Il dicastero di via Arenula è poco citato dalle ricostruzioni giornalistiche sulla composizione del nuovo governo, eppure è centrale nell’organigramma dei ministeri “pesanti” su cui è necessaria la concertazione del Quirinale. Bongiorno potrebbe ottenerlo solo se Salvini non andrà al Viminale, e gli azzurri rimangono in attesa
Sono ore delicate per la composizione della squadra del prossimo governo. Il lavorio è ancora tutto sottotraccia: la macchina parlamentare e le audizioni al Quirinale sono attese per le prossime settimane, ma Giorgia Meloni non può permettersi di arrivare impreparata.
Per questo la composizione della squadra di ministri con cui si presenterà davanti a Sergio Mattarella per governare è delicata e fondamentale.
Una delle caselle chiave è quella del ministero della Giustizia, che insieme a Interni, Esteri, Difesa ed Economia sono considerati dalla prassi quelli di peso, su cui l’esame del Colle è più attento e la cui distribuzione va pesata tra gli alleati.
Nordio avanti
Il nome più gettonato è quello anche più scontato: il magistrato veneto Carlo Nordio, voluto fortemente da Meloni in lista ed eletto in un seggio sicuro alla Camera nella sua Treviso.
Notissimo tra le toghe, soprattutto per le sue posizioni molto critiche nei confronti della sua stessa categoria di appartenenza, è tuttavia un uomo molto considerato e ascoltato nel panorama della destra.
Il suo sarebbe il profilo perfetto sulla carta, nella pratica però i suoi detrattori ne sottolineano i limiti concreti.
Il primo: è un ex magistrato non particolarmente amato dalla sua stessa categoria e a via Arenula lavorano circa un centinaio di magistrati fuori ruolo. Tradotto: i ministeri sono macchine complesse e avere contro una parte della struttura interna potrebbe portare alla paralisi.
Il secondo: è un indipendente, difficilmente controllabile anche dalla stessa Meloni. Basti pensare alle numerose interviste rilasciate in campagna elettorale, in cui ha parlato della necessità di reintrodurre l’immunità parlamentare, che poi ha richiesto una frenata da parte del diretto interessato e da Fratelli d’Italia, visto che il tema non è mai stato concordato con gli alleati.
Per tutta la vita Nordio è stato un battitore libero, quindi dargli il timone del ministero della Giustizia vorrebbe dire sì avere un giurista abile e con un disegno preciso su come riformarla - a partire dalla separazione della carriere – ma anche un ministro difficilmente piegabile a esigenze politiche contingenti.
Bongiorno aspetta
L’altro nome che circola nei gruppi ristretti è quello dell’avvocata Giulia Bongiorno. Il suo nome viene più spesso collocato nella casella del ministero senza portafoglio della Pubblica amministrazione, dove già è stata durante il governo giallo-verde.
Tuttavia, l’ambizione della penalista sarebbe quella di approdare a via Arenula, in un dicastero di peso in cui saprebbe muoversi con la concreta conoscenza della materia.
Il suo nome, però, è strettamente legato a quello del suo assistito più noto, Matteo Salvini.
Prassi istituzionale vuole che Giustizia e Interni non siano mai assegnati allo stesso partito per una ragione precisa: «Governandoli entrambi, una sola forza politica controllerebbe il novanta per cento delle forze di polizia», spiega una fonte interna al ministero.
Salvini non ha mai fatto mistero di voler tornare al Viminale e sta provando a imporlo all’alleata Meloni, dunque tutto dipenderà da questo braccio di ferro: se la premier in pectore terrà duro sul no – ben sapendo che portare davanti a Mattarella un ex ministro ancora sotto processo per la sua passata gestione del ministero – qualcosa alla Lega dovrà restituire. E una ipotesi sarebbe proprio quella della Giustizia.
Tuttavia, anche sul nome di Bongiorno lo scetticismo c’è: certamente è una penalista di fama e preparata, tuttavia proprio il fatto che in questa fase è il difensore di Salvini potrebbe giocare contro di lei in una valutazione complessiva.
Forza Italia spera
La terza ipotesi, allora, sarebbe quella di un nome di Forza Italia.
Pur non circolando nomi, gli azzurri rimangono in attesa di vedere l’evoluzione della situazione. Una fonte ex democrisitiana interna al partito ha spiegato la strategia: «Facciamo come nella prima repubblica, non dobbiamo assolutamente muoverci in questa fase. Nessuna telefonata e nessun nome deve essere fatto prima del tempo. Non è ancora il tempo delle decisioni vere e proprie: la corsa ai ministeri è una maratona, non i cento metri».
La speranza è quella che i nomi attualmente usciti vengano bruciati nel tempo necessario per comporre il governo e che Forza Italia possa puntare ad acquisire questo dicastero così centrale. Anche perchè l’aspettativa, visto che tra FI e Lega corre solo qualche decimale di differenza nei voti, è che Meloni redistribuisca equamente gli incarichi.
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