Che tra il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, e il vicepresidente del Csm, David Ermini, i rapporti fossero interrotti ormai da anni era cosa nota. Ora, però, lo scontro rischia di trasferirsi in tribunale: dopo aver letto le anticipazioni del suo nuovo libro i Mostri, Ermini ha annunciato querela per diffamazione a Renzi. La ragione formale è che l’ex premier - nella parte del libro in cui ricostruisce i fatti realtivi alla loggia Ungheria e ai verbali trafugati dalla procura e arrivati al Csm per mano di Davigo - scrive che Ermini ha distrutto «materiale ufficiale proveniente dalla procura di Milano», eliminando così «il corpo del reato».

Il riferimento è al fatto che Ermini, informato da Davigo dell’esistenza dei verbali sull’esistenza della loggia Ungheria dell’ex avvocato esterno di Eni, Piero Amara, e ricevutane copia, ha poi distrutto i documenti. Renzi ricorda questi fatti per esprimere un giudizio politico negativo sull’ex compagno di partito. Ermini, che della distruzione delle carte ha parlato pubblicamente, ha definito le parole di Renzi «temerarie e false», perchè le carte consegnate da Davigo non erano i veri verbali ma solo «copia informale, priva di ufficialità, di origine del tutto incerta e in quanto tale senza valore e irricevibile». Renzi ha subito risposto: «Confermo tutto e rilancio».

Lo scontro si preannuncia duro (e probabilmente Ermini non sarà l’unico a promettere querele dopo aver letto integralmente il libro), ma che tra i due questo sia solo l’ultimo atto di uno scontro in corso da tempo è altrettanto noto.

La vecchia amicizia

L’amicizia risale a più di vent’anni fa, quando sia Renzi che Ermini militano nel partito popolare fiorentino, poi nel 2004 il primo diventa presidente della provincia e il secondo è il suo capogruppo in consiglio con la Margherita.

Nel 2009 Renzi passa al comune di Firenze ed Ermini diventa presidente del consiglio provinciale. Infine, nel 2013, entrambi arrivano a Roma: Renzi è segretario del Pd e poi diventa presidente del Consiglio, lo nomina responsabile Giustizia del partito e qui i rapporti iniziano a incrinarsi.

Tanto che la delega gli viene tolta, con l’accusa di aver preso le distanze dal gruppo di fiducia del premier e di essersi invece avvicinato alla sinistra più vicina ad Andrea Orlando. E’ così che nel 2018, quando Ermini viene eletto laico di minoranza al Csm, lo scontro politico interno al Pd e l’ex magistrato Luca Palamara fanno sì che lui arrivi al vertice di palazzo dei Marescialli. Renzi inizialmente avalla la scelta, poi però nelle fasi politiche successive scarica anche pubblicamente l’ex amico.

Palamara

Il racconto di come la nomina è avvenuta, oltre che nel libro di Renzi, è anche nel Sistema di Palamara. Secondo il racconto dell’ex toga, nel 2018 lui viene sondato dall’allora segretario del Pd, Maurizio Martina, per sostenere la nomina al Csm in quota Pd di Massimo Luciani. Uno degli interlocutori di Palamara, però, è il braccio destro di Renzi, Luca Lotti. In quel momento Renzi è in fase calante dopo la sconfitta al referendum ma ha comunque scritto le liste del Pd per le elezioni del 2018, quindi la nuova segreteria controlla poco i gruppi parlamentari.

Lotti, in ottica di scontro interno al Pd, con Palamara si oppone alla nomina Luciani e con Renzi, approfittando della confusione interna al partito e della loro superiorità numerica in parlamento, fa eleggere Ermini. Questo racconta la versione di Palamara, avallata anche da Renzi nel suo libro: pur di sbarrare la strada ai grillini al vertice del Csm, Palamara insieme al deputato ed ex capocorrente Cosimo Ferri organizzano la convergenza e si svolgono alcune cene per costruirla, tra laici e togati. Servono però 13 voti per essere eletti e Palamara racconta di aver detto a Ermini che «per essere sicuri di arrivare a tredici dovrà votarsi anche lui. So che non è bello – gli dico – ma così è. E lui lo farà».

La votazione finisce 13 a 13 con il laico M5s e per anzianità viene eletto Ermini. Così si conclude il racconto di Palamara e comincia l’attacco politico di Renzi: «L’ho visto prendere le distanze alla velocità della luce da un metodo – quello dell’accordo tra Palamara e Ferri con Lotti come interlocutore politico – che era lo stesso per il quale lui era stato votato».

Con queste parole nasce l’ultimo scontro tra i due: ne i Mostri Renzi si toglie anche l’ultimo sfizio di criticare l’ex compagno politico. Ermini, che fino ad oggi ha opposto un silenzio istituzionale alle critiche di Renzi (già presenti anche nel precedente libro Controcorrente) ora ha deciso di passare alle carte bollate, con probabile avallo anche del Quirinale che – da vicepresidente del Csm – è il suo riferimento istituzionale.

Esiste tuttavia un dato da considerare: la nomina dei consiglieri laici al Csm è per sua natura governata dalla politica e quindi frutto di accordi o scontri tra correnti. Allo stesso modo, proprio perchè il vicepresidente del Consiglio è sempre uno dei laici, anche la sua scelta è frutto di convergenza politica tra i gruppi associativi dei togati e i partiti che i laici rappresentano.

Per questo, secondo ricostruzioni interne al Pd, sarebbe improprio sovrapporre il nome di Ermini al “Sistema Palamara”, che consisteva invece nell’influenzare le nomine dei togati e dei dirigenti negli uffici giudiziari. Tuttavia, una certezza c’è: Renzi sta andando allo scontro totale non solo contro i magistrati, ma anche con il suo ex mondo politico.

 

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