Al Csm, da cui non si è ancora del tutto dissolto il fantasma del caso Palamara che ha fatto emergere le distorsioni del correntismo e del carrierismo, si sta animando un dibattito sulla riscrittura delle regole che oggi determinano le nomine delle figure apicali degli uffici giudiziari.

Al vaglio del consiglio ci sono due proposte di modifica del testo unico sulla dirigenza, al vaglio della Quinta commissione e in attuazione della riforma Cartabia.

Due sono le proposte: quella denominata A, che prevede interventi correttivi sul testo attuale con una distinzione tra indicatori specifici e generali, con una più precisa specificazione del rapporto, ma tende a lasciare al Csm un ampio margine di discrezionalità al momento della nomina, in ossequio al ruolo riconosciuto all’organo di governo autonomo della magistratura.

La proposta B, invece, prevede un meccanismo nuovo che – nella logica degli autori – anticipa l’esercizio della discrezionalità del consiglio nell’individuazione di quelle che vengono chiamate le «regole del gioco»;, ovvero un sistema di punteggi da assegnare ad ogni competenza, così da permettere una comparazione dei profili e del fascicolo sulla carriera dei candidati, valorizzando soprattutto l’esperienza giudiziaria.

I punteggi sono basati su diversi parametri: merito; attitudini con punteggi distinti per ogni elemento e tipo di ufficio; punti extra pe risultati eccezionali e anzianità (che non sarà più criterio residuale), con decurtazione del punteggio in caso di valutazioni negative, come per i ritardi. Ci sono punteggi fissi con esperienze verificabili in modo oggettivo e variabili per esperienze che vanno valorizzate e valutate sulla base del “come” sono state fatte alcune esperienze professionali. 

Il nodo politico

La questione è politica e non solo semplicemente procedurale. Intorno a questa modifica, infatti, si è articolato un dibattito intorno al superamento dei mali emersi con il caso Palamara: il carrierismo, quindi la voglia del singolo magistrato di accedere a ruoli di dirigenza, appoggiandosi ai gruppi associativi per sperare nel sostengo in modo da ottenere la nomina.

La logica che fino ad oggi ha guidato il Csm è stata quella di valorizzare al massimo la propria discrezionalità nelle scelte di nomina a capo degli uffici. Proprio questo, però, secondo gli estensori della proposta B, non sta più funzionando: «Con un sistema più vincolato si ristabilirà la trasparenza del Consiglio», ragiona un togato. Due i punti sottolineati: in questo modo, anche i ricorsi al Tar per l’annullamento delle nomine si ridurrebbero; inoltre i vertici degli uffici sono ruoli a operatività limitata, perché guidano strutture complesse sulla cui composizione non possono incidere, dunque la discrezionalità di nomina ben può essere mitigata con criteri più certi – seppur su una scala di punteggi – per l’individuazione del profilo più coerente.

I rapporti di forza

Il dibattito è aperto, come anche la maggioranza in consiglio. Sulla proposta B sono orientati Magistratura democratica e Unicost, insieme ai togati indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda.

«L'ipotesi è quella dell'anticipazione delle scelte nel Testo Unico - con la previsione di attribuzione di pesi ai singoli parametri previsti dalla legge mediante la previsione di punteggi fissi o range di punteggi diversificati secondo le tipologie di uffici- con una discrezionalità fortemente vincolata nel momento della comparazione dei candidati, con l'obbiettivo di contrastare efficacemente le degenerazioni correntizie ed altre gravi patologie di cui tanto si è discusso in questi anni», è la motivazione data da Fontana.

Unicost, in un comunicato, ha spiegato che «La riforma Cartabia impone l'obiettivo di valorizzare le competenze e codifica i parametri di valutazione, riguardanti il merito, le attitudini e l'anzianità, rimettendo al Csm il compito di assegnare il rilievo da attribuire agli stessi, in relazione alla specifica tipologia di incarico da ricoprire. Riteniamo che si tratti di un'occasione storica: la modifica della circolare che il Csm dovrà varare inciderà sul modello dei dirigenti del futuro, in un momento storico in cui enormi sono le aspettative, in termini di miglioramento del servizio, sull'intero comparto della giustizia, e nondimeno pressanti le esigenze di trasparenza e prevedibilità del conferimento degli incarichi». Oggi, infatti, «non possiamo non ammettere che l'attuale Testo Unico si presta ad interpretazioni ondivaghe, scarsamente comprensibili dai magistrati e dagli stessi cittadini».

Anche Area propende per quest’ultima, anche se all’interno del gruppo il dibattito è ancora aperto.

Magistratura indipendente, invece, appare schierata in favore di modifiche meno strutturali al testo unico. In questa direzione andrebbero anche i due membri togati del Comitato di presidenza, Margherita Cassano e Luigi Salvato che – pur non essendosi espressi per nessuna delle due proposte – avrebbero in sede consiliare rimarcato la necessità prestare attenzione a non limitare la discrezionalità del consiglio.

Di conseguenza, l’ago della bilancia potrebbero diventare i laici, in particolare quelli di centrodestra.

Il convegno di Milano

Per questo il convegno organizzato a Milano dal titolo “Le nomine al Csm: la svolta possibile” e che esplicita il dibattito tra i sostenitori della proposta B, è un passaggio particolarmente significativo. La proposta è stata illustrata dai togati di Unicost Michele Forziati e di Md Mimma Miele, entrambi componenti della Quinta commissione e fortemente favorevoli alla proposta, parlando di «forte responsabilità di tentare una strada diversa, che trova le radici nella storia della magistratura degli ultimi anni, con una iniziativa sostanzialmente dovuta, perchè è stato il legislatore a dircelo», hanno detto riferendosi alla riforma Cartabia.

Ne hanno discusso poi i consiglieri Francesca Abenavoli (Area); Marco Bisogni, Roberto D’Auria (Unicost) e gli indipendenti Fontana e Mirenda.

Non a caso, la scelta di procedere a questo momento pubblico è stata fortemente criticata da Mi, secondo cui «assistiamo in questi giorni a proclami propagandistici di svolte epocali sulla nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari. Sono stati organizzati dibattiti in cui, ancora prima dell'esame del testo delle circolari da parte del Comitato di presidenza del Csm e del voto in Plenum, se ne illustrano ai colleghi i contenuti, così esercitando una inammissibile forma di preventivo condizionamento della volontà consiliare», si legge, con riferimento al convegno. «Il sistema attuale si può certamente migliorare. Ma la fantastica alternativa presentata nasconde, sotto le spoglie di un epocale rinnovamento, una discrezionalità senza regole, con il ritorno ad un passato già negativamente sperimentato», «si dice che la innovativa e garantista proposta di circolare anticipa l'esercizio della discrezionalità al momento della individuazione delle regole del gioco, introducendo un sistema di punteggi fissi in relazione ai parametri (merito, attitudini, anzianità) che il legislatore ha considerato rilevanti ai fini della valutazione. Rileviamo che con l'introduzione di punteggi fissi per ogni parametro un qualsiasi algoritmo potrebbe sostituirsi alla scelta del Csm per designare anche il primo presidente della Corte di Cassazione. E' chiaro a tutti i magistrati che questo non sarebbe consentito dalla Costituzione».

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