Per iscriversi alla newsletter di giustizia, clicca qui
Care lettrici, cari lettori
la settimana della giustizia è caratterizzata dal dibattito sul dl Giustizia, che doveva contenere l’aggravio disciplinare per i magistrati in caso di mancata astensione e che invece, in approvazione oggi in cdm, è saltato.
Anche il Csm è alle prese con un dossier delicato: in settimana si è svolto il plenum sul testo unico in materia di nomine: il voto è stato rimandato al 3 dicembre e si annuncia già una netta spaccatura.
Come approfondimento, il filosofo Mariano Croce spiega perché le democrazie esecutive hanno paura dei giudici.
Io, invece, ho intervistato l’ex giudice e presidente della Camera, Luciano Violante, che è entrato nel merito del confronto tra politica e giustizia e ha spiegato che, secondo la sua visione, «ogni tanto le toghe dovrebbero preferire il silenzio».
Dl Giustizia
Il decreto legge sulla Giustizia è stato approvato, ma senza il nuovo illecito disciplinare anticipato dal governo e poi cancellato in extremis.
All’articolo 4, infatti, era inizialmente previsto di introdurre un nuovo illecito disciplinare, ampliando l’attuale previsione normativa. Il dl del 2006 prevedeva come illecito disciplinare «la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge». A questo si sarebbe dovuto aggiungere, ai casi «in cui è espressamente previsto dalla legge l’obbligo di astenersi», anche il dovere di astensione «quando sussistono gravi ragioni di convenienza». La formula utilizzata per il disciplinare è la stessa del codice di procedura civile, che disciplina l’astensione dei giudici, facoltativa «in ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza».
L’effetto, dunque, sarebbe stato quello per cui disciplinarmente ci sarebbe stato l’obbligo di astensione in caso di «gravi ragioni di convenienza», civilmente invece la facoltatività.
Fino ad oggi la Cassazione ha interpretato la “convenienza” – prevista nel codice di procedura civile – come la «presenza di un conflitto di interessi», ma la norma disciplinare non sarebbe stata chiara sul punto.
Nel riflettere sulle norme, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, aveva detto che «un magistrato ha il dovere di astenersi non soltanto nelle ipotesi tassativamente previste dai codici, ma anche quando un buon senso di responsabilità e deontologia gli fa capire che si è espresso in un determinato settore in un certo momento è bene che non si pronunci nel provvedimento giurisdizionale sul medesimo oggetto». E ancora «il magistrato ovviamente ha libertà di pensiero però più parla e più si espone al rischio di minare la sua credibilità».
Gli aveva risposto il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia: «I magistrati non devono parlare dei procedimenti dei quali sono assegnatari, sui temi generali perché non devono parlare?» e aggiunto che Nordio stesso, «dal 1992 al 2022, come magistrato in pieno servizio, ha fatto l'editorialista per vari giornali occupandosi di temi di giustizia».
Ora è tutto saltato, forse anche per distendere il clima.
Nel dl Giustizia è prevista invece la proroga dell’incarico del commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria - figura introdotta dal dl Carceri - fino al 31 dicembre 2026. E ancora: la proroga del termine per le elezioni dei consigli giudiziari e del consiglio direttivo della Corte di cassazione e novità sugli incarichi dei giudici onorari di pace.
Plenum straordinario sulle nomine
Il Csm si è riunito in plenum straordinario per votare il nuovo testo unico sulle nomine. Sul tavolo due proposte: la A, che garantisce maggiore autonomia decisionale al Csm pur con ritocchi, è sostenuta dall’inedita alleanza di Area e Magistratura indipendente, cui hanno detto che si assoceranno nel voto anche la prima presidente di Cassazione Margherita Cassano e il procuratore generale Luigi Salvato; la proposta B (spiegata in questa intervista dal togato Michele Forziati), che prevede l’introduzione di un meccanismo a punteggi e quindi con le regole del gioco fissate a monte per le nomine, sostenuta invece da Unicost, Magistratura democratica e i due indipendenti Andrea Mirenda e Roberto Fontana.
