Il guardasigilli ha sostenuto che il sovraffollamento è colpa di una «immigrazione massiccia». Ma la percentuale di detenuti stranieri è calata e il governo ha rivendicato di aver ridotto i flussi
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha individuato il nuovo capro espiatorio per spiegare il sovraffollamento nelle carceri: i migranti. Anche a costo non solo di confutare i dati ministeriali, ma di smentire anche i successi vantati dal suo stesso governo.
«C’è stata una immigrazione massiccia che ha portato a una popolazione carceraria di detenuti stranieri che supera da noi il 30 per cento, in alcune realtà addirittura il 50 per cento, per reati contro il patrimonio, connessi essenzialmente alla necessità di procurarsi da vivere. È là che va trovata una soluzione, non certo con una liberazione incondizionata che allarmerebbe la società», ha argomentato il ministro in una lunga intervista a Sky Tg24.
Eppure, dati ministeriali alla mano, negli ultimi anni l’incidenza percentuale di stranieri in carcere è diminuita. Effettivamente nel 2024 gli stranieri detenuti sono il 31 per cento, ma la percentuale negli ultimi 15 anni è tendenzialmente diminuita. Nel 2007, 2008 e 2009 gli stranieri erano circa il 37 per cento del totale e la cifra ha iniziato a scendere progressivamente: il 36 per cento nel 2010 e 2011, il 35 per cento nel 2012 e poi via via a calare di decimali fino all’ultimo numero disponibile. In data 30 giugno 2024, su un totale di 61.480 detenuti, gli stranieri sono 19.213, pari a poco meno di un terzo.
Smentisce il governo
Del resto, è stata proprio Giorgia Meloni, nel suo lungo intervento in apertura del primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva, a indicare il contrasto all’immigrazione come uno dei risultati più importanti ottenuti dal suo governo. «Possiamo dirci particolarmente soddisfatti del lavoro che stiamo facendo sul governo dei flussi migratori, e segnatamente per contrastare l’immigrazione clandestina e i trafficanti di esseri umani. Il cambio di passo c’è, e si vede. Lo vediamo dai numeri, ovvero dalla tendenza decrescente degli sbarchi, che si sta progressivamente consolidando. A oggi, rispetto allo stesso periodo del 2023, gli sbarchi sono diminuiti del 64 per cento, e quasi del 30 per cento rispetto al 2022», sono state le sue parole.
Delle due l’una: o il governo sta ottenendo straordinari risultati nel limitare gli ingressi dei migranti, oppure la loro crescita incontrollata sta ingolfando il nostro sistema penitenziario. Il ministro Nordio ha anche fatto riferimento alla tipologia di reati commessi dagli stranieri. Come se i reati contro il patrimonio – furti, ricettazioni, truffe – fossero tipici in particolare dei migranti. Anche in questo caso i numeri vengono in aiuto e dimostrano che, in realtà, questi reati sono diffusi tra gli stranieri come tra i cittadini italiani.
Le due categorie di detenuti hanno la stessa “top 3” di cause per detenzione: al primo posto i reati contro il patrimonio, al secondo quelli contro la persona, al terzo quelli legati alla legge sulla droga. I reati contro il patrimonio sono la prima causa di detenzione nelle carceri italiane, con 34.931 detenuti totali, di cui 9.923 sono stranieri. Pari al 28 per cento, dunque più o meno la stessa incidenza che hanno nel totale della popolazione detentiva.
Le soluzioni
Il tema, però, rimane il da farsi, visto che il sovraffollamento carcerario è unanimemente riconosciuto come la vera emergenza, alla luce del numero record di suicidi che hanno toccato quota 68 da inizio anno. A fine luglio il governo aveva approvato il decreto Carceri, che doveva servire ad alleviare in via emergenziale la pressione sulle strutture detentive, ma che nei fatti non ha portato alcun tangibile risultato.
Già subito dopo il via libera al decreto, Nordio aveva annunciato un nuovo pacchetto di misure, chiedendo addirittura un incontro con il Quirinale per discuterne. «Stiamo lavorando su un triplice binario: far espiare la pena agli stranieri nei paesi di origine, sostituire la detenzione in carcere per i tossicodipendenti con quella in comunità, e limitare la custodia cautelare», ha spiegato a Sky. Poi ha aggiunto che «ci servono spazi, come le caserme dismesse, ora abbiamo istituito un commissario straordinario, ma il problema spesso è che molti detenuti, che potrebbero andare ai domiciliari, non hanno un domicilio dove andare».
Eppure anche queste soluzioni sono ancora in fase embrionale. A oggi il trasferimento dei detenuti nei paesi di origine è molto complicato perché servono convenzioni bilaterali con i paesi di origine, senza contare la questione del rispetto dei diritti umani nello stato di destinazione. Inoltre, se i paesi stranieri invocassero la clausola di reciprocità dovremmo riprendere i tremila italiani detenuti all’estero. Quanto alla detenzione in strutture fuori dal carcere per i tossicodipendenti, il decreto Carceri ha previsto solo una mappatura delle possibili comunità ma per ora nulla più. Limitare la custodia cautelare, infine, è un proposito di Nordio sostenuto da Forza Italia, ma che ha già incontrato più di una rigidità da parte di Fratelli d’Italia e Lega. Dunque, anche se un disegno di legge in questo senso fosse pronto, mancano ancora le basi politiche.
In mezzo ai se, ai ma e ai distinguo, la situazione nelle carceri ha continuato ad aggravarsi nelle settimane di sospensione dell’attività politica, tra rivolte anche negli istituti minorili, nuovi suicidi e difficoltà sempre più evidenti per la polizia penitenziaria.
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