Consigliere Marcello Basilico, al Csm si è decisa la pubblicazione di un bando straordinario per la magistratura di sorveglianza. Inevitabile legarla alla situazione critica delle carceri.

La scelta va oltre la contingenza, anche se non vi è estranea. La situazione carceraria è determinata da fattori che riguardano sovraffollamento ed edilizia, tipologia della popolazione detenuta e condizione del personale. Rispetto a questi fattori il ruolo della magistratura è indifferente, vorrei dire che essa li subisce al pari delle altre categorie anche se, ovviamente, in misura incomparabilmente minore.

Ma, dopo che per due anni la mobilità dei magistrati ha guardato agli obiettivi del Pnrr, con questo bando il Csm torna a guardare a un settore fondamentale per la tutela di diritti garantiti dalla Carta, ma poco garantiti: quelli dei detenuti, dei loro familiari e, a seguire, quelli legati alle condizioni di lavoro della polizia penitenziaria e del personale amministrativo che opera all’interno di istituti spesso invivibili.

Cosa significano più giudici di sorveglianza, per il sistema carcere?

Con 1.729 vacanze sui 10.853 magistrati in organico, non potevamo coprire tutti i vuoti presenti negli uffici di sorveglianza. L’incremento parziale però renderà più celeri le procedure e le risposte alle istanze dei detenuti. Soprattutto consentirà ai magistrati di tornare a visitare le carceri, ad ascoltare i detenuti, a parlare coi direttori e il personale, a constatare di persona lo stato della detenzione. Tutto ciò lo abbiamo scritto anche in delibera, perché il carcere ha bisogno della giurisdizione, di un’autorità indipendente che tenga viva quella speranza che la Costituzione vuole accesa per coloro che hanno perduto un bene prezioso quale è la libertà.

Come considera la risposta del governo davanti all’emergenza carceri, tra sovraffollamento e suicidi?

Insufficiente, se non insidiosa. Sarebbe scorretto scaricare sull’attuale governo ogni responsabilità di una situazione fuori controllo da tempo. Ma le misure recenti, come l’intervento sulla liberazione anticipata, avranno un’efficacia solo apparente. Anzi, dal nostro angolo visuale creeranno maggiori scompensi sul piano della tempestività della risposta giudiziaria alle istanze dei detenuti. Tecnologicamente siamo all’età della pietra. Manca un sistema informatico che permetta di ricostruire i percorsi dei detenuti e di condividere tra magistrato di sorveglianza e singolo istituto di pena le informazioni sui periodi di carcerazione di ciascuno.

Come valuta il ddl Sicurezza con i nuovi reati introdotti?

La risposta sta già nella domanda, se guardiamo allo stato delle carceri. Tra l’altro si sta accrescendo il solco, già ora profondo e unico nell’Europea occidentale, tra categorie sociali a rischio di incarcerazione e categorie che ne vanno esenti anche quando delinquono. La sola idea che un colletto bianco, anche quando sia stato condannato per gravi reati economici, tributari o contro l’amministrazione pubblica, debba scontare la pena in una cella a contatto con un’umanità degradata viene vissuta in Italia come una stravaganza. Colpa dello stato vergognoso dei nostri istituti, ma anche colpa dell’idea che nel carcere debbano essere confinati gli ultimi della società, quelli per i quali la sofferenza conta meno.

Intanto il governo tira dritto sulla separazione delle carriere. Teme le conseguenze?

Certo che le temo. Intanto non parliamo più di “carriere”, per favore, perché i magistrati non ne hanno! La Costituzione li vuole distinti tra loro solo per funzioni. Quelle tra pm e giudice sono già separate di fatto. È ovvio quindi paventare che la riforma finisca nei fatti per limitare l’indipendenza dei pubblici ministeri. Timore confermato dall’insofferenza che parte della politica mostra verso le indagini e le decisioni dei giudici che vadano contro l’ordine costituito o gli obiettivi di governo. Se aggiungiamo l’intervento che si vorrebbe compiere sul Csm, cioè sull’organo deputato a garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, l’equazione diventa quasi matematica.

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