Tutto dunque dipenderà da come si orienteranno i laici di centrodestra.
Anche il vicepresidente Fabio Pinelli è intervenuto in discussione e, pur annunciando che non voterà, ha criticato duramente entrambe le proposte: «La futura attività del Consiglio sarà necessariamente segnata dalla decisione che prenderemo. Credo che l’ambizione fosse quella di superare le crisi reputazionali che hanno investito l’organo di governo autonomo e quindi di restituire autorevolezza e credibilità al Consiglio. Questa è una delle ragioni per cui credo che l’auspicio del Presidente della Repubblica, presidente del Consiglio superiore, di arrivare ad una proposta unitaria avrebbe dovuto essere ascoltata», cosa che invece non c’è stata. Inoltre «pur apprezzando il lavoro che è stato compiuto, entrambe le proposte di modifica del testo unico a mio giudizio esprimono un difetto di autorevolezza del Consiglio superiore della magistratura», pur essendo comprensibile la volontà di redimersi dagli errori del passato, «stiamo dicendo in qualche modo al Paese che non ci fidiamo di noi stessi, dell’uso che abbiamo fatto della discrezionalità e ci guardiamo vicendevolmente con sospetto e con diffidenza e che non ci riteniamo capaci di esercitare col giusto equilibrio questo potere. Se esiste un modo per riguadagnare la fiducia, non è certo la rinuncia ai nostri doveri. Al contrario, l’unica maniera è la responsabilità, il lavoro onesto, serio e umile».
Il voto finale avverrà il 3 dicembre.
Condanna disciplinare per Storari
Il pm milanese Paolo Storari, coinvolto nell’ambito del caso Loggia Ungheria, è stato condannato dalla sezione disciplinare del Csm alla censura.
La motivazione riguarda la violazione dei doveri generali di diligenza, correttezza, equilibrio e riserbo per aver rivelato «notizie d’ufficio, che dovevano rimanere segrete, segnatamente rivelava il contenuto di atti coperti dal segreto istruttorio» a Piercamillo Davigo e di avere, «nell’esercizio delle funzioni, violato gravemente le norme regolamentari che concernono la trasmissione al Csm delle notizie di reato nonchè di tutti gli altri fatti e circostanze concernenti magistrati».
La condanna disciplinare a carico di Storari arriva dopo l’assoluzione in via definitiva per rivelazione di segreto d’ufficio sul fronte penale, per ignoranza di norma extrapenale. Per lo stesso reato è stato invece condannato con conferma in appello l’ex togato Davigo.
La sezione disciplinare lo ha assolto, invece, sotto il profilo del comportamento tenuto nei confronti dei colleghi Francesco Greco, procuratore capo a Milano, e dell’aggiunto Laura Pedio e sotto il profilo dell’omessa astensione sulle indagini in merito alla fuga di notizie sui verbali.
La vicenda, come sa bene chi l’ha seguita, è lunga e articolata. Qui trovate una serie di recap.
La Scuola superiore della magistratura: il “caso Palazzi”
Questa newsletter ha seguito attentamente la nomina dei membri della Scuola superiore della magistratura, che più di un dibattito (e scontro) ha provocato al Csm.
In particolare, si ricorderà il caso del magistrato di Area, Mario Palazzi, che si era candidato ad entrare nella Scuola ed era stato oggetto di critiche perché il suo sarebbe stato il nome di punta sponsorizzato dal gruppo a cui appartiene. In una lunga mail (che trovate qui, a metà di quel numero della newsletter) aveva rivendicato «orgogliosamente la mia appartenenza ad AreaDG che, nel mio piccolo, ho contribuito a costituire, così come il modo “palese” della mia militanza» e condiviso la sua amarezza per esere stato «additato come un “correntocrate” destinatario di privilegi del tutto indipendenti da giudizi sul merito professionale». Infine aveva sottolineato come «il rischio oggi è che l’appartenenza a una corrente sia da considerarsi una penalità» e che la polemica intorno ai nomi era sviluppata sostanzialmente a prescindere dai meriti professionali di ognuno.
