«Non sempre vi è un rapporto di causalità» tra suicidi in carcere e sovraffollamento, ha detto il ministro per la Giustizia, Carlo Nordio, in una recente intervista. Forse questo è il motivo per cui il guardasigilli non solo non vara un provvedimento per ridurlo con effetti immediati, ma addirittura introduce nuovi reati e inasprimenti di pene che sono destinati a peggiorarlo.

Il decreto Carceri

Il decreto-legge Carceri, che secondo il ministro dovrebbe ridurre il sovraffollamento, di fatto non contiene misure idonee a produrre sollecitamente tale risultato. Ad esempio, si prevede la creazione di un elenco di strutture per l’accoglienza e il reinserimento sociale, nelle quali eseguire misure alternative alla detenzione per tossicodipendenti e persone senza fissa dimora. Ma per varare la disciplina dell’elenco occorreranno almeno sei mesi, previsti dal decreto, e i passaggi burocratici necessari per l’operatività delle strutture non la renderanno rapida.

Un’altra misura contro il sovraffollamento è la semplificazione della liberazione anticipata. Il pubblico ministero, nell’ordine di esecuzione, calcolerà il termine della pena risultante dalle detrazioni previste in caso di buona condotta, 45 giorni ogni 6 mesi.

Mentre finora era il detenuto a presentare istanza per il riconoscimento dello sconto, con la nuova norma esso sarà concesso d’ufficio dal magistrato di sorveglianza, se il detenuto ha partecipato all’attività di rieducazione.

Ma ammesso che vi sia un’effettiva semplificazione – cosa di cui dubitano diversi giuristi e magistrati, i quali anzi affermano che si produrrà ulteriore burocrazia – i giorni di sconto restano invariati, per cui non si otterrà un immediato sfoltimento delle presenze in carcere.

Servirebbero misure tempestive ed efficaci, non pannicelli caldi che produrranno effetti tra mesi e anni. Solo la proposta di legge di Roberto Giachetti, scritta con Rita Bernardini e l’Associazione Nessuno Tocchi Caino, ridurrebbe subito il sovraffollamento, aumentando i giorni di premialità da 45 a 60. La proposta sarà discussa oggi in Aula e, data la possibilità di voto segreto, non si esclude sia appoggiata da esponenti di Forza Italia.

Il disegno di legge Sicurezza

«L’idea di poter risolvere tutto con il codice penale è solo propaganda, pericolosa demagogia», scriveva Nordio in un libro del 2010. Peccato che oggi, da ministro, con il disegno di legge Sicurezza vada in direzione opposta, introducendo norme che aggraveranno il sovraffollamento e la situazione di invivibilità delle carceri.

Il testo qualifica come crimini forme di mera resistenza passiva e non violenta, attuate negli istituti di pena o nei centri di permanenza per i rimpatri. Per giurisprudenza consolidata non sono penalmente rilevanti forme di protesta civili che non creano pericolo all'ordine pubblico ed esprimono dissenso civile e ordinato rispetto a singoli provvedimenti. Ma la norma del ddl Sicurezza le criminalizza comunque.

Una norma prevede il carcere, e non più solo una multa, per chi blocca una strada. Pacifici sit-in di studenti che fermano il traffico davanti alla scuola, manifestazioni di protesta finora libere, potranno essere considerati reato.

Una più lunga permanenza in carcere potrà conseguire dall’aggravante prevista per qualunque reato commesso «all'interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all'interno dei convogli adibiti al trasporto di passeggeri». Luigi Manconi l’ha definito come un «panpenalismo toponomastico», ricordando pure che nei primi 20 mesi di governo sono state introdotte o sono in procinto di esserlo ben 17 nuove fattispecie penali.

Anche in caso di «violenza o minaccia» a un pubblico ufficiale per protestare contro «la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica», si introduce un'aggravante della pena, detta anti No-Ponte, con conseguente ampliamento del periodo di reclusione.

Ancora, si rende facoltativo l’attuale obbligo di rinvio della pena per le donne in gravidanza o con figli sotto l’anno. Ciò, oltre a violare un principio di civiltà e non tutelare i diritti dei minori, aggraverà la situazione delle strutture per la custodia di chi si trovi in tali situazioni.

Nordio ha di recente dichiarato che il sovraffollamento non è dovuto «a una decisione governativa: è il magistrato che decide dello status libertatis». Ma se il ministro continua a inventare nuovi reati e a disporre aggravamenti di pena, il magistrato non può che conformarsi. Assumersi qualche responsabilità, ogni tanto, sarebbe necessario.

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