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Il nome forte di FdI, Giuseppe Valentino, si è ritirato dopo la notizia di una poossibile inchiesta in cui sarebbe coinvolto a Reggio Calabria.
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Meloni ha anche imposto quattro posti per FdI, due per la Lega e solo uno per Forza Italia, scatenando la rabbia degli azzurri che hanno ottenuto un eletto come le opposizioni.
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Tuttavia, il centrodestra è riuscita a portare al Csm ben quattro donne laiche, tutte della sua parte politica. Un passo avanti rispetto al Consiglio uscente, dove erano tutti uomini.
L’elezione dei laici al Csm fa aumentare le tensioni all’interno della maggioranza. Lo scrutinio del voto alla Camera con il parlamento riunito in seduta comune si è protratto fino a sera (oltre la chiusura di questo giornale ndr) e, come in ogni legislatura, l’elezione dei membri laici ha riservato sorprese e polemiche. All’inizio dello scrutinio, infatti, l’ipotesi è stata quella della mancata elezione di uno dei consiglieri di Fratelli d’Italia, con il superamento del quorum di tre quinti solo per nove dei dieci laici.
Eppure, la giornata era cominciata sotto i migliori auspici, con un accordo a pacchetto tra i gruppi che prevedeva sette posti per la maggioranza e tre per l’opposizione. A cambiare rispetto ai pronostici dei giorni scorsi, è stata solo la ripartizione delle quote: l’ipotesi iniziale doveva essere di 3 per Fratelli d’Italia, e 2 a Lega e Forza Italia, lasciando un posto a testa a Pd, Movimento 5 stelle e terzo polo. Invece la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è imposta con 4 laici per FdI, lasciandone solo uno a Forza Italia, ma accogliendo la richiesta del Pd di farsi carico della quota di genere.
La lista sembrava blindata. Per le opposizioni il costituzionalista di Pisa, Roberto Romboli, in quota Pd; il professore fiorentino molto amico di Giuseppe Conte, Michele Papa, per il M5s; l’ex deputato di Italia viva, Ernesto Carbone per il terzo polo.
Per la maggioranza, FdI ha inizialmente puntato sui nomi di tre avvocate, Daniela Bianchini, Rosanna Natoli e Isabella Bertolini, e dell’ex parlamentare e presidente della fondazione An, Giuseppe Valentino, in lizza anche per la vicepresidenza e nome forte del quartetto. La Lega, invece, ha indicato l’avvocato di Armando Siri e della regione Veneto, Fabio Pinelli (che però vanta anche ottimi rapporti con Luciano Violante), e Claudia Eccher, avvocata di Matteo Salvini. FI, infine, ha scelto l’ex parlamentare modenese Enrico Aimi.
Il caso Valentino
Per venire eletto al primo scrutinio, ogni laico deve ottenere 364 voti e i parlamentari dei sei gruppi maggiori sono entrati in aula alla Camera con la lista bloccata dei candidati. Mentre stavano votando i senatori, però, è scoppiato il caso Valentino: i Cinque stelle hanno fatto circolare dubbi sul suo nome – «chiediamo chiarimenti» hanno detto – a cui si è presto aggiunto anche il Pd.
Il tempo di far votare i 200 senatori e FdI è andata in confusione: Valentino sarebbe indagato in un’inchiesta di ‘ndrangheta a Reggio Calabria. Il diretto interessato ha parlato di «vergognose e bugiarde palate di fango» che «non potranno mai scalfire la mia onestà» e per questo ha ritirato il suo nome dalla corsa. Azzoppata, FdI ha dovuto cambiare candidato in corsa e ha ripiegato sul costituzionalista Felice Giuffrè, storicamente molto vicino alla destra e nominato come avvocato dall’ex governatore Nello Musumeci per i ricorsi della regione Sicilia alla Consulta. Il cambio, però, ha lasciato Giuffrè con i voti dei soli deputati e il rischio concreto di non superare il quorum e di dover aspettare il nuovo voto del 24 gennaio. «È increscioso il modo e il tempo in cui è stata fatta uscire la notizia che ritengo falsa e ingiuriosa su Valentino, che da galantuomo quale è ha ritirato la sua candidatura», sono state le parole del capogruppo al Senato di FdI, Lucio Malan. Per il partito di Meloni, dunque, è stata una vittoria più che dimezzata, con l’unico risultato positivo di aver portato al Csm per la prima volta ben quattro laiche (3 di FdI e una della Lega) e tutte in quota centrodestra.
A rischiare sull’elezione immediata è stato anche il candidato del terzo polo, Carbone, su cui i grillini hanno avanzato perplessità, facendo capire di non essere intenzionati a votarlo. L’antipatia tra l’avvocato, renziano della prima ora, e il M5s è storica: alle cronache è rimasto il suo «ciaone» del 2016, per festeggiare il risultato del referendum sulle trivelle, dove non è stato raggiunto il quorum.
Rabbia Forza Italia
Se FdI ha visto saltare l’elezione del suo candidato forte a causa delle pressioni per una possibile inchiesta giudiziaria, anche per Forza Italia la giornata non è stata positiva. Il Csm è stato nuovo terreno di scontro interno alla maggioranza e si è aperto un altro caso: la sottrazione di un posto a FI, che ha avuto un solo laico, come i partiti di opposizione. Quella che è stata vissuta come una «prepotenza» di FdI ha provocato enorme fastidio negli azzurri, di nuovo penalizzati nel rapporto con gli alleati come già nella scelta dei ministri. E proprio su un terreno, quello della giustizia, da sempre strategico per il leader Silvio Berlusconi.
Dentro la maggioranza l’unica a gioire è stata la Lega, che ha incassato il via libera senza intoppi su Pinelli e Eccher, entrambi legali di membri di primo piano del partito. Addirittura la caduta di Valentino aprirebbe la strada a Pinelli per puntare alla vicepresidenza del Csm. Forte di appoggi, anche in area centrosinistra, per la sua partecipazione nel comitato scientifico della fondazione Leonardo, l’avvocato padovano aspirerebbe al ruolo. Almeno sulla carta e sulla base del curriculum, l’unico a poter tentare di contenderglielo sarebbe il laico di minoranza per i dem, Romboli. Proprio in quest’ottica il nome di Romboli sarebbe stato preferito a quello di una donna in quota Pd, che aspirava a due seggi ma ha dovuto incassare il no di FdI.
Tuttavia, l’ultima parola sulla vicepresidenza spetta ai togati, che sono la maggioranza del Consiglio, e in particolare alla componente conservatrice di Magistratura indipendente. Nella scelta del vicepresidente peserà anche il fatto che la prossima consiliatura del Csm si preannuncia complicata. Alle porte, infatti, c’è la riforma dell’ordinamento giudiziario anticipata dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con la separazione delle carriere. L’obiettivo per i togati, allora, sarà di individuare un vicepresidente che sia in grado di porsi come interlocutore ma anche come argine rispetto al ministero. Per questo, al netto dei titoli e della quota politica, potrebbe venir valutato anche l’orientamento personale sui temi più delicati della giustizia.
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