- Il processo penale da remoto è una finzione, il governo con i decreti-legge n. 137 e 149 ha combinato qualche pasticcio e, per alcune ipotesi, ha avanzato misure inaccettabili.
- Per l’appello si è puntato ad una nuova forma ordinaria di conclusioni scritte. La cosa più assurda è la possibilità di celebrare le camere di consiglio da remoto quando non sia richiesta la discussione orale.
Al Governo chiediamo di garantire il dibattimento e le discussioni in presenza. Altrimenti gli avvocati saranno costretti a chiedere sempre la trattazione orale delle cause di appello e a recarsi in cancelleria per depositare gli atti.
Il pericolo del contagio è presente anche nei palazzi di giustizia e nelle carceri. Spesso le strutture giudiziarie sono vetuste, le aule di tribunale non sempre agevolano la pratica del distanziamento. Nelle carceri poi, oltre alla inadeguatezza delle strutture, il fenomeno del sovraffollamento e le regole di necessaria convivenza, certamente drammatiche in situazioni normali, sono un terreno di forte aumento del rischio.
Sono necessarie misure organizzative per la gestione delle attività di udienza che debbono svolgersi in sicurezza con garanzia del distanziamento tra le persone, la disponibilità di mascherine e degli altri presidi. Non possono tenersi udienze con un numero straordinario di imputati, qualora non vi sia la disponibilità di una idonea struttura. Occorre definitivamente prevedere la possibilità per gli avvocati di consultare telematicamente i fascicoli e depositare gli atti via pec, evitando così l’accesso, per ragioni burocratiche o per il pagamento di balzelli, ai palazzi di giustizia. Le misure previste a tutela della salute, se praticate con rigore, consentono lo svolgimento dell’attività giudiziaria contenendo il rischio di contagio.
È necessario varare provvedimenti che riducano il numero dei detenuti. Noi abbiamo proposto, tra l’altro, la detenzione domiciliare per tutti coloro che hanno residui pena inferiori a tre anni, la sospensione degli ordini di carcerazione per il periodo dell’emergenza relativi a condanne fino a quattro anni, l’introduzione della liberazione anticipata speciale di settantacinque giorni.
Gli avvocati, nel loro impegno professionale, praticano ogni misura necessaria alla tutela della salute, anche se spesso vengono incautamente esposti a situazioni di assembramento da provvedimenti dei capi degli Uffici giudiziari che, in tante sedi, si occupano solo di impedire la concentrazione all’interno delle aule ma non considerano la necessità di salvaguardare con misure adeguate anche l’attesa. E, rovescio della medaglia, in altre situazioni si impone la celebrazione di processi con elevato numero di imputati in situazioni logistiche con le quali è incompatibile il rispetto delle regole sanitarie.
Il processo da remoto
Auditi dal Ministro della Giustizia e dalle strutture ministeriali, anche in vista dei recenti provvedimenti, avevamo dato queste semplici indicazioni: rigide misure organizzative a tutela della salute di tutti, consultazione degli atti per via telematica, depositi tramite pec, possibilità di svolgimento di attività di investigazione da remoto con il consenso della persona indagata. E, perché non vi fossero dubbi sui valori in gioco e sul fatto che l’emergenza sanitaria non debba divenire occasione per consentire ai burocrati nemici del sistema accusatorio e del giusto processo di distruggere le regole del contraddittorio e – in nome dell’efficienza – abrogare la collegialità delle decisioni, abbiamo prima verificato e poi proposto una comune sintesi con molte importanti Procure italiane.
Dunque, con l’altra parte del processo abbiamo affermato che l’emergenza Covid-19 non può mai giustificare il venir meno del contraddittorio garantito da oralità e immediatezza e dalla contemporanea presenza dei soggetti del processo al dibattimento; abbiamo invece suggerito quali attività avrebbero potuto svolgersi anche a distanza e con quali garanzie.
Il processo penale da remoto è una finzione. Sullo schermo del Giudice si muovono icone non dialoganti, il teste rende dichiarazioni in sedi di polizia, nessuna vivezza assiste la formazione della prova, le conclusioni cartolari privano il Giudice dell’apporto di quell’attività di persuasione e di dialogo che sono essenziali nell’attività delle parti.
La camera di consiglio a distanza, oltre a legittimi dubbi in punto di segretezza delle comunicazioni e all’impossibilità della condivisione degli atti del processo, è nei fatti la proposizione della decisione monocratica.
