Ida Teresi di mestiere fa la magistrata; da qualche mese ha completato il decennio di assegnazione alla direzione distrettuale antimafia di Napoli ma segue ancora i processi al gotha della malavita campana, l’alleanza di Secondigliano e i Moccia, i signori della camorra. Accanto a questo si occupa di reati contro la pubblica amministrazione e presiede la giunta partenopea dell’associazione nazionale magistrati, in tale veste impegnata nella mobilitazione decisa dall’Anm nazionale contro le riforme del ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Il ministro ha detto che la separazione delle carriere si farà. Perché vi opponete?

La nostra ferma contrarietà è basata su un’analisi storica e su evidenze tecniche. Il pm separato dalla giurisdizione è di fatto un autocrate nei confronti dei cittadini e dei giudici e allo stesso tempo controllabile da parte della politica. Di più. Oltre a essere in qualche modo, protetto dalla politica, cui deve sottostare, finisce con il condividere la cultura della polizia giudiziaria. Questo significa rischio di finire in uno stato di polizia, se al pm sarà anche sottratta la direzione della polizia giudiziaria; se la manterrà, il rischio sarà quello di renderlo titolare di un potere pericoloso. Rischio che i magistrati italiani, anche e soprattutto quelli del pubblico ministero, non vogliono che il Paese corra.

Il ministro Nordio rassicura su questo, mai pm sottoposti al governo. Non vi basta?

Non è così per due ragioni, una storica e una tecnica. Nel nostro paese il pm è già stato separato dal giudice e sottoposto al ministro, e ciò è accaduto in età monarchica e sotto il fascismo. La separazione si accompagna alla sottomissione, la storia non offre altri modelli. In tutto il mondo quando il pm è separato dal giudice è sottoposto al potere politico, questa è la costante in tutti i paesi. Il 25 aprile 2024 a Varsavia c’è stato un incontro di giudici e pm europei, nel documento approvato essi scrivono che la riforma prevista in Italia mina l’autonomia, indipendenza e imparzialità dello stesso giudice.

Perché è a rischio l’indipendenza del giudice?

Se il problema è garantire parità delle armi durante il processo, l’intervento deve essere sulle regole e non sulle figure del processo. Sfugge nel dibattito pubblico un dato: nel nostro ordinamento l’avvocato difende un interesse privato e ha il dovere, sacrosanto, di difendere anche il colpevole, sapendolo tale. È una garanzia costituzionale: il legale non deve utilizzare una prova a carico e se lo fa ne va della sua professionalità e rischia di commettere un reato. Il pm, invece, ha il dovere di utilizzare una prova a discarico perché il pubblico ministero è parte pubblica e imparziale; noi esercitiamo una funzione che esprime una istanza che è di parte, ma dello Stato, cioè pubblica. E non è di condanna, ma di accertamento del fatto, dunque anche di non colpevolezza. Io sono tenuta a chiedere l’assoluzione in assenza di prove. Se si modifica l’assetto costituzionale del pm e lo si rende avulso dalla giurisdizione si mette il giudice all’angolo perché avrà una ridotta cognizione dei fatti, visto che il pm indagherà secondo direttive politiche, porterà unicamente gli elementi a lui favorevoli. Il suo obiettivo sarà condizionato dalla maggioranza politica. Oggi il pm è controllabile dal giudice e dai cittadini, con la riforma sarà controllabile dal potere. Ancora , oggi per legge noi dobbiamo indagare su tutto, da domani faremo indagini secondo scelte discrezionali: questa riforma mette dunque in serio pericolo il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

Ma non c’è una volontà esplicita di sottomissione del pm all’esecutivo, perché lo sostiene?

Questa riforma prevede due Csm. A cosa servono? La proposta dimostra l’obiettivo di sottomissione del pm al potere politico visto che oltre a disegnare un doppio CSM della cui utilità nessuno ha fornito prove, prevederà un maggior numero di membri laici, la componente chiara espressione della politica. Quale sarebbe il beneficio per il cittadino? Nessuno. I pm separati e protetti dalla politica diventerebbero anzi una corporazione potente, capace di sovrastare i giudici. Una deriva pericolosa per la democrazia. Potremmo avallare in silenzio questo disegno, se avessimo voglia di maggior potere e aneliti di corporativismo. Lo rifiutiamo proprio perché crediamo nell’attuale assetto democratico della giurisdizione, e negli equilibri tra poteri delineati dalla Costituzione vigente.

Quali reati saranno perseguiti?

Si perseguiranno i reati che la maggioranza politica riterrà di dover perseguire, se metti discrezionalità accanto all’indirizzo politico. Questa maggioranza ritiene che sia grave il rave party o il dissenso pubblico di piazza: e la corruzione? Il riciclaggio? L’impresa mafiosa? Quella mafia che collude con la politica attraverso patti corruttivi non è più priorità? La riforma prevede anche l’alta corte disciplinare, dove andranno solo gli anziani cassazionisti con cospicua presenza di laici, nominati dalla politica. Sarà una spada di Damocle sui magistrati che vorranno fare le inchieste scomode.

Sarà anche colpa vostra se la gente non si fida più della magistratura?

L’idea che i cittadini si sono fatti della magistratura è condizionata anche da una parte politica che parla diffusamente nei mezzi d’informazione lanciando false accuse e aumentando la distanza tra noi e le persone. La nostra credibilità è anche condizionata da una narrazione che ha un intento denigratorio. Cosa che riteniamo grave perché le istituzioni dovrebbero avere fiducia reciproca e trasmettere tale fiducia complessiva al cittadino

Alcuni casi, come quello Palamara, hanno raccontato di commistioni inaccettabili e minato ulteriormente la credibilità della categoria, non è un racconto denigratorio o no?

Il caso Champagne è un caso di controllo politico sul sistema giudiziario, con questa riforma vogliono legittimare quel modello, per noi è una patologia. Il pm separato a chi serve? Ai cittadini? No, per niente. Non vogliamo sostituirci a nessuno, ma vogliamo testimoniare il rischio che corriamo.

La credibilità fa rima con impunità. Una delle accuse è che i magistrati si autoassolvano, cosa risponde?

Non è così, è falso. I numeri ci dicono che il tasso di disconoscimento delle decisioni dei pm da parte dei giudici è altissimo. I nostri numeri di procedimenti disciplinari e anche di accertamenti di penale responsabilità per colleghi sono elevatissimi, molto più alti di quelli che si riscontrano in altre categorie pubbliche.

Questa riforma si incrocia con l’eliminazione dell’abuso d’ufficio, quali saranno le conseguenze?

Diminuirà il controllo di legalità sui poteri politici ed economici. L’abuso d’ufficio è un reato serissimo, oggi viene applicato solo in caso di dolo evidente quando un pubblico amministratore favorisce uno a danno di un altro violando la legge, perché eliminarlo? E allora perché mantenere il furto in un supermercato come reato? Questo riduce il controllo di legalità.

La sua esperienza da pm antimafia cosa le ha insegnato?

L’autonomia è sacra, io sono stata denunciata tante volte da mafiosi presunti o conclamati. Una volta c’erano le minacce oggi le intimidazioni sono per via legale, sapere di avere un organo disciplinare di garanzia mi ha aiutato. Sapevo che lavorando bene non avrei avuto conseguenze, con la riforma tante indagini non le avrei potute fare con la medesima serenità, quelle che riguardano la politica e le collusioni con il crimine organizzato e il mondo dell’impresa.

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