In aula il ministro ha detto che «le osservazioni dell'opposizione ricordano i libelli dell'inquisizione» e «il sospetto che tutti questi attacchi siano programmati per evitare la riforma», ma «quali che siano gli attacchi, giudiziari, di stampa o parlamentati, noi non vacilleremo e non esiteremo: la riforma va avanti e saremo determinati»
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la settimana della giustizia ha avuto al centro la mozione di sfiducia – respinta – al ministro Carlo Nordio. L’esito era scontato, il tema però non è esaurito. La mozione, infatti, si incentrava sul caso Almasri, il torturatore libico rimpatriato su cui è in corso una inchiesta della Corte penale internazionale ed è al lavoro anche il tribunale dei Ministri.
La mozione contro Nordio
L’Aula della Camera ha respinto con 215 voti la mozione di sfiducia al Guardasigilli Carlo Nordio, presentata dall'opposizione dopo il caso del generale libico Almasri. Al voto non ha partecipato Azione, sfilandosi dalla linea delle opposizioni.
In aula il ministro ha detto che «le osservazioni dell'opposizione ricordano i libelli dell'inquisizione» e «il sospetto che tutti questi attacchi siano programmati per evitare la riforma», ma «quali che siano gli attacchi, giudiziari, di stampa o parlamentati, noi non vacilleremo e non esiteremo: la riforma va avanti e saremo determinati».
Intanto la riforma della giustizia, prosegue, la commissione giustizia del Senato ha espresso parere favorevole alla riforma e l'atto è stato trasmesso in quella per gli Affari Costituzionali. Per il viceministro della giustizia, Francesco Paolo Sisto «è stato effettuato un altro passo che ci avvicina alla meta, a quel grande cambiamento che vogliamo portare nel Paese».
L’Anm al Quirinale
Nello stesso giorno della mozione contro Nordio, l’Anm si è recata in visita al Quirinale e qui il presidente Cesare Parodi ha manifestato tutti i suoi timori: «Abbiamo espresso la nostra preoccupazione per i frequenti attacchi rivolti alla magistratura negli ultimi mesi» e «abbiamo avuto modo di evidenziare quelle che a nostro avviso sono le criticità che porterebbe l'adozione di determinati interventi di rango costituzionale sulla tutela dei diritti dei cittadini, ribadendo le ragioni tecniche della non condivisione delle modifiche che la riforma vorrebbe apportare».
All’uscita, Parodi ha risposto a distanza a Nordio, dicendo che «il ministro ha pieno diritto di andare avanti con la riforma e noi continueremo nei limiti del possibile a manifestare il nostro pensiero, del resto non è accaduto nulla per farci cambiare idea».
All’incontro è seguita una polemica interna da parte del gruppo Articolo 101. «Abbiamo appreso dagli organi di stampa dell'incontro del presidente della Repubblica con la Giunta esecutiva centrale dell'Anm», hanno scritto gli eletti del gruppo, e «dispiace constatare come non sia stata coinvolta, ancora una volta, la componente di ArticoloCentouno, che da svariati anni conta rappresentanti di centinaia di colleghi, democraticamente eletti in seno al Comitato direttivo centrale dell'Anm». E «stupisce che la minoranza di ArticoloCentouno dentro l'Anm sia stata dimenticata in tale occasione di incontro istituzionale, essendosi più volte pubblicamente pronunciata in favore di una autoriforma effettiva del Consiglio superiore della magistratura, sposando l'opzione del sorteggio come metodo di selezione dei membri del Csm».
Il disciplinare delle toghe
In settimana si è anche animato il dibattito interno all’ipotesi di un disegno di legge che preveda come illecito disciplinare per le toghe l’espressione della loro opinione politica. L’idea è stata esclusa dal ministro Nordio, il quale ha detto che «non è una questione all'ordine del giorno» ma «si tratta piuttosto di una riflessione che facciamo da tempo sul fatto che alcuni di loro si esprimono in termini rudi e aggressivi, come avvenuto di recente nei confronti di esponenti del governo, e su quali possono essere le conseguenze: in questo momento però non c'è nulla di concreto».
