Particolarmente numerosi furono i contatti intercorsi, nel medesimo periodo, tra l’imputato ed una pluralità di persone che si rivolgevano a lui per rappresentargli le istanze del Sindona. Nei colloqui con costoro, il sen. Andreotti, oltre a manifestare in via generale un vivo interesse per la situazione del Sindona, non di rado assicurò agli interlocutori il proprio attivo impegno per agevolare la soluzione dei suoi problemi di ordine economico-finanziario e di ordine giudiziario
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra
Particolarmente numerosi furono i contatti intercorsi, nel medesimo periodo, tra l’imputato ed una pluralità di persone che si rivolgevano a lui per rappresentargli le istanze del Sindona. Nei colloqui con costoro, il sen. Andreotti, oltre a manifestare in via generale un vivo interesse per la situazione del Sindona, non di rado assicurò agli interlocutori (come l’ing. Federici, il Guarino ed il Rao, l’avv. Guzzi) il proprio attivo impegno per agevolare la soluzione dei suoi problemi di ordine economico-finanziario e di ordine giudiziario (problemi, del resto, strettamente connessi tra loro, poiché la sistemazione della Banca Privata Italiana costituiva il necessario presupposto per l’esclusione della responsabilità penale del finanziere siciliano con riguardo ai reati fallimentari).
Il sen. Andreotti, inoltre, realizzò alcuni specifici comportamenti che apparivano concretamente idonei ex ante (secondo una valutazione prognostica fondata sul complesso delle circostanze da lui conoscibili) ad avvantaggiare il Sindona nel suo disegno di sottrarsi alle conseguenze delle proprie condotte, ed inequivocabilmente rivolti a questo fine: il sostegno alla nomina del dott. Mario Barone a terzo amministratore delegato del Banco di Roma, ed il conferimento al sen. Stammati ed all’on. Evangelisti dell’incarico di esaminare il secondo progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana.
La nomina del dott. Barone fu immediatamente interpretata dal Sindona come un motivo di gratitudine nei confronti del sen. Andreotti e come una iniziativa funzionale alla soluzione dei problemi del suo gruppo finanziario. Il convincimento del Sindona, in effetti, si rivelò fondato, poiché il dott. Barone firmò un prestito dell’importo di cento milioni di dollari, concesso – con grande velocità e con una procedura ritenuta illegittima - attraverso il Banco di Roma-Nassau al Sindona proprio in un periodo in cui le sue banche si trovavano in una situazione di difficoltà, essendo risultata evidente la loro carenza di liquidità.
Inoltre, più in generale, la linea seguita dal dott. Barone fu quella del sostegno degli interessi del Sindona e dell’impegno per il salvataggio della Banca Privata Italiana.
In ordine alla nomina del dott. Barone l’imputato all’udienza del 28 ottobre 1998 ha spontaneamente dichiarato, con riferimento al “memoriale Moro”: «non è questa la sede per indugiarsi sulle manipolazioni dei brigatisti né per commentare singoli passi del memoriale, quale ad esempio quelli riguardanti il dottor Mario BARONE, del quale quasi sembra meravigliarsi e censurare ad amministratore delegato del Banco di Roma dando a vedere di non conoscerlo, mentre lo conosceva benissimo, fin dai tempi dei gruppi giovanili della Democrazia Cristiana, dove BARONE emergeva quale ufficiale di marina con due medaglie d’argento, e nel 1946 BARONE era stato candidato alla costituente proprio in Puglia. Non riuscì e fu buon per lui, rinunciò alla vita politica ed entrò nel Banco di Roma, dove ha fatto tutta la sua carriera fino alla citata nomina ad amministratore delegato, quando era il più anziano tra i direttori centrali con una forte qualificazione nel mondo internazionale del credito, non a caso è tuttora vice Presidente esecutivo di una importante banca italo-araba».
Nella successiva udienza del 17 novembre 1998 il sen. Andreotti ha aggiunto: “è poi veramente squallido attribuire la carriera del dottor Mario BARONE nel Banco di Roma ad interferenze di FANFANI e mie sollecitate da SINDONA”.
