di via Arenula è «di non disturbare i potenti».
Open
Non a caso, l’ultima iniziativa riguarda l’inchiesta Open, in cui è indagato anche l’ex premier Matteo Renzi, accusato di finanziamento illecito. Il ministero ha richiesto di aprire un procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici ministeri di Firenze Luca Turco e Antonio Nastasi, con lettera inviata al pg di Cassazione il 23 luglio.
Secondo il ministero, Turco e Nastasi avrebbero commesso «grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile» perchè non hanno distrutto, come disposto da una sentenza di Cassazione, un’informativa della Guardia di Finanza. Pur nominando un consulente per la distruzione, ne hanno conservato copie per inviarla al Copasir, depositarla davanti al gip e per aprire un altro procedimento penale. Inoltre, secondo via Arenula, il pm Turco avrebbe tenuto un «comportamento gravemente scorretto» nei confronti di Marco Carrai, «divulgando dati e notizie sensibili e riservati» che provenivano da supporti informatici sequestrati «illegittimamente».
Spetterà alla procura generale di Cassazione valutare come procedere, certo è che se la vicenda arriverà davanti alla sezione disciplinare ci sarà un’altra fonte di possibile imbarazzo. La sezione, infatti, è presieduta dal vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, che prima di venire eletto dal centrodestra era stato avvocato di Alberto Bianchi, presidente di Open, nel processo fiorentino.
Proprio questo è il caso che ha fatto muovere Area, con un duro comunicato contro il ministro in cui si legge che Nordio, «ancora una volta, strumentalizza il potere disciplinare per colpire gli autori di scelte giudiziarie sgradite» e «confonde la sede disciplinare con i rimedi giurisdizionali che fondano le garanzie del nostro sistema giudiziario». Un atto intimidatorio, insomma, parte di una strategia più complessiva iniziata a Milano.
Uss
L’uso insolito del potere di ispezione ministeriale e poi la richiesta di provvedimenti disciplinari, infatti, è cominciata con il cosiddetto caso Uss, dal cognome dell’imprenditore russo fuggito dai domiciliari, la cui sparizione ha aperto un caso diplomatico con gli Stati Uniti. Anche in questo frangente il ministro ha preso carta e penna e scritto al pg di Cassazione. Caso eclatante perchè il sindacato ministeriale ha riguardato un atto giurisdizionale motivato e non il comportamento processuale dei magistrati, il ministero ha indicato in sette punti le ragioni per cui i tre giudici milanesi della Corte d’appello che ha concesso i domiciliari a Uss si sono resi responsabili dell'illecito disciplinare. Sette punti in cui il ministro ha sindacato la valutazione del provvedimento da parte dei magistrati, entrando nel merito del caso Uss e scrivendo che «non valutando i predetti elementi, risultanti dagli atti, dai quali emergeva l'elevato e concreto pericolo di fuga dell'Uss» i magistrati «tenevano un comportamento connotato da grave ed inescusabile negligenza».
Anche in questo caso come per Firenze, la decisione di procedere spetta al pg di Cassazione, ma il caso milanese ha dato il via a una pesante mobilitazione delle toghe contro il ministro, accusato di invadere indebitamente il campo processuale e l’indipendenza dei magistrati.
Cospito
Del resto, pur senza promuovere iniziative di ispezione o disciplinari, il ministro ha da subito dimostrato di non aver ancora dismesso la toga per infilarsi la giacca del guarda sigilli. Anche nel caso dell’anarchico Alfredo Cospito e delle comunicazioni del Dap rese note da esponenti di FdI, Nordio era pubblicamente intervenuto in parlamento con una difesa tutta in punta di diritto del suo sottosegretario Andrea Delmastro, arrivando a dire che «sulla segretezza degli atti decido io» e non le norme di legge. Anche in questo caso provocando una levata di scudi da parte dell’Anm. Non certo il miglior clima con cui ripartire a settembre, aggiungendo al fuoco anche la separazione delle carriere.
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