Sulla questione del disciplinare è da tempo in corso una polemica, con una parte della maggioranza e anche il ministro che sostengono ci sia un problema di efficacia e le toghe che dissentono. ««Non esiste una giustizia disciplinare addomesticata, se non nelle intenzioni di chi vuole sfruttare anche questo argomento per gettare discredito sulla magistratura, specie se si cerca di confondere la valutazione sull'ingiusta detenzione con quella disciplinare, che hanno presupposti completamente differenti che solo occasionalmente possono coincidere», ha detto Parodi, sottolineando che nel 2024 il Csm ha comminato sanzioni disciplinari pari a oltre tre volte quelle comminate in Francia.
Di opinione opposta il deputato azzurro Enrico Costa: «Il dibattito sulle sanzioni disciplinari ai magistrati è inutile e fuorviante. Non c'è affatto bisogno di introdurre nuove fattispecie. Basta applicare quelle che già ci sono e cancellare la clausola salvifica che consente di assolvere per scarsa rilevanza del fatto, una spugna con cui cancellare discrezionalmente comportamenti gravi. Basti pensare che il Pg della Cassazione archivia il 95% delle segnalazioni, al ministero della Giustizia l'istruttoria è delegata a magistrati fuori ruolo, con prevedibili risultati vicini allo zero, il Csm in un anno pronuncia poco piu' di venti condanne l'anno (24 nel 2024). Si pensi che periodo 2017-2024 abbiamo avuto 5933 ingiuste detenzioni risarcite dallo Stato. Sono stati pagati 254,5 milioni di euro. Le azioni disciplinari avviate verso i magistrati responsabili sono state 89, con il seguente esito: 44 non doversi procedere; 28 assoluzioni; 8 censure; 1 trasferimento; 8 ancora in corso. Quindi in totale, su 5933 errori, solo 9 condanne, sanzionato lo 0,15% degli errori».
Caso Esposito, le condanne disciplinari
Il Csm ha condannato disciplinarmente il sostituto procuratore di Torino Gianfranco Colace e il Gip Lucia Minutella, che disposero le intercettazioni telefoniche nei confronti del senatore dem Stefano Esposito senza aver prima chiesto l'autorizzazione parlamentare, nell’ambito dell’indagine “Bigliettopoli”, con al centro la cessione di biglietti omaggio per spettacoli in cambio di favori. Le intercettazioni illecite erano state disposte tra il marzo 2015 e il marzo 2018 mentre Esposito parlava con l'imprenditore e amico Giulio Muttoni, accusato di corruzione. Dopo quasi sette anni di processo, Esposito è stato infine assolto.
Colace è stato sanzionato con trasferimento, passaggio alla funzione civile a Milano e perdita di anzianità di un anno, la seconda con la censura. L'accusa per i due magistrati torinesi era di «grave violazione di legge, determinata da ignoranza o negligenza inescusabile».
La linea difensiva dei due incolpati, sostenuta dal procuratore aggiunto di Roma Giuseppe Cascini e l'avvocato Marcello Maddalena, già procuratore generale del Piemonte, è stata di chiedere l’assoluzione. Secondo Cascini, Minutella è stata accusata «di aver usato come prove le intercettazioni in una fase in cui in realtà non vengono utilizzate, ma la gip ha deciso ragionando, citando la giurisprudenza della Cassazione». Colace, invece, secondo Maddalena «ha chiesto semplicemente che fra le fonti di prova di un procedimento con decine di indagati ci fossero le intercettazioni telefoniche, ma non ne ha mai utilizzata una».
Intercettazioni
Dopo il via libera al ddl intercettazioni, che ne limita l’utilizzo, il ministro è tornato sulle critiche dell’Anm, secondo cui i 45 giorni di tempo per le intercettazioni rischiano di provocare il blocco di alcune indagini. «Le intercettazioni possono essere prorogate ogni 45 giorni anche per più di un anno quando emergono indizi concreti e sufficienti per la proroga mentre attualmente si agisce a strascico, queste intercettazioni continuano senza motivazione che non sia quella cartacea e stereotipata che molto spesso il gip da' alle domande del pubblico ministero».