Va però osservato che le affermazioni dell’imputato non spiegano come mai il sen. Fanfani avesse ravvisato nella nomina del dott. Barone un atto di riconoscenza compiuto in favore del sen. Andreotti, e come mai il Sindona avesse avvertito l’esigenza di ringraziare per la nomina entrambi i predetti esponenti politici, comunicando al sen. Andreotti che si trattava dell’inizio di una collaborazione finanziaria tra il suo gruppo ed il Banco di Roma.
Non può, dunque, disconoscersi che gli elementi di convincimento raccolti evidenziano che la decisione di nominare il dott. Barone (introducendo, oltretutto, una innovazione nella struttura societaria del Banco di Roma), pur riguardando un soggetto di notevole qualificazione professionale, trovò le sue motivazioni politiche nello stretto legame che univa il dott. Barone al sen. Andreotti, e fu esattamente interpretata dal Sindona come il momento iniziale di un significativo rapporto di collaborazione tra il Banco di Roma e il gruppo facente capo al finanziere siciliano.
L’attribuzione al sen. Stammati dell’incarico di esaminare e seguire gli aspetti tecnici del secondo progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana non trovava certamente il suo fondamento nell’esercizio di poteri istituzionalmente propri del Presidente del Consiglio. Sul punto, il sen. Andreotti ha reso le seguenti dichiarazioni spontanee all’udienza del 17 novembre 1998: «Morto repentinamente FEDERICI venne l’avvocato Rodolfo GUZZI a presentare un progetto formalizzato di salvataggio della liquidazione coatta. Ricevutolo pregai il Senatore STAMMATI di esaminarlo e solo in caso di un suo parere favorevole lo avrei fatto rimettere agli organi competenti.
L’avvocato GUZZI era un noto professionista che gestiva la questione assieme a due importanti colleghi, l’avvocato STRINA allievo di CARNELUTTI e il professore GAMBINO che è stato Ministro in uno dei recenti Governi. Perché affidai il preesame al Ministro dei Lavori Pubblici e non al Ministro del Tesoro? STAMMATI era stato mio Capo Gabinetto e Direttore Generale alle Finanze nel 1955 e più tardi era stato anche Ragioniere Generale dello Stato e Presidente della Banca Commerciale Italiana. La richiesta di avviso era tecnica e non comportava alcuna sollecitazione, laddove la trasmissione al Tesoro poteva sembrare in un certo senso sollecitante. (...) Quando STAMMATI mi disse che il piano non era secondo lui praticabile, io chiusi la pratica e non me ne occupai più».
Questa versione dei fatti non può, tuttavia, considerarsi attendibile. Il complessivo comportamento del sen. Andreotti manifesta, infatti, non il semplice intento di acquisire una valutazione tecnica sul progetto di salvataggio prima di trasmetterlo agli organi competenti, bensì il proposito di intervenire su determinati organismi istituzionali (in particolare, sulla Banca d’Italia) per il tramite di altri soggetti pienamente affidabili per il medesimo esponente politico ed in grado di operare efficacemente in favore del Sindona.
In questa prospettiva, il carattere informale degli incarichi conferiti al sen. Stammati ed all’on. Evangelisti era finalizzato proprio ad evitare che il sen. Andreotti fosse direttamente ed ufficialmente coinvolto in un’azione di sostegno al Sindona destinata – secondo le aspettative di coloro che ne erano protagonisti - ad essere conosciuta soltanto dalle persone specificamente cointeressate, senza lasciare tracce che consentissero di risalire immediatamente ed incontrovertibilmente al ruolo svolto dall’imputato.
Al riguardo, occorre considerare che il sen. Andreotti, invece di astenersi dall’assumere altre iniziative in attesa di ricevere il giudizio asseritamente richiesto al sen. Stammati, incaricò – aderendo ad una richiesta proveniente dal Sindona e prospettata dall’avv. Guzzi – anche l’on. Evangelisti di esaminare il progetto di “sistemazione”, consegnandogli il relativo memorandum (che era stato precedentemente trasmesso dall’avv. Guzzi all’imputato).
