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Care lettrici, cari lettori
la settimana è stata caratterizzata dall’ennesima fumata nera sulla nomina del giudice costituzionale mancante, con conseguente strascico di polemiche politiche. Dentro il Csm, invece, impazza il dibattito sulla riforma del testo unico della dirigenza, con due proposte a confronto e uno scontro che ha a che fare coi nodi politici in consiglio. Su questo trovate un approfondimento.
Anche l’avvocatura è in fermento: a Reggio Calabria si è svolto il congresso straordinario delle Camere penali, tutto incentrato sulla separazione delle carriere. Il presidente Francesco Petrelli, nella sua relazione che potete leggere come contributo a questo numero della newsletter, ha assunto a nome dell’associazione una chiara presa di posizione anche rispetto alla politica: L’Ucpi è laica e trasversale e i suoi soli alleati sono la Costituzione e il giusto processo.
Anche i giuslavoristi erano riuniti in un convegno a Roma e la presidente di Agi, Tatiana Biagioni, ha delineato il profilo dell’avvocato del futuro, con le sue sfide da vincere. Qui trovate un suo articolo di approfondimento.
Infine, il Csm è anche alle prese con un bando straordinario per la magistratura di sorveglianza: una presa di coscienza forte dell’emergenza carceri, su cui ho intervistato il consigliere togato di Area, Marcello Basilico.
Fumata nera per la Consulta
Il voto per eleggere il quindicesimo giudice costituzionale stava diventando una conta per la maggioranza di centrodestra: per questo motivo, nonostante la premier Giorgia Meloni fosse decisa a eleggere il suo consigliere giuridico Francesco Saverio Marini, che è anche l’autore della riforma del premierato, dal voto delle camere in seduta comune a Montecitorio sono arrivate 323 schede bianche, nove voti dispersi e dieci schede nulle.
Troppo risicati i numeri, per avere la certezza di mandare Marini alla Consulta. Dal momento che Meloni non intende bruciare il nome del suo consigliere giuridico, si è preferita l’ennesima fumata nera. Sarà dunque necessario un nono scrutino per eleggere il quindicesimo giudice della Corte costituzionale, che manca ormai da nove mesi.
Tutti i parlamentari erano stati precettati e ogni gruppo avrebbe dovuto votare indicando il candidato con un nome diverso così da identificare i voti e scongiurare i franchi tiratori.
Le opposizioni, invece, sostengono che per aver partecipato alla stesura della riforma del premierato il giurista sia in conflitto di interessi e hanno criticato il metodo autoritario con cui la maggioranza intende eleggere il giudice che sostituirà Silvana Sciarra, che ha concluso il suo mandato più di un anno fa.
Il testo base sulla separazione delle carriere
La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha appena approvato il testo base sulla separazione delle carriere. «Questo rappresenta un primo passo essenziale verso una riforma fondamentale per il nostro sistema giudiziario», ha detto Nazario Pagano, Presidente della Commissione, secondo cui «Si tratta di una delle riforme più attese e necessarie per garantire un assetto più efficiente e trasparente della giustizia in Italia».
In sintesi, il testo prevede la separazione ordinamentale della magistratura requirente da quella giudicante; la creazione di due Csm con meccanismo elettorale a sorteggio per i togati e, tra quelli indicati dal parlamento, anche per i laici; la nascita di una Alta corte con funzione disciplinare.
Qui un approfondimento.
«Sui tempi sono abbastanza ottimista. Questa riforma, che non è affatto punitiva nei confronti della magistratura, è stata votata all'unanimità da parte del Cdm, l'iter parlamentare è già iniziato», ha detto a Skytg24 il ministro della Giustizia Carlo Nordio, «trattandosi di una riforma costituzionale avrà bisogno del doppio passaggio - continua - Penso che alla fine sia corretto che si vada a referendum: su una materia di così alta sensibilità credo sia giusto si esprima il popolo italiano e sono convinto che approverebbe la nostra scelta».
I nuovi criteri di nomina al Csm
Continua il dibattito tutto interno al consiglio intorno alla riforma del testo unico sulla dirigenza, che dovrà essere riformato. Ci sono due proposte in campo: quella A che mantiene una larga discrezionalità in capo al Csm; quella B che invece prevede un sistema a forbice, con punteggi da assegnare.
Oggi a Milano si svolge un convegno organizzato da chi in questo momento è orientato alla proposta B, che ha anche provocato uno scontro tra Unicost e Magistratura indipendente.
Qui un approfondimento sulla vicenda e l’intervista al togato di Unicost, Michele Forziati.
Novità sulle intercettazioni
Il Senato ha approvato il disegno di legge presentato dal senatore di FI, Pierantonio Zanettin, che fissa il tetto massimo di 45 giorni per le intercettazioni, a meno che non si tratti di reati di mafia e terrorismo o che non emergano «elementi specifici e concreti» che dovranno essere comunque oggetto di «espressa motivazione».
