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I giudici di diversi tribunali hanno stabilito che prevale il diritto a vaccinarsi per i minori anche nel caso di genitori no vax. Il Consiglio di Stato conferma l’obbligo per i sanitari.
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Dove la legge lascia dei vuoti, a colmarli interviene la giurisprudenza dei tribunali ordinari. È così anche per i vaccini e il green pass e l’orientamento dei giudici è omogeneo e inequivocabilmente a favore delle vaccinazioni.
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Se su molte materie è facile trovare pronunce discordanti tra diversi tribunali ordinari, ad unire le corti è stata invece la copertura vaccinale. Anche in casi non normati dal legislatore e potenzialmente sensibili per l’opinione pubblica come i vaccini ai minorenni.
Dove la legge lascia dei vuoti, la giurisprudenza dei tribunali ordinari interviene per colmarli. È così anche per i vaccini e il green pass. Ma se su molte materie è facile trovare pronunce discordanti, su queste materie l’orientamento dei giudici è omogeneo. Ed è inequivocabilmente a favore delle vaccinazioni. Anche quando si tratta di casi non normati dal legislatore e potenzialmente sensibili per l’opinione pubblica come i vaccini ai minorenni.
In appena un mese sono state pronunciate decine di sentenze per controversie familiari tra genitori con orientamenti diversi per il vaccino ai figli minorenni tra i 12 e i 18 anni. Da Arezzo, dove c’è stata la prima pronuncia il 20 settembre, passando per Cagliari, Nuoro, Rovigo, Grosseto, Parma, Monza e Milano, tutti i giudici hanno deciso dando ragione al genitore che era a favore del vaccino.
Il caso è quasi diventato di scuola: una coppia di genitori, in alcuni casi separati, che hanno idee opposte. Per la legge il vaccino tra i 12 e i 18 anni è una mera facoltà, che può venire esercitata ma solo con il consenso di entrambi i genitori, perché si tratta di un trattamento sanitario. La giurisprudenza si è orientata con il principio del «migliore interesse del minore», contenuto in convenzioni internazionali come quella di New York sui diritti del fanciullo del 1989, quella di Strasburgo del 1997 e il regolamento Ue 1111/2019. E il migliore interesse, secondo i giudici di primo grado, è sempre stato quello di vaccinarsi.
In tutti questi casi è stato ascoltato anche il minore, quando considerato con un «grado di discernimento» sufficiente a poter manifestare la sua opinione, che così è entrato nel processo. Nel caso della prima sentenza che ha aperto la strada, il giudice ha infatti stabilito: «Ritenuta la necessità e l’urgenza, autorizza la vaccinazione del minore raccomandando alla commissione medica vaccinatrice di raccogliere anche il suo consenso unitamente a quello del padre, con effetto immediatamente esecutivo». Tradotto: il ragazzo ha il diritto a proteggersi con il vaccino il più velocemente possibile e la sua voce va considerata rilevante quanto quella dei genitori.
Il Consiglio di stato
Sempre in direzione pro vaccini, con posizioni anche più rigide di quelle astrattamente previste dalla legge, sono tutte le pronunce del Consiglio di stato. A fare scuola è stata la sentenza del 20 ottobre, che ha respinto il ricorso collettivo di alcuni operatori sanitari No-vax del Friuli-Venezia Giulia che si opponevano all’obbligo vaccinale per la loro categoria (stabilendo in caso di mancato adempimento la sospensione sia dal lavoro che dallo stipendio).
Un gruppo di insegnanti ha invece presentato ricorso contro il green pass. E anche qui il Consiglio di stato lo ha respinto. La ragione è sostanzialmente la stessa: scongiurare possibili contagi è un diritto collettivo che supera, nel bilanciamento, quello individuale a decidere sulla propria salute.
I giudici sia ordinari che amministrativi sembrano quindi avere un unico orientamento: sì ai vaccini, senza se e senza ma. Tanto che lo stesso governo, nel decreto legge che introduce la terza dose obbligatoria per sanitari, insegnanti e forze dell’ordine, ha allegato le sentenze di Consulta e Consiglio di stato a sostegno della liceità dell’obbligo. Una giurisprudenza, quindi, che fa da sponda alla legge.
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