L’intervento richiesto dal sen. Andreotti all’on. Evangelisti non poteva, ovviamente, risolversi in un esame tecnico del progetto, che sarebbe stato assolutamente estraneo alle cognizioni proprie del predetto esponente politico. Il coinvolgimento dell’on. Evangelisti era, invece, palesemente funzionale alla realizzazione di un intervento di natura politica.
La natura dell’incarico attribuito all’on. Evangelisti è, del resto, evidenziata dal suo successivo comportamento, concretatosi nella convocazione a Palazzo Chigi del Vice Direttore Generale della Banca d'Italia dott. Sarcinelli al fine di sondare le intenzioni di quest’ultimo in ordine al piano di “sistemazione”.
Su questo episodio, l’imputato all’udienza del 17 novembre 1998 ha reso le spontanee dichiarazioni di seguito riportate: «Appresi per altro con una certa sorpresa che per altra via e cioè tramite il padre di un pittore amico dell’Onorevole EVANGELISTI, il GUZZI aveva consegnato una copia del progetto risoluzione, appunto, al Sottosegretario EVANGELISTI, che a sua volta ne aveva parlato al dottor SARCINELLI. Quando rientravo da una missione all’estero EVANGELISTI me ne informò, lo rimproverai per l’invasione di campo e gli disse di desistere dall’occuparsene. Risulta in effetti che un appunto che aveva preannunciato non fu più inviato al dottor SARCINELLI, il quale ha per altro dichiarato che EVANGELISTI non gli parlò mai a mio nome».
L’assunto secondo cui il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio on. Evangelisti, in questa occasione, avrebbe operato in modo del tutto indipendente rispetto all’allora Presidente del Consiglio on. Andreotti, il quale sarebbe stato informato della predetta iniziativa solo in un momento successivo, è palesemente inverosimile. Infatti – anche a prescindere dalla considerazione degli stretti vincoli che legavano i due esponenti politici sul piano istituzionale, sul piano correntizio e sul piano personale – non vi è dubbio che il contegno tenuto dall’on. Evangelisti nel colloquio con il dott. Sarcinelli manifestava chiaramente la necessità di riferire sul punto all’on. Andreotti prima di proseguire il discorso già iniziato.
Precisamente, a fronte della richiesta del dott. Sarcinelli di disporre, in copia o in originale, dei documenti appena esibitigli, l’on. Evangelisti rispose di non esservi autorizzato ed aggiunse che in quel momento il Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Andreotti, non si trovava in Italia. Poiché una simile risposta presuppone la necessità, avvertita dall’on. Evangelisti, di informare l’on. Andreotti sullo svolgimento del colloquio prima di compiere qualsiasi altro atto, deve escludersi che il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio abbia agito indipendentemente da qualsiasi raccordo con l’imputato.
Del resto, lo sviluppo degli eventi desumibile dalle deposizioni dell’avv. Guzzi e del dott. Sarcinelli denota con chiarezza la consequenzialità esistente tra le rispettive condotte realizzate dal sen. Andreotti e dell’on. Evangelisti in un ristretto arco temporale e sulla base di una palese correlazione funzionale.
Infatti alla conversazione telefonica del 1° settembre 1978, nella quale l’imputato promise di investire della questione relativa al progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana l’on. Evangelisti, fece seguito, il giorno successivo, un incontro nel quale il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio mostrò all’avv. Guzzi il memorandum attinente a tale progetto (che in precedenza era stato trasmesso dal legale al Presidente del Consiglio), ed esplicitò che tale documento gli era stato consegnato dal sen. Andreotti perché egli lo esaminasse.
Dopo altri tre giorni, l’on. Evangelisti sottopose il progetto al dott. Sarcinelli, appositamente convocato presso la sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed, a fronte delle richieste del suo interlocutore, replicò di non essere autorizzato neppure a rilasciargli una copia dei documenti che gli aveva appena esibito, e sottolineò l’assenza dall’Italia dell’on. Andreotti (precisazione, questa, che rendeva evidente come l’on. Evangelisti preferisse attendere il ritorno del Presidente del Consiglio dei Ministri prima di consegnare al dott. Sarcinelli qualsiasi documento). Due giorni dopo il rientro in Italia dell’on. Andreotti, l’on. Evangelisti comunicò al dott. Sarcinelli che non era necessario trasmettere a quest’ultimo i documenti esibiti nel corso dell’incontro, ed aggiunse che non era più il caso di parlare dell’argomento.
