-
Camera e Senato uscenti devono esprimere i pareri non vincolanti ma necessari, prima che i decreti legislativi possano venire definitivamente approvati.
-
Lo scoglio al Senato, dove si sta approvando il parere sul civile, è il senatore leghista Simone Pillon, che vorrebbe reintrodurre la mediazione obbligatoria nel diritto di famiglia, eliminata nella legge delega al governo.
-
Alla Camera, invece, dove si sta analizzando il decreto delegato sul penale, a mettersi di traverso sono il Movimento 5 Stelle e il deputato di Leu, Piero Grasso.
Nella confusione della campagna elettorale, silenziosamente il lavoro parlamentare prosegue. Delicatissimo è quello delle commissioni Giustizia di Camera e Senato: sui banchi ci sono i decreti attuativi della riforma del civile e di quella del penale, redatti dal governo per adempiere alle due leggi delega approvate nel corso del governo Draghi.
Si tratta di decreti chiave, nell’ottica degli obiettivi del Pnrr. La riforma della giustizia penale e civile, infatti, è uno dei tasselli principali del piano approvato in Europa: il primo passo è stato il sì alle due leggi delega al governo approvate nel 2021, poi nel corso del mese di luglio 2022 il consiglio dei ministri ha dato il via libera anche ai decreti attuativi. I testi, infatti, sono arrivati in consiglio dei ministri anche a camere formalmente sciolte, perché sono stati inseriti tra gli affari correnti che il governo dimissionario ha potuto continuare a gestire.
Perché essi entrino in vigore dando definitiva attuazione alle cosiddette riforma Cartabia, però, manca ancora un passaggio formale: il parere obbligatorio ma non vincolante delle commissioni parlamentari, che deve essere approvato prima dell’insediamento del nuovo parlamento, la cui data di prima seduta è fissata per il 15 ottobre. Senza questo parere, i decreti delegati non potrebbero entrare in vigore e l’iter dovrebbe ricominciare da capo, con il nuovo governo chiamato ad esercitare la delega e quindi a riscrivere i decreti.
L’obiettivo, per via Arenula, è scongiurare questa ipotesi: la riforma Cartabia ha avuto un difficilissimo iter di approvazione, con un paziente lavoro della ministra per mettere d’accordo i partiti di maggioranza, e non arrivare al via libera dei decreti attuativi significherebbe probabilmente cancellarla. La probabile vittoria del centrodestra, con Fratelli d’Italia come partito trainante, infatti, può significare uno smantellamento della riforma: nel programma, infatti, è prevista una riscrittura delle riforme del civile e del penale.
Gli scogli
Attualmente, i lavori per il parere sembrano a buon punto e, pur sul filo della scadenza definitiva delle commissioni, si dovrebbe arrivare in tempo al parere definitivo. I decreti attuativi della riforma del civile sono in commissione al Senato e oggi è prevista la seduta che dovrebbe licenziare il parere.
Un ostacolo, però, è rappresentato dalla presa di posizione del senatore leghista Simone Pillon. La richiesta è quella di prevedere la mediazione obbligatoria in materia di diritto di famiglia, nel caso dell’affidamento dei minori. L’ipotesi, che era stata esclusa al momento dell’approvazione della legge delega, è osteggiata in particolare dal Partito democratico.
La responsabile giustizia e senatrice Anna Rossomando, infatti, ha bollato la formulazione proposta da Pillon come «inaccettabile, perché contrasta con la convenzione di Istambul sulla tutela delle donne e dei minori vittima di violenza, che è sovraordinata alla procedura civile stessa». La mediazione obbligatoria, infatti, prevede che ci venga tentato necessariamente di risolvere la controversia prima del ricorso al giudice.
Fonti interne alla commissione sono fiduciose che l’iter al Senato possa chiudersi rapidamente, anche se palazzo Madama è la sede più ostica: il presidente della commissione Giustizia, infatti, è il leghista Andrea Ostellari e dunque – da rappresentante di un partito che propone di riscrivere le riforme Cartabia – potrebbe tentare un rallentamento di aquesti ultimi passaggi parlamentari.
Anche alla Camera, dove la commissione sta esaminando il decreto attuativo della riforma penale, l’iter è accidentato. In questo caso a puntare i piedi sono il Movimento 5 Stelle e il deputato di Leu, Piero Grasso, che hanno chiesto modifiche sostanziali al testo prodotto dall’ufficio legislativo del ministero e che minacciano il voto negativo.
Se l’obiettivo finale è quello di salvare le due riforme più sostanziali nell’ottica del Pnrr, la caduta del governo ha prodotto una necessaria accelerazione della redazione dei decreti delegati che ha convinto poco non solo alcuni gruppi parlamentari, ma anche l’avvocatura.
«I decreti delegati snaturano alcuni degli aspetti migliori della riforma Cartabia, e ne aggravano le parti peggiori. Ancora una volta i decreti attuativi riscrivono in modo sensibile la volontà del Parlamento consolidata nella legge delega. Il Parlamento reagisca ora, o altrimenti il nuovo Parlamento si impegni ad intervenire», si legge in una nota del presidente delle Camere penali, Giandomenico Caiazza.
A rimanere certamente tagliata fuori, invece, è la riforma dell’ordinamento giudiziario. La legge delega al governo è stata approvata nel maggio scorso e conteneva una parte immediatamente attuativa, che riguardava la legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura. La delega sulla restante parte, che disciplina le porte girevoli tra magistrati e politica e le regole interne del Consiglio, invece, rimarrà non esercitata dal governo uscente e spetterà al nuovo esecutivo, che potrebbe decidere di ricominciare tutto da zero, mettendo su un binario morto gli accordi raggiunti dentro la maggioranza del governo Draghi.
© Riproduzione riservata