- Dopo tre giorni intensi di lavori congressuali a Firenze, Magistratura democratica ha scelto la sua parola d’ordine: autonomia da Area. La scelta era nell’aria: dopo lo scoppio dello scandalo Palamara del 2019 e soprattutto negli ultimi mesi, la differenza di posizione tra i due gruppi era ormai evidente.
- Tutti i delegati, tuttavia, hanno sottolineato che «autonomia non significa scissione». Anzi, proprio la parola scissione è stata rifiutata in modo netto e per una ragione: Md non si è mai sciolta in Area e anzi, secondo i sostenitori dell’autonomia, in questo modo si mette fine «all’anomalia di un gruppo dentro a un altro gruppo».
- Uno dei punti che ha aiutato la composizione è stata la scelta di Md di lasciare la possibilità alle toghe di iscriversi sia al gruppo di Md che a quello di Area. Informalmente, però, l’interrogativo che tutti riportano è uno solo: se Area sarà o meno disposta ad accettare la doppia tessera, anche davanti alla scelta di autonomia di Md.
Dopo tre giorni intensi di lavori congressuali a Firenze, Magistratura democratica ha scelto la sua parola d’ordine: autonomia da Area. Finisce così, dopo quasi dieci anni, l’esperienza unitaria delle toghe progressiste, che aveva portato alla nascita di quello che all’inizio era un “cartello” elettorale e che poi è diventato un soggetto politico con i suoi organi di rappresentanza, dentro al quale Md – pur confluendo nelle liste – continuava però ad esistere come gruppo.
La scelta era nell’aria: dopo lo scoppio dello scandalo Palamara del 2019 e soprattutto negli ultimi mesi, la differenza di posizione tra i due gruppi era ormai evidente. La principale critica ad Area, infatti, è stata di aver scelto una linea troppo morbida nelle sue prese di posizione. Il congresso di Firenze ha sancito infatti con larga maggioranza una scelta che informalmente sembrava comunque già presa: il «recupero di piena autonomia» di Md nelle proprie posizioni sui temi sia riguardanti sia la magistratura che la politica, dopo che nel congresso di Reggio Calabria del 2015 si era scelto di delegare ad Area la rappresentanza unitaria.
Tutti i delegati, tuttavia, hanno sottolineato che «autonomia non significa scissione». Anzi, proprio la parola scissione è stata rifiutata in modo netto e per una ragione: Md non si è mai sciolta in Area e anzi, secondo i sostenitori dell’autonomia, in questo modo si mette fine «all’anomalia di un gruppo dentro a un altro gruppo».
Dunque, recita la mozione approvata, «la recuperata, piena autonomia di Magistratura democratica non nasce in contrapposizione ad AreaDG» e «guarda con favore all’impegno di molti suoi iscritti che vi operano e continueranno ad operarvi alacremente».
Tradotto, il senso politico sembra quello di mettere in pratica l’adagio militare del “marciare divisi per colpire uniti”. Infatti, «Area rappresenta un’esperienza importante della magistratura progressista. Md ha una sensibilità diversa e più radicale su alcune questioni, ma la prospettiva è quella di trovare punti di incontro», spiega Letizio Magliaro, toga bolognese e tra i principali portatori della mozione di maggioranza in favore dell’autonomia.
La doppia tessera
La sensazione, infatti, è che il congresso avrebbe potuto essere molto più di netta rottura. Invece, la maggioranza favorevole all’autonomia e la minoranza orientata a voler continuare l’esperienza dentro Area hanno trovato un punto di sintesi che ha consentito a Md di lasciare il centro congressi di Firenze senza fratture interne irreparabili.
Uno dei punti che ha aiutato la composizione è stata la scelta di Md di lasciare la possibilità alle toghe di iscriversi sia al gruppo di Md che a quello di Area. «Siamo, quindi, convinti che l’iscrizione ad entrambi i gruppi sia una ricchezza», si legge nel documento conclusivo. Anche perchè il livello locale moltissime toghe di Md hanno proficuamente lavorato in Area e costringerle a una scelta di collocazione sarebbe poco comprensibile, mentre è a livello nazionale che si sono scaricate le maggiori tensioni.
Rottura interna evitata, dunque, come mette in luce anche il presidente di Md, Riccardo De Vito: «Il dato politico rilevante è stato che il gruppo più favorevole a un impegno dentro Area, pur risultando in minoranza, ha scelto di rimanere e partecipare al voto per eleggere il Consiglio nazionale, questo testimonia la lealtà e correttezza di questa componente».
Il congresso, infatti, ha eletto il nuovo Consiglio nazionale, composto da Cinzia Assunta Barillà, Stefano Musolino, Ottavia Civitelli, Andrea Natale, Silvia Albano, Fabrizio Filice, Anna Mori, Simone Spina, Maria Antonietta Ricci, Simone Silvestri, Mariarosa Pipponzi, Emilio Sirianni. Il nuovo consiglio, integrato dai delegati locali, a settembre eleggerà il nuovo segretario e presidente di Md. Il probabile segretario che succederà a Maria Rosaria Guglielmi dovrebbe essere il membro più votato, Stefano Musolino.
Che l’intenzione non fosse di rompere dentro Md, lo conferma anche chi ha fatto parte della minoranza più vicina ad Area e che oggi prova a guardare avanti. «C’è stata molta ragionevolezza nel ritenere che sia assurdo andare verso processi di rottura, quando la questione centrale è rilanciare la magistratura tutta. Bisogna dare una risposta alla questione morale e alle fortissime esigenze di riforma della categoria, uscendo dalla situazione drammatica post scandalo Palamara», spiega il presidente della corte d’Appello di Brescia, Claudio Castelli.
Informalmente, però, l’interrogativo che tutti riportano è uno solo: se Area sarà o meno disposta ad accettare la doppia tessera, anche davanti alla scelta di Md di uscire da Area. Ora, infatti, è il turno di Area, che dovrà valutare se accettare la mano tesa. Altra questione aperta: se i gruppi in Anm e al Csm si divideranno oppure rimarranno unici. Tutti interrogativi a cui le due componenti, ora, dovranno dare risposta alla luce del nuovo assetto.
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