E’, poi, significativo che, subito prima del colloquio con il dott. Sarcinelli, l’on. Evangelisti abbia telefonato all’avv. Guzzi per comunicargli le proprie intenzioni, ed abbia deciso di interpellare senza alcuna esitazione il Vice Direttore Generale della Banca d'Italia in merito al progetto di sistemazione nonostante le resistenze opposte dal legale ad un simile modus procedendi. Tale circostanza induce inequivocabilmente a ritenere che il contegno dell’on. Evangelisti si ricollegasse a motivazioni e a disegni ben più rilevanti del semplice intento di venire incontro alle richieste dell’avv. Guzzi.
L’intervento dell’on. Evangelisti era, dunque, volto a manifestare al Vice Direttore Generale della Banca d’Italia l’esistenza di una volontà politica favorevole al progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana ed a sondare la eventuale disponibilità del dott. Sarcinelli in tal senso, dimostrando così all’avv. Guzzi (e, tramite quest’ultimo, allo stesso Sindona) la concretezza dell’interessamento del sen. Andreotti per la vicenda in questione, senza però lasciare tracce che potessero consentire di riconnettere l’azione dell’on. Evangelisti ai contatti precedentemente intercorsi con l’avv. Guzzi ed il sen. Andreotti.
Proprio per questo motivo il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, nel colloquio con il dott. Sarcinelli, evitò di fare menzione dell’incarico conferitogli dal sen. Andreotti e di consegnare all’interlocutore copia del memorandum in suo possesso (documento, questo, che anteriormente era stato trasmesso dal legale del Sindona al Presidente del Consiglio dei Ministri, e che avrebbe potuto assumere rilievo ai fini della ricostruzione del tessuto di relazioni costituente il contesto nel quale si collocava l’iniziativa adottata dall’on. Evangelisti).
Analoghe modalità operative si riscontrano negli interventi attuati dal sen. Stammati, il quale, dopo le segnalazioni rivoltegli dal sen. Andreotti, entrò in contatto con l’avv. Guzzi, e (a seguito dell’intercessione del Gelli) si attivò per ottenere lo svolgimento di un incontro tra il dott. Sarcinelli e l’avv. Ambrosoli per l’esame dei progetti di “sistemazione”.
Anche in questo caso, vennero realizzati comportamenti idonei a palesare ai vertici della Banca d’Italia l’esistenza di una volontà politica favorevole ai medesimi progetti, e suscettibili di manifestare con chiarezza esclusivamente a coloro che erano partecipi di tale disegno gli esatti termini dell’interessamento del sen. Andreotti per le vicende del Sindona.
Se da questi interventi, esplicati dall’imputato avvalendosi di altre persone disponibili ad agevolare il finanziere siciliano, non derivò un risultato finale suscettibile di avvantaggiare in misura particolarmente rilevante il Sindona (come l’accoglimento dei progetti di “sistemazione”), ciò dipese, in modo particolare, dalla linearità del comportamento tenuto dai vertici della Banca d’Italia e dal Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, i quali rimasero insensibili alle pressioni ricevute e non accettarono quindi di sostenere iniziative cui si sarebbe accompagnato un notevole danno per l’Erario pubblico ed un esempio estremamente negativo per il sistema bancario.
L’intento del sen. Andreotti di adoperarsi per la soluzione delle questioni che rivestivano un particolare interesse per il Sindona è ulteriormente comprovato dall’incontro del medesimo esponente politico con il Direttore Generale del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, in data 6 aprile 1977. L’avv. Guzzi, infatti, apprese che tale incontro era finalizzato a trovare una soluzione per la Banca Privata Italiana.
Sebbene l’esito dell’incontro si sia rivelato deludente, lo stesso fatto che il sen. Andreotti abbia accettato di prendervi parte, aderendo così ad una richiesta dell’ing. Federici, costituisce un inequivocabile sintomo della benevola attenzione che l’imputato riservava alle vicende del Sindona.
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