La realtà genera gli eventi, gli eventi generano le opinioni, le opinioni attraversano un meccanismo che solo superficialmente è volto alla necessità di far emergere la verità. La realtà non genera dunque verità, la realtà consuma la nostra attenzione per creare valore per i proprietari di una piattaforma.
Accade qualcosa nel mondo, un evento che attira l’attenzione di molte persone. Le possibilità che hai, a questo punto, sono note. Puoi ignorare del tutto quanto accade, puoi addirittura essere così isolato dall’umanità da non venirne a conoscenza (ormai è quasi impossibile, ma poniamo che vivi in una grotta).
Puoi avere, invece, un’opinione immediatamente formata, perché l’evento fa parte delle cose che ti aspettavi e sulle quali in passato hai riflettuto. Oppure puoi essere ben cosciente, ma indifferente: a te l’argomento (anche serissimo) in questo momento non interessa. Puoi essere, infine, interessato, ma non avere un’opinione, e provare il desiderio di fartene una.
Ho provato a illustrare vari scenari, ma sappiamo bene che nel 2023 un accadimento che attira l’attenzione di molte persone provocherà in noi principalmente due tipi di reazioni: il bisogno di farsi un’opinione e il bisogno di comunicare agli altri un’opinione. Anche l’indifferenza, se l’evento si tramuta in una polemica martellante, si trasformerà fatalmente in interesse. Detto in altri termini, la realtà produce un evento, subito intorno all’evento inizia a coagularsi l’attenzione, l’attenzione determina la nascita di due categorie di individui: i fornitori di opinioni e i consumatori di opinioni.
Fornitori e consumatori
Naturalmente il processo è interattivo e ricorsivo. I fornitori di opinioni sono anche consumatori, dal momento che in realtà interagendo con gli altri perfezionano la propria opinione, e talvolta la modificano, solitamente facendosi condizionare più da chi la pensa già come loro (non è detto, ma sappiamo che prevale la formazione di bolle e polarizzazioni).
E i consumatori di opinioni, a loro volta, quasi subito si trasformano in fornitori di opinioni, intanto perché diffondono le opinioni altrui che trovano via via convincenti, e poi perché iniziano a intervenire dicendo la loro. Ora, nel momento in cui abbiamo fornitori, consumatori e prodotti (le opinioni) abbiamo anche forme di competizione, nel senso che le opinioni entreranno in competizione fra loro per essere adottate da più persone.
Perché? Perché se un’opinione diventa prevalente può esercitare un potere maggiore, e dunque le persone che la sostengono potranno, di riflesso, essere o sentirsi parte di un gruppo di potere. L’opinione assume valore, e il valore cresce. Una bella sensazione che riscalda il cuore.
Potere buono
Ma perché un’opinione prevalente esercita un potere maggiore? Liberiamo un attimo la parola “potere” dalla sua connotazione negativa e lasciamole solo le proprietà positive. Immaginiamo un potