Come Gratteri anche il giudice del tribunale di Roma critica il mancato azzeramento del Csm dopo lo scandalo Palamara. E sull’abolizione del reato attacca: «Devastante. Tra pochi mesi saremo costretti a reintrodurlo»
Alfonso Sabella è un magistrato, per anni ha dato la caccia ai boss mafiosi giù in Sicilia prima di diventare assessore in una capitale scossa dalla malavita e dalle mazzette. Oggi è giudice al tribunale di Roma.
Il procuratore Nicola Gratteri è tornato sul caso Palamara evidenziando che quel Csm mai azzerato è diventato un lento stillicidio per la credibilità della magistratura. Che ne pensa?
Sono perfettamente d’accordo, è stata un’occasione persa per ripartire e dar vita a un anno zero della magistratura, non penso ci sarà una nuova possibilità. In quel periodo per alcune condotte analoghe a quelle assunte dai miei colleghi venivano chieste condanne per politici o amministratori, si pensi alla quella di otto anni e tre mesi di carcere richiesta per Nunzia De Girolamo, poi assolta.
In questa fase la magistratura è debole?
Il mio pensiero è diverso: non porrei mai un problema di rapporti di forza tra i poteri dello Stato. Le democrazie moderne si fondano sull’equilibrio tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario, ognuno secondo le proprie funzioni, ma tutti parte del medesimo organismo. Sarebbe devastante se uno dei poteri dovesse prevalere sugli altri.
A leggere alcune indagini e alcune scelte si ha l'impressione di una prudenza nei confronti del potere politico mentre la legge sembra si applichi in modo equanime solo per chi non conta niente, è un'impressione?
Questo è un discorso diverso, c’è una parte della magistratura che si sente intimorita, un’altra, spero, minoritaria che preferisce indagare fino a un certo punto, tenere l’asticella bassa, per evitare reazioni del mondo politico, ma questa è codardia, un comportamento vergognoso almeno riguardo ai tanti magistrati che hanno dato la vita per servire il Paese. Sicuramente c’era stata una certa spregiudicatezza nel periodo dopo mani pulite, in quella fase qualche collega ha forse sognato di sostituirsi al decisore politico e questo ha minato l’equilibrio doveroso tra i poteri. Oggi forse assistiamo a una fase opposta, caratterizzata da un’eccessiva prudenza per il timore di conseguenze mediatiche o di carriera.
Il ministro Nordio vuole cancellare l’abuso d’ufficio, tifano maggioranza e pezzi di opposizione per questa ipotesi. È una buona scelta?
Una riforma devastante, l’abolizione dell’abuso d’ufficio è un colpo di spugna. Nel giro di pochi mesi saremo costretti dall’Europa a introdurre nuovamente il reato nell’ordinamento forse solo, per decenza, cambiandogli nome. Ma le condanne precedenti saranno cancellate e, per il principio dell’applicazione della norma più favorevole, chi commette quel reato adesso non sarà punibile. Si tratta di un’amnistia mascherata e riservata ai potenti. Al Ministro Nordio, anzi al PM Nordio chiedo, quale delitto andrebbe oggi contestato a Vito Ciancimino che da sindaco e assessore, rilasciando più di 4000 licenze edilizie ad amici, amici degli amici e mafiosi vari, determinò il sacco edilizio di Palermo, trasformando le ville liberty di Ernesto Basile in ammassi di casermoni? Nessuno E mi chiedo: il Paese vuole che devastazioni analoghe vengano punite o no? Governo e Parlamento mi sembra abbiano scelto.
L'obiezione è che molti procedimenti vengono archiviati e quindi il reato, in realtà, sia solo da ostacolo all'attività dei sindaci, ci convinca del contrario?
È molto semplice, i numeri elevati delle denunce per abuso d’ufficio sono il racconto del malcontento dei cittadini, spesso anche dei consiglieri d’opposizione, nei confronti della politica o della pubblica amministrazione. Di tutto questo il 92% viene immediatamente archiviato dal pubblico ministero; il resto dei numeri è in linea con le statistiche del nostro Paese tra proscioglimenti del GIP, prescrizioni (il reato si prescrive in sette anni e mezzo), assoluzioni e condanne. C’è un altro tema che riguarda il classismo di questa cancellazione che rimuove anche l’effetto deterrente della presenza del reato nel codice penale. Oggi un sindaco, un capo di dipartimento, non può preferire il cugino o un amico a una madre di famiglia prima in graduatoria nell’assegnazione di una casa popolare. Domani potrà farlo senza conseguenze, qualcuno potrebbe obiettare che l’escluso potrebbe ricorrere al TAR. Fare una denuncia penale non costa niente, avviare un ricorso amministrativo comporta migliaia di euro di spese legali che proprio i soggetti più deboli non possono permettersi di anticipare.
Lei è giudice al tribunale di Roma, con la riforma Cartabia si aspettavano mezzi, risorse e strutture. Sono arrivate?
In queste ore è crollato il soffitto della corte d’Appello, lo scorso anno quello dove ho i miei uffici. L’aggettivo per definire lo stato dell’arte è pietoso, non è arrivato nulla. Abbiamo pesanti criticità con l’informatica, ci stiamo consegnando mani e piedi a Bill Gates visto che il Ministero ha scelto di non avere server di proprietà e tutti i dati sono sui server di Microsoft. La riforma Cartabia è stata devastante, non ha velocizzato niente. Ho letto numeri di riduzione di processi e l’entusiasmo di alcuni commentatori, ma è un successo effimero legato alla chiusura anticipata, nel 2023 ma non replicabile negli anni successivi, di molti dibattimenti perché tanti reati sono divenuti procedibili a querela di parte e questa mancava. Abbiamo chiuso con sentenza tantissimi processi per momentanea irreperibilità dell’imputato; ma si tratta di giustizia creativa, quando li troveremo (e li troveremo quasi tutti, prima o poi, perché non si tratta di Matteo Messina Denaro) dovremo ricominciare da capo: insomma il caos.
Lei amministra giustizia con una enorme scritta alle spalle: la legge è uguale per tutti. È una realtà o un auspicio?
La seconda che ha detto, come direbbe Corrado Guzzanti. L’applicazione della legge finisce inevitabilmente per non essere uguale per tutti, chi ha più soldi e studi legali alle spalle ha vantaggi enormi, gli altri no. Basta un dato per capire. Siamo il secondo Paese in Europa, dopo la Bulgaria, per corruzione reale o percepita ma siamo anche quello che ha il minor numero di detenuti per reati contro la pubblica amministrazione.
Ci racconti qualche passaggio giudiziario della sua giornata, che processi arrivano alla sua attenzione?
In questi giorni un pubblico ministero mi ha chiesto una condanna per appropriazione indebita di un soggetto che aveva ricevuto la fattura e non aveva pagato i lavori di casa. Secondo la pubblica accusa si era impossessato dei suoi stessi soldi! Sommessamente dico che ci vorrebbe un minimo di accortezza in più da parte dei pm, sommessamente.
Lo ha assolto?
Immediatamente.
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