Il sottosegretario con delega ai servizi spinge per il nome di Patrono alla guida dell’ufficio che autorizza le intercettazioni preventive. Tutto dipende da come voteranno i togati progressisti
Dopo qualche mese di calma, il Csm torna a essere il luogo in cui si scaricano le tensioni tra esecutivo, istituzioni e giustizia. Sul tavolo della Quinta commissione è arrivata la nomina del prossimo procuratore generale di Roma: ieri si sono svolte le audizioni dei sette magistrati che si sono proposti per il ruolo e domani ci sarà la discussione sui nomi. Se tutto procede senza intoppi, il 15 febbraio si voteranno quelli da presentare davanti al plenum.
A un occhio disattento, il vertice della procura generale di Roma potrebbe apparire come un ruolo di prestigio ma non così fondamentale da essere attenzionato dal governo. Invece, si tratta di un ufficio chiave perché è un necessario punto di passaggio per gli apparati di sicurezza interna. La procura generale di Roma è quella che autorizza tutte le intercettazioni preventive richieste per ragioni di sicurezza nazionale dall’Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi), la cui autorità delegata è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, l’ex magistrato Alfredo Mantovano.
Storicamente in questa sede è stato scelto un magistrato con un profilo di garanzia, gradito in modo trasversale e dunque con una nomina il più possibile unanime tra le due anime del Csm: quella laica scelta dalla politica e quella togata. Invece il Csm a trazione centrodestra si prepara a una battaglia campale su cui sta incidendo – secondo fonti dell’esecutivo ma anche del Consiglio – la pressione sotterranea esercitata da Mantovano, che punta a spingere un nome a lui gradito facendo leva soprattutto sui consiglieri laici di centrodestra. Anche a costo di forzare un equilibrio democratico secondo cui il controllore – la procura generale di Roma – deve essere terzo e indipendente rispetto al controllato – l’Aisi.
Lo scontro sui nomi
In questo momento, i tre candidati di punta per prendere il posto dell’uscente Antonello Mura sono il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato, il procuratore capo di La Spezia Antonio Patrono e Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma.
Il nome cerchiato da Mantovano è quello di Antonio Patrono, al quale è legato da antichi rapporti di amicizia oltre che di colleganza: entrambi facevano parte del gruppo associativo conservatore di Magistratura indipendente. Patrono è magistrato stimato e con un curriculum estremamente competitivo, perché ha già ricoperto due incarichi direttivi e ha all’attivo anche due consiliature da membro del Csm che pesano come indicatore specifico.
Il suo nome è stato caldeggiato a tutti i laici di centrodestra, tuttavia incontra resistenze proprio nella sua ex corrente. Patrono è stato uno dei leader di Mi, ma l’ha poi lasciata per aderire al gruppo fondato da Piercamillo Davigo Autonomia&Indipendenza, con cui si è candidato senza venire eletto all’ultima tornata del Csm. Non solo questo elemento, però, è oggetto di riflessione tra i togati di Mi. Le pressioni di Mantovano rischiano di penalizzare più che favorire Patrono, vista la loro irritualità su una nomina così delicata e collegata al suo ruolo di governo.
Il competitor è Amato, che raccoglie i consensi del gruppo centrista di Unicost, a cui aderisce, ma che sarebbe anche un nome non sgradito a Mi e ad alcuni laici di centrodestra. Sfidante di Nicola Gratteri per la guida della procura di Napoli, anche Amato come Patrono vanta un curriculum pesante, con tre direzioni di cui due in procure distrettuali e la fama di magistrato che si muove con grande prudenza investigativa.
Contro di lui, secondo fonti di palazzo Chigi e del Csm, si è però abbattuto l’astio di Mantovano con una motivazione strettamente legata alle sue iniziative giudiziarie. Amato è stato il pm che ha archiviato l’indagine su Marco Cappato che, con altri due membri dell’associazione Luca Coscioni, aveva portato una malata di Parkinson a morire in Svizzera.
Decisione considerata inaccettabile dal potente sottosegretario, molto legato al mondo cattolico conservatore. I due nomi forti della competizione provengono entrambi dalla magistratura di area più moderata. Prestipino, invece, è il meno connotato a livello di corrente ma anche l’unico che non ha mai svolto per intero un incarico direttivo. Però il suo nome gode dell’appoggio dei gruppi progressisti di Area e Magistratura democratica.
L’esito del voto è impossibile da prevedere e la competizione è aperta. Con buona probabilità, tutti e tre i nomi arriveranno davanti al plenum ma lì – secondo fonti del Csm – la sfida non potrà che essere a due tra Patrono e Amato, per ragioni di curriculum. Per questo l’ago della bilancia nel braccio di ferro ingaggiato da Mantovano sono le toghe progressiste.
Teoricamente Patrono può contare sui 7 laici di centrodestra e su una parte dei 7 togati di Mi. Amato, invece, ha i voti dei 4 togati di Unicost, i restanti di Mi e di almeno un laico. Determinanti saranno gli otto voti progressisti che, se decidessero di convergere comunque su Prestipino, aprirebbero la strada alla nomina del candidato favorito di Mantovano.
© Riproduzione riservata