L’inciso finale diceva che «tutelerò la mia dignità personale e professionale nell’unico modo che considero confacente alla mia idea di magistrato, rivolgendomi alle Autorità giudiziarie competenti».
Cosa che in effetti è avvenuta: in settimana il Tar Lazio gli ha dato ragione. Palazzi aveva presentato ricorso contro il Csm, chiedendo l’annulla mento della delibera che aveva definito la procedura di nomina, «nella parte in cui non risulta essere stato nominato per il settore penale» (dunque nei confronti di Roberto Peroni Ranchet, Fabio Di Vizio e Vincenzo Sgubbi).
Palazzi ha argomentato che la motivazione di nomina fosse viziata da «eccesso di potere per violazione dei criteri sottesi alla procedura, irragionevolezza della decisione e omessa (o assertoria) motivazione; violazione dell’articolo 97 della Costituzione». Secondo Palazzi, infatti, il Csm ha dato prevalenza nella motivazione al ruolo di giudice, «introducendo un criterio preferenziale aggiuntivo rappresentato dall’esercizio attuale delle funzioni giudicanti rispetto a quello di funzioni requirenti», e «il profilo del dott. Palazzi è stato deliberatamente escluso, e non comparato neppure in misura minimale, a causa della sola sua carriera di sostituto procuratore».
Il Tar ha parzialmente accolto il ricorso, perché ha ravvisato un «difetto di comparazione» tra alcuni magistrati, pur raggruppati per comunanza di esperienza, compreso Palazzi. Questo ha prodotto una «disparità di trattamento» in «violazione di un autovincolo amministrativo che il Csm si è dato con l’interpello».
Per questo i giudici amministrativi hanno stabilito che «il Csm proceda alla comparazione omessa in occasione della procedura controversa».
150 anni dell’avvocatura
Il 6 dicembre il Consiglio nazionale forense celebrerà il 150° anniversario della legge istitutiva dell’Ordine forense italiano con la cerimonia “Gli Ordini forensi tra passato e futuro dell’Avvocatura”, che si terrà a Roma, alle 10, presso l’Auditorium della Tecnica (viale Umberto Tupini, 65).
L’evento centrale delle celebrazioni dei 150 anni dell’Ordine degli avvocati, istituito l’8 giugno 1874, si aprirà con l’esecuzione degli inni nazionale ed europeo, seguita dall’intervento introduttivo del Presidente del Consiglio Nazionale Forense Francesco Greco, che renderà omaggio al contributo storico, giuridico, sociale e culturale degli avvocati che hanno fatto la storia dell’avvocatura e della società italiana.
Alla cerimonia parteciperanno, tra gli altri, il Vice Presidente della Corte Costituzionale Giulio Prosperetti, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Fabio Pinelli.
A seguire esponenti della politica e rappresentanti degli Ordini forensi si confronteranno sul ruolo degli avvocati in un dialogo moderato dal giornalista Francesco Giorgino. Il Presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick concluderà la cerimonia con una lectio magistralis sul futuro dell’avvocatura.
Cassa Forense: modelli organizzativi per l’avvocatura
Cassa Forense ha affrontato in un convegno il tema del Nuovo Regolamento Unico della Previdenza Forense e dello studio sui Modelli Organizzati per l’Avvocatura.
Il passaggio è quello dal sistema “retributivo” al “contributivo” e sarà in vigore dal 1 gennaio 2025.
