Il 5 maggio è il giorno delle elezioni per rinnovare il parlamento delle sei contee dell’Irlanda del Nord e per la prima volta il partito nazionalista e indipendentista Sinn féin è dato per favorito. 

Il sondaggio più recente alla vigilia, condotto dall’università di Liverpool, dà lo Sf al 26,6 per cento. Più dietro, staccati di diversi punti ed entrambi attorno al 18 per cento, il Democratic unionist party (Dup), il partito lealista filo-britannico più grande e con più consenso nella nazione e l’Alliance party, forza liberale in forte ascesa.

La crescita dello Sinn féin

Guidato in Irlanda del Nord da Michelle O’Neill, lo Sinn féin, a meno di sorprese, è destinato a eleggere la maggioranza relativa dell’assemblea di Stormont e soprattutto a nominare il nuovo primo ministro nordirlandese. Carica che, in caso di vittoria, spetterà alla sua leader, la 45enne O’Neill, già dal 2020 vice primo ministro.

In virtù della politica della condivisione dei poteri stabilita con il Belfast Agreement del 1998,nell’Irlanda del Nord la comunità nazionalista e quella unionista devono dividersi le cariche apicali del governo: al partito con più voti spetta il ruolo di primo ministro, mentre al secondo partito il suo vice. Finora la posizione da primo ministro non è mai stata ricoperta da una figura nazionalista.

Lo Sinn féin è il partito più antico di tutta l’isola, ancora oggi presente anche nella Repubblica d’Irlanda. È stato per decenni il braccio politico dell’Irish republican army (Ira), ma negli ultimi tempi ha avuto una crescita esponenziale grazie a diversi fattori, il primo dei quali è la demografia.

La popolazione cattolica e nazionalista del nord è in forte aumento e a breve – anche in questo caso, per la prima volta – potrebbe avvenire il sorpasso ai danni della comunità protestante e unionista.

I risultati del censimento di tutto il Regno Unito, svolto nel 2021, verranno resi noti solo il prossimo 24 maggio ma i trend demografici in corso già delineano la situazione. 

Inoltre, lo Sf è riuscito a venire incontro alle esigenze della popolazione, intestandosi battaglie progressiste sui diritti sociali, sulla casa e ora sulla lotta all’inflazione. Politiche che ne hanno accresciuto il consenso, attirando anche accuse di populismo.

Tuttavia, in cima ai suoi obiettivi c’è sempre l’indipendenza e la riunificazione con Dublino. Un risultato da raggiungere con un referendum, necessario per cambiare lo status della nazione. 

Effetto Brexit

Demografia e battaglie politiche non sono però sufficienti a spiegare la situazione. La vera svolta per i nazionalisti nordirlandesi è arrivata da un altro cambiamento: l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.

La Brexit ha accelerato le dinamiche all’interno dell’Irlanda del Nord, la cui popolazione in maggioranza (circa il 55 per cento) ha votato per rimanere legata a Bruxelles nel referendum del 2016. Un voto risultato vano, complice la volontà di quell’Inghilterra profonda che voleva staccarsi dal continente.

Come previsto, però, la Brexit ha portato il malcontento in Irlanda del Nord, in entrambe le comunità. I nazionalisti sono stati costretti ad accettare l’imposizione del governo conservatore di Boris Johnson, e prima ancora di Theresa May.

I lealisti invece protestano contro gli accordi tra Londra e Bruxelles che hanno posto il confine nel mar d’Irlanda, imponendo controlli che al momento Downing Street rispetta solo in parte, ma che di fatto allontanano Belfast dal resto del Regno Unito.

Le difficoltà degli unionisti

Gli unionisti sono sul piede di guerra da mesi per cercare di abolire il protocollo nordirlandese e le vecchie sigle paramilitari hanno organizzato attacchi per alzare il livello di tensione, specie nella primavera del 2021.

Tentativi per far sentire la propria voce, consapevoli che tra qualche mese potrebbe avere un’eco minore.

Il primo ministro unionista, Paul Givan, a febbraio si è dimesso in protesta contro il protocollo, facendo cadere il governo. Ora, poco prima del voto, il leader Jeffrey Donaldson ha minacciato di non entrare nel prossimo governo se gli accordi tra Londra e Ue non cambieranno profondamente. Il Dup è in subbuglio e deve accreditarsi agli occhi della propria comunità.

Se fino a poco tempo fa era stato il partito che raccoglieva il maggior consenso tra i lealisti, la comunità “orange” nordirlandese adesso non gli perdona le difficoltà e le incoerenze post Brexit.

Per questo si deve anche guardare alle spalle, visto che i liberali dell’Alliance, con posizioni ben più moderate, competono per diventare il secondo partito pescando dal bacino unionista, ma anche in quello nazionalista. 

Pochi giorni fa lo Sinn féin è stato accusato di avere legami con i radicali di Saoradh, formazione politica estremista legata alla New Ira, il gruppo erede dei paramilitari repubblicani.

L’unionista Donaldson ha accusato i nazionalisti di cercare un’alleanza per il referendum sull’unità irlandese con «coloro che commettono ancora omicidi per le nostre strade». Il riferimento è all’uccisione della giornalista Lyra McKee nel 2019, durante alcuni scontri.

In occasione della Pasqua, proprio Saoradh aveva organizzato una marcia per le vie di Derry, in cui hanno sfilato decine di persone con uniformi, bandiere paramilitari e passamontagna. 

L’unità con Dublino

Intanto, nel 2024 sono previste le prossime elezioni nella Repubblica d’Irlanda e, dopo la maggioranza relativa conquistata nel 2020, lo Sinn féin punta a governare anche lì. Due anni fa il partito indipendentista è stato estromesso dal governo, per l’alleanza dei due partiti di centrodestra Fine gael e Fianna fáil, ma tra due anni potrebbe andare diversamente.

In quel caso, sia nel nord che nel sud ci potrebbero essere gli indipendentisti a decidere le sorti dell’isola e allora un referendum per l’unità sarebbe vicino. 

Dalle elezioni per Stormont passa molto del futuro dell’Irlanda del Nord. Un 5 maggio storico, che è anche l’anniversario della morte in carcere nel 1981 del celebre repubblicano Bobby Sands dopo uno sciopero della fame. «Tiocfaidh ár lá», ovvero «la nostra ora verrà», appuntava nei suoi scritti riferendosi all’unità dell’isola.

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