Il Pd non prende parte al voto: «I candidati scelti non hanno alcuna esperienza nel campo e, per quanto riguarda il candidato presidente, non hanno neppure le caratteristiche di indipendenza necessarie». La maggioranza non ha permesso che il candidato presidente D’Ettore venisse audito. Anche Scalfarotto di Italia viva non partecipa
Oggi in commissione Giustizia al Senato si è consumata l’ultima forzatura della maggioranza per la nomina del Garante dei detenuti.
Come già alla Camera, anche a palazzo Madama è stata negata l’audizione del candidato presidente, a cui i senatori non hanno potuto porre alcuna domanda prima di procedere alla votazione, che si è conclusa con il via libera ai candidati indicati dalla maggioranza.
Questo ha aumentato i sospetti delle opposizioni: i nomi scelti, infatti, sono tutti di persone che non si sono mai direttamente occupate di carceri e detenuti. Il candidato presidente, Felice Maurizio D’Ettore, è un professore di diritto civile e nella passata legislatura è stato deputato di Fratelli d’Italia, dunque mancherebbe anche il requisito dell’indipendenza previsto.
Né D’Ettore, né gli altri due nomi indicati dal governo per guidare l’ufficio – la penalista romana Irma Conti in quota Lega e il professore fuori ruolo Mario Serio indicato dai Cinque stelle – hanno esperienza in materia di carcere. Quindi, rischierebbero di non fare una gran figura davanti alle domande dei parlamentari, soprattutto i più esperti in materia.
Per questo il Pd non ha preso parte alla votazione: «È inaccettabile e intollerabile il metodo», per designare «un organo di garanzia particolarmente delicato» e per cui la legge prevede la scelta di persone «indipendenti ed esperti nel campo dei diritti umani». Invece «i candidati scelti della maggioranza, per quanto degne persone, non hanno alcuna esperienza nel campo, e per quanto riguarda il candidato presidente non hanno neppure le caratteristiche di indipendenza necessarie. In tutto ciò la maggioranza, con un atto di arroganza finale, ci ha perfino negato la possibilità di audire le persone candidate in commissione», scrivono i membri Pd della commissione Giustizia a Palazzo Madama, Alfredo Bazoli, Anna Rossomando, Franco Mirabelli e Walter Verini.
Anche Ivan Scalfarotto di Italia Viva non ha partecipato al voto per le stesse ragioni: «Il governo propone due professori di diritto privato (tra cui un ex parlamentare) e una penalista esperta di diritto penale societario» e «la maggioranza ha negato le audizioni chieste dalle opposizioni senza un minimo di spiegazione».
Nessuna spiegazione ufficiale è stata data dalla maggioranza, che in questo modo ha occupato un ufficio nevralgico per la salvaguardia dei diritti nelle carceri, ma anche (e forse soprattutto in questo momento) dei centri per i rimpatri dei migranti.
I nominati
Dal 2016, il ruolo di presidente dell’ufficio del Garante è stato ricoperto da Mauro Palma, esperto in diritto penale e fondatore dell’associazione Antigone negli anni Novanta, affiancato dalla avvocata penalista Emilia Rossi e dalla giornalista Daniela De Robert.
L’iter per la nomina della nuova terna era iniziata in luglio, ma già allora si erano scatenate polemiche soprattutto sull’indicazione di D’Ettore, proprio per la sua mancata qualifica e i dubbi sulla sua indipendenza vista la chiara provenienza politica.
Ora invece, con D’Ettore, Conti e Serio si chiuderà la procedura parlamentare: una penalista e due civilisti, nell’ufficio che ha la maggiore responsabilità a livello nazionale nella salvaguardia dei diritti dei detenuti e di tutte le persone private della libertà.
Poi toccherà a Sergio Mattarella ratificare le nomine. La proposta infatti spetta al ministero della Giustizia, ma la nomina formalmente è della presidenza della Repubblica.
I rischi di poco controllo
Il timore che in questo modo l’ufficio del Garante venga depotenziato in modo significativo con alla guida persone non all’altezza non è solo delle opposizioni, ma anche di chi opera nel settore, che teme che il governo voglia definitivamente silenziare l’Ufficio del garante, che fino ad oggi è stato tra le voci più forti di denuncia sia delle condizioni delle carceri che della gestione dei centri per i rimpatri.
Fonti interne al mondo degli operatori vicino al Garante, infatti, sottolineano: «Nessuno dei tre è esperto di carcere, quindi chissà se sarà in grado di svolgere le ispezioni individuando ciò che normalmente nelle strutture si vuole nascondere».
Ma soprattutto, l’interrogativo è quanto potrà essere indipendente dal governo Meloni il presidente D’Ettore, che avrà il compito di presentare le relazioni o esaminare le situazioni di rischio, soprattutto per quanto riguarda i Cpr, che sono ormai il punto nevralgico della strategia del governo per gestire il problema immigrazione.
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