- Si profila un fine mese decisivo per la rivendicazione dei principi dell’uguaglianza e delle pari opportunità. Il 27 gennaio arriva in Corte costituzionale una questione di legittimità sul riconoscimento dei figli di coppie omosessuali.
- La mamma partoriente, unica riconosciuta dall’ordinamento italiano, non intende ora consentire all’altra madre, cd sociale, l’esercizio dei propri doveri e diritti genitoriali.
- Sempre il 27 gennaio, la Corte sarà chiamata a decidere anche sulla genitorialità delle coppie omosessuali maschili che devono ricorrere alla tecnica di procreazione della gestazione per altri.
Il 27 gennaio approderà in Corte costituzionale una questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Padova.
Dopo una lunga relazione e la nascita di due figlie, generate a valle di un percorso condiviso di procreazione medicalmente assistita eseguito all’estero mediante inseminazione da donatore anonimo, una coppia di donne entra in crisi. La mamma partoriente, unica riconosciuta dall’ordinamento italiano, non intende ora consentire all’altra madre, cd sociale, l’esercizio dei propri doveri e diritti genitoriali, opponendosi al diritto di visita alle bimbe e rifiutando il consenso richiesto dall’art. 46 della legge sulle adozioni (L. 183/1983) necessario al conseguimento dell’adozione in casi particolari meglio nota come stepchild adoption (art. 44 lett. d): una tutela dei figli, quella dell’adozione ai sensi del 44 lett. d, comunque con molti limiti perché impostata sul rinvio alla disciplina dell’adozione di persone maggiorenni e quindi inidonea a creare un legame fra l’adottato e la famiglia dell’adottante (la legge non riconosce ai bambini, ad esempio, un legame con nonni, zii e cugini).
A fronte di questo apparente vuoto di tutela la madre sociale, esclusa d’imperio dalla vita delle figlie, ha intrapreso un’azione giudiziale che la giurisprudenza di merito, sin dal 2018, ha più volte consentito in osservanza ad un principio di diritto incontestabile; quello del preminente interesse del minore. I Tribunali e le Corti d’appello hanno stabilito che corrisponde all’interesse dei figli, che già vivono nell’ambito di queste realtà familiari, vedersi riconosciuti i diritti derivanti loro dall’essere stati procreati nell’ambito di un progetto genitoriale di coppia. Di avere, in buona sostanza, anziché uno, due genitori.
A questa conclusione si giunge mediante l’interpretazione, costituzionalmente orientata, di alcune disposizioni contenute nella L. 40 del 2004 che disciplina l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Ai sensi dell’art. 8 della L 40/2004, infatti, tutti i nati a seguito dell’applicazione di tecniche di PMA hanno lo stato giuridico di figli riconosciuti dalla coppia che ha espresso la volontà di volervi ricorrere. Così, dando la prova di aver espresso un consenso informato all’applicazione della PMA, le coppie di donne hanno iniziato a riconoscere, alla nascita, i figli concepiti all’estero chiedendo agli ufficiali di stato civile in Italia (i Sindaci) la formazione di atti di nascita con l’indicazione di entrambe le madri e laddove hanno, invece, ricevuto un rifiuto si sono rivolte ai Tribunali.
Si è, quindi, aperto un dibattito fra Corti di merito, da un lato, e di legittimità, dall’altro, in cui recentemente è intervenuta anche la Corte costituzionale che sarà chiamata nuovamente ad esprimersi il prossimo 27 gennaio.
La giurisprudenza
Sul punto, a fronte della posizione favorevole maggioritaria espressa dai Tribunali di Bologna, Pistoia, dalla Corte d’Appello di Firenze, dai Tribunali di Genova, Rovereto, dalle Corti d’Appello di Perugia, di Bari, di Trento e dal Tribunale di Rimini si è, invece pronunciata a sfavore la Corte di cassazione che, nelle sentenze 7668/2020 e 8029/2020, ha statuito, senza approfondita motivazione invero, che il divieto all’accesso alle tecniche di PMA in Italia per le coppie dello stesso sesso previsto dall’art. 5 della legge 40/2020, costituisce impedimento insormontabile al riconoscimento della doppia genitorialità anche se ottenuta attraverso il ricorso dalla fecondazione medicalmente assistita all’estero.
Alle decisioni della Corte di legittimità hanno fatto seguito tre provvedimenti di merito, in contrasto, da parte dei Tribunali di Bergamo e di Cagliari e della Corte d’Appello di Roma.
La recente sentenza 230/2020 del 04.11.2020 della Corte costituzionale pareva, infine, aver posto termine al dibattito giurisprudenziale.
Il Giudice delle leggi ha, infatti, confermato, seppur nell’ambito di una sentenza di inammissibilità del quesito e quindi non vincolante, che il disposto dell’art. 5 della legge 40/2004 costituisce impedimento alla formazione degli atti di nascita con doppia genitorialità dei nati in Italia; anch’egli, invero, senza curarsi di motivare così come aveva fatto, prima di lui, la Corte di cassazione.
Non senza sorpresa, però, dopo quella della Consulta, si sono registrate, ancora, decisioni di segno favorevole alle mamme; quelle dei Tribunali di Brescia e di Genova.
Ed anche i Sindaci, nella loro attività di riconoscimento anagrafico, non si sono fermati.
In questo contesto assume particolare rilevanza la decisione che sarà assunta dalla Corte costituzionale il prossimo 27 gennaio perché, con la ragionevole prospettiva del tornare ad essere investita da altre identiche questioni di legittimità, la Corte potrebbe, questa volta, contrariamente a quanto ha fatto solo due mesi fa con la 230, esprimersi in maniera certamente più compiuta non limitandosi ad una sentenza di inammissibilità sul presupposto, forse non troppo coraggioso, che le decisioni su questi temi spettino al parlamento.
La gestazione per altri
Occorre, infine, aggiungere, che, sempre il 27 gennaio, la Corte sarà chiamata a decidere anche di una diversa vicenda; quella riguardante la genitorialità delle coppie omosessuali maschili che, come ben noto, a differenza di quelle femminili, devono ricorrere alla tecnica di procreazione della gestazione per altri (GPA).
La questione pareva avere subito una battuta d’arresto in seguito alla decisione delle Sezioni unite della suprema Corte n. 12193 del 8 maggio 2019 che aveva ritenuto contraria all’ordine pubblico la trascrizione, in Italia, di certificati esteri di figli nati in seguito alla surrogazione di maternità. Ed invece la Consulta è nuovamente chiamata ad esprimersi anche su questo argomento a seguito di una questione sollevata dalla prima Sezione della Corte di cassazione con ordinanza n. 8325 del 29 aprile 2020 che dubita sulla legittimità costituzionale di tale divieto assoluto.
La Cassazione ritiene, infatti, che vada lasciato spazio ai Tribunali di valutare caso per caso nel rispetto del principio del preminente interesse dei minori e con la possibilità di accogliere la richiesta di trascrizione nell’ipotesi di accertamento di gestazione per altri pienamente altruistica. Nulla, ovviamente, a che vedere con un intervento di depenalizzazione della condotta che rimarrà punita alle condizioni già oggi previste.
Si profila pertanto un fine mese decisivo per la rivendicazione dei principi dell’uguaglianza e delle pari opportunità.
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