Il testo, avversato sia dalle opposizioni che dall’Anm, è passato a palazzo Madama anche con il sostegno di Italia Viva.
Zanettin, a commento della sua proposta di legge, ha utilizzato l’esempio dell’inchiesta a carico dell’ex presidente ligure Giovanni Toti: «Sono rimasto assai sorpreso anche dall'intervista rilasciata dal procuratore di Genova, secondo il quale l'inchiesta sul presidente Toti non si sarebbe potuta concludere se fossero state in vigore le norme che oggi proponiamo. Vogliamo fare un bilancio di questa inchiesta? Tre anni di intercettazioni, 20 terabyte di dati digitali acquisiti al fascicolo processuale. E cosa hanno portato? A 1500 ore di lavori socialmente utili. E' un risultato di cui una procura deve andare particolarmente orgogliosa?».
Molto critico, invece, il dem Walter Verini: «Le modifiche e le restrizioni contenute nel ddl intercettazioni assestano un colpo al contrasto alla criminalità. Le intercettazioni, che la maggioranza intende derubricare, andrebbero semmai potenziate e qualificate per i reati di corruzione, contro la pubblica amministrazione, e naturalmente contro le mafie e terrorismo. Limitare la proroga delle intercettazioni è un altro passo in una direzione pericolosa che rischia di favorire i criminali più scaltri, capaci di attendere il momento giusto per eludere i controlli».
Condannati i pm di “Eni-Nigeria”
Il Tribunale di Brescia ha condannato i pubblici ministeri milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro a 8 mesi di carcere per il reato di rifiuto di atti d'ufficio, per non avere depositato elementi che potevano essere favorevoli agli imputati nel processo Eni-Nigeria, che si è concluso con l'assoluzione definitiva di tutti gli imputati.
I giudici hanno accolto la richiesta di condanna della Procura, riconoscendo le attenuanti generiche e la sospensione della pena a entrambi.
«E' un precedente pericoloso perché mette in discussione un principio fondamentale che è poi quello della autonomia delle scelte processuali di un pubblico ministero», ha commentato l'avvocato Massimo Dinoia che difende entrambi e ha annunciato appello: «C'è il rischio di un condizionamento dall'esterno dei processi», perché «in questo modo i pm si sentiranno obbligati a depositare gli atti ricevuti da chiunque».
Il processo sulla Loggia Ungheria
Il procedimento sui verbali della fantomatica loggia Ungheria passa da Milano a Brescia, con l’imputato Piero Amara e una quarantina di parti civili, tra cui l'ex ministra Paola Severino e gli ex vicepresidenti del Csm Giovanni Legnini e Michele Vietti, sulle 65 persone offese
A deciderlo la decima sezione penale di Milano (giudice Antonella Bertoja) con una sentenza di «incompetenza funzionale» a giudicare, accogliendo l'istanza della difesa di Amara, dopo che a Brescia un gip aveva disposto l'imputazione coatta per Amara in relazione alla presunta calunnia ai danni del magistrato milanese Claudio Galoppi, ex componente del Csm. Da qui l'invio degli atti a Brescia anche per il procedimento milanese connesso, che ripartirà dalla fase della richiesta di processo e dell'udienza preliminare e si riunirà a quello bresciano in cui Galoppi è parte civile.
A Milano resta un altro processo a carico di Amara e dell'ex manager licenziato da Eni Vincenzo Armanna su una presunta rivelazione di quei verbali. Oltre a quello, sempre a carico di Amara, Armanna e altri, sul cosiddetto "falso complotto Eni".
Avvocati nell’ufficio legislativo
Il protocollo d’intesa firmato dal Cnf con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, prevede di favorire il coinvolgimento degli avvocati nelle attività istituzionali svolte dall’Ufficio legislativo di via Arenula.
Gli avvocati, individuati e proposti dal Cnf al Ministero, collaboreranno sotto la direzione del capo dell’Ufficio Legislativo nelle attività di studio, ricerca e consulenza per la formulazione di pareri, elaborazione di proposte normative nonché di interpretazione della normativa vigente nelle materie di comune interesse inerenti alle competenze del dicastero. I professionisti coinvolti si impegneranno a non patrocinare, né personalmente né attraverso membri dello studio di cui fanno parte, cause giudiziali o contenziosi, anche stragiudiziali, contro il Ministero durante il rapporto di collaborazione e per un anno successivo alla sua conclusione. Il protocollo ha una durata annuale, rinnovabile entro i limiti del mandato governativo.
Nomine al Csm
Il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha deliberato, con il sì di tutta l'Aula e un'astensione, la nomina del procuratore aggiunto di Catania, Francesco Puleio, a procuratore di Ragusa. Alberto Rizzo - fino a qualche mese fa capo di gabinetto del ministro della Giustizia Carlo Nordio - e' il nuovo presidente del tribunale di Modena.
Fabio Roia resta presidente del Tribunale di Milano: lo ha deciso il Tar del Lazio, che ha respinto il ricorso proposto dal giudice Massimo Orlando contro la delibera di nomina.
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