Sulla questione delle intercettazioni è intervenuto con un commento anche il presidente dei professori di diritto penale, Gian Luigi Gatta, il quale ha sottolineato una incoerenza nelle scelte del legislatore: «Il 7 marzo viene presentato il disegno di legge governativo che introduce il delitto di femminicidio; il 19 marzo viene approvata la legge che limita a 45 giorni la durata delle intercettazioni anche per il delitto di femminicidio in via di introduzione. E' il risultato del combinato disposto di una politica in materia penale che - in ogni caso con interventi non improntati ad equilibrio delle soluzioni - si mostra un giorno smaccatamente populista e, il giorno dopo, marcatamente garantista». Secondo Gatta, «è incoerente puntare sull'arma della pena, introducendo reati e aumentando le pene (consentendo le intercettazioni), e poi spuntare l'arma delle intercettazioni per l'accertamento di quegli stessi reati. Paradossalmente, la proposta di legge può indebolire l'azione di repressione delle forme di criminalità comune, contro le quali sono diretti i più recenti interventi normativi».
Violenza negli istituti minorili
Dopo i numerosi episodi di violenza negli istituti minorili, l’ultimo dei quali al Beccaria di Milano, è intervenuto il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari, il quale ha detto che «esiste un problema di violenza che sta determinando un aumento dei numeri dei nostri detenuti minori».
Poi ha citato i numeri: «Quando siamo arrivati nel 2022 c'erano 380 detenuti, oggi siamo arrivati a 611, con picchi di 630. Con questo numero crescente è difficile garantire percorsi di vera rieducazione ed educazione nei confronti dei giovani adulti». Nei minorili italiani il 51% dei ragazzi è di origine straniera, la maggior parte dei quali non accompagnati.
Ha differenza di come sostenuto dagli operatori del settore, per Ostellari il decreto Caivano non c'entra: «L'aumento dei detenuti è determinato dall'aumento della violenza, stupri, tentati omicidi, omicidi. Prima di affermare che la responsabilità sarebbe dall'ultimo decreto Caivano invito a guardare i numeri. Siamo preoccupati per questa escalation».
Sul tema della violenza sui minori, trovate qui l’intervista alla magistrata minorile Paola Ortolan.
L’osservatorio di Napoli per i giudici di pace
È stato firmato un protocollo per l'istituzione dell'Osservatorio distrettuale permanente relativo agli Uffici del Giudice di Pace presenti nel Distretto della Corte d'Appello di Napoli, presieduto dalla Presidente della Corte d'appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli. L'intesa è stata sottoscritta anche dai Presidenti dei Tribunali di Napoli, Avellino, Benevento, Napoli Nord, Nola, Santa Maria Capua Vetere, Torre Annunziata, dai Presidenti dei Consigli dell'Ordine degli Avvocati del Distretto, dal Dirigente Amministrativo dell'Ufficio del Giudice di Pace di Napoli, dal Dirigente del Cisia sede di Napoli.
«Nella prima riunione costitutiva dell'Organismo i lavori sono stati immediatamente avviati con l'individuazione delle principali problematiche e la predisposizione di una tabella di marcia serrata che, partendo dalla raccolta dei dati rilevanti e delle istanze più urgenti, condurrà all'individuazione delle linee d'azione», si legge nella nota.
Del resto il distretto è in questo momento al centro di grandi difficoltà nella gestione degli uffici del giudice di pace, come raccontato nell’ultima newsletter.
Anno giudiziario del Cnf
Lunedì 7 aprile alle 10.15 si svolgerà l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2025 del Consiglio Nazionale Forense presso l'Auditorium Antonianum di Roma. La cerimonia si aprirà con la relazione inaugurale del presidente del Consiglio Nazionale Forense, Francesco Greco. Seguiranno gli interventi del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, del Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Fabio Pinelli e della Prima Presidente della Suprema Corte di Cassazione, Margherita Cassano. Al termine della cerimonia di inaugurazione, presso la Basilica di Sant'Antonio in Laterano in via Merulana, sarà celebrata una Santa Messa in suffragio del Presidente Emerito del Cnf, Guido Alpa, nel trigesimo dalla sua scomparsa.
L’evento in Cassazione
Il 1 aprile 2025, presso l’Aula magna della Corte di Cassazione a partire dalle 11 del mattino, il comitato Pari Opportunità della Suprema Corte ha organizzato l’evento “Si va in scena! Articolo 27 comma 3 della Costituzione: valore e attuazione della rieducazione della pena”. Parteciperanno, con due rappresentazioni teatrali, le compagnie teatrali “Le donne del muro alto” e “Teatro libero di Rebibbia” e si svolgeranno due tavole rotonde sul lavoro del Cpo, introdotte dalla prima presidente di Cassazione, Margherita Cassano e dal procuratore generale Pietro Gaeta.
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