Quanto ai modelli organizzativi, il rapporto condotto dalla Fondazione Luigi Einaudi ha mostrato come «In un contesto giuridico in continua evoluzione, il modello delle società tra avvocati - tra le principali innovazioni degli ultimi anni per il settore forense - si propone come strumento cruciale per i professionisti, da un lato perché risponde al bisogno di competenze multidisciplinari e dall'altro perché consente una gestione più efficiente delle risorse e, al tempo stesso, di accedere a nuove opportunità economiche e di crescita pur mantenendo standard elevati di qualità e professionalità», ha detto il presidente della Fondazione Luigi Einaudi, Giuseppe Benedetto, e «il successo di questo modello dipenderà dalla capacità di bilanciare efficacemente esigenze organizzative, principi deontologici e specificità settoriali».
Delmastro al Cdd
Dopo la lettera inviata dall'avvocato del Foro di Milano Davide Steccanella, è arrivata al Consiglio nazionale forense anche una missiva del presidente dell'Ordine degli avvocati di Biella, Franco Enoch,, che ha fatto sapere che l’Ordine ha «rubricato e preso in carico tutti gli esposti pervenuti nei confronti dell'avvocato Andrea Delmastro» e saranno «trasmessi al competente Consiglio distrettuale di disciplina di Torino».
Gli esposti riguardano le frasi pronunciate dal sottosegretario alla Giustizia alla presentazione delle nuove auto in dotazione alla Polizia penitenziaria per la traduzione dei detenuti: «È per il sottoscritto un'intima gioia l'idea di veder sfilare questo potente mezzo, che dà prestigio, con sopra il Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria e far sapere ai cittadini come noi sappiamo trattare e incalziamo chi stata dietro quel vetro oscurato e come noi non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro oscurato».
L’avvocato in Costituzione
Torna uno dei cavalli di battaglia del Consiglio nazionale forense: quello di introdurre la figura dell’avvocato in Costituzione, saltata nella scorsa legislatura.
Ora a recuperarla è il vicepresidente del Senato leghista Gian Marco Centinaio, durante un convegno a Torino: «Il riconoscimento in Costituzione del ruolo dell'avvocato garantirebbe la dignità della professione e l'equilibrio del ruolo che gli avvocati ricoprono. Si permetterebbe così a tutto il sistema giudiziario di fare un passo avanti e lo renderebbe più vicino alle esigenze dei cittadini» e «l'impegno a procedere in questa direzione è ancora più necessario se guardiamo all'introduzione dell'Intelligenza Artificiale in numerosi campi professionali, incluso quello legale. L'interpretazione e l'applicazione della legge non potranno mai diventare procedure meccaniche e devono sempre far sentire il cittadino tutelato nei propri diritti». «Penso anche che sia il tempo di riformare la legge che disciplina l'ordinamento forense. Le sfide che la modernità ci pone sono tante e bisogna aggiornare gli strumenti normativi per affrontarle. Avvertiamo il bisogno di una formazione che guardi maggiormente al futuro e vogliamo assicurare un accesso alla professione che garantisca una tutela legale piena ed efficace, anche di fronte all'emergere di nuove criticità economiche e sociali».
La Corte dei conti sulla riforma
Paola Briguori, presidente dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, ha affrontato durante un convegno la questione della riforma della magistratura contabile attualmente in discussione alla Camera e in arrivo il 9 dicembre: «Fiscalità, stato sociale, tutela della salute, controlli e responsabilità nella gestione delle risorse pubbliche, temi oggetto del congresso, implicano l'effettività delle funzioni della Corte dei conti, a cui la Costituzione ha assegnato, proprio, il ruolo di garante della corretta tenuta dei conti pubblici e del corretto impiego dei soldi dei contribuenti. Pertanto, il mio auspicio è che tale riforma possa essere rielaborata con ponderazione anche ricorrendo allo strumento della legge delega che preveda una commissione di studio».
Il parere della Corte dei conti sulla riforma è stato molto negativo, con un confronto anche duro con il governo che trovate ricostruito qui.
© Riproduzione riservata