Il Governo con i decreti-legge n. 137 e 149 ha combinato qualche pasticcio e, per alcune ipotesi, ha avanzato misure inaccettabili. Le norme sull’accesso telematico e l’impiego di posta elettronica certificata, unitamente ai provvedimenti del D.G.S.I.A. non sono chiare. Per il carcere nessuna nuova soluzione è stata adottata. Per l’appello, poi, si è proceduto ad un vero e proprio sconquasso: innanzitutto si è rovesciata la regola in ordine alla possibilità di non partecipazione all’udienza, puntando così ad una nuova forma ordinaria di conclusioni scritte, alle quali è sì possibile ovviare con la richiesta del difensore o del procuratore generale, ma con meccanismi e termini che si risolvono in veri e propri oneri aggiuntivi e nuove forme di inammissibilità fuori dal catalogo delle previsioni codicistiche. La cosa più assurda è la possibilità di celebrare le camere di consiglio da remoto quando non sia richiesta la discussione orale.
La mutazione dell'appello
Prove generali di mutazione del giudizio di appello, al pari di quello di cassazione, nella forma scritta, sempre più simile alla procedura prevista per le cause civili.
Tale ultima misura ha dell’incredibile e soprattutto è difficile individuarne la paternità. Non è stata oggetto di alcuna interlocuzione con l’avvocatura, nessuna forza politica ne ha rivendicato la proposta, nelle Corti territoriali molti magistrati hanno dato mostra di non condividerne lo spirito al punto da giungere alla sottoscrizione di protocolli d’intesa con l’Avvocatura per la disciplina organizzativa dei processi di appello comunque garantendo la celebrazione della camera di consiglio in presenza al palazzo di giustizia.
L’unico soggetto che non solo l’ha rivendicata ma addirittura ne ha chiesto il peggioramento, proponendo che la domanda di partecipazione del difensore sia oggetto di un vaglio di fondatezza da parte del Giudice (procedura preliminare da svolgersi in presenza o solo cartolare? Il provvedimento definitorio è impugnabile?) è stata la rappresentanza di Anm, che di questo ha inteso occuparsi nel suo travagliato ultimo periodo. La stessa Anm che nell’ultimo anno si è sottratta alle consultazioni comuni con l’Avvocatura ai tavoli ministeriali, preferendo interlocuzioni separate.
Servono modifiche in parlamento
Nel percorso parlamentare di conversione si dovrà porre rimedio alle slabbrature della legislazione di emergenza. Sono stati presentati trasversali emendamenti per l’abrogazione della camera di consiglio da remoto; per la celebrazione del processo di appello, nel periodo dell’emergenza, con le ordinarie forme camerali che consegnano alla parte la decisione di partecipare o non partecipare all’udienza; per introdurre correzioni normative in tema di depositi tramite pec in grado di superare alcuni recentissimi arresti giurisprudenziali, che hanno ritenuto inammissibili, contro lo spirito dell’intervento emergenziale, gli appelli trasmessi con lo strumento della posta elettronica certificata.
Seguiremo con attenzione il dibattito parlamentare, disponibili ad ogni contributo per migliorare la legislazione di emergenza secondo queste direttrici e soprattutto per ottenere una disciplina transitoria che “salvi” il deposito delle impugnazioni da pretestuose inammissibilità.
Sul carcere le proposte sono chiare. La politica faccia tesoro delle proposte dell’avvocatura e dei professori delle università italiane e ascolti gli appelli di Rita Bernardini e di quanti operano negli istituti penitenziari.
Ma è al Governo che subito è richiesta, anche nel percorso parlamentare, una prova di lealtà. Vi è stato un impegno a consentire il deposito degli atti, comprese le impugnazioni, via pec; ciò va ribadito e salvaguardato.
Vi è stato un impegno a garantire le attività dibattimentali e le discussioni in presenza; ciò non può essere aggirato con la camera di consiglio da remoto.
Correggete e cambiate queste norme. Diversamente gli avvocati saranno costretti, a doverosa garanzia dei diritti dei loro assistiti e a tutela della propria dignità professionale a chiedere sempre la trattazione orale delle cause di appello e a recarsi in cancelleria per depositare gli atti. Perché anche nell’emergenza, per il bene di tutti, debbono essere salvaguardate le regole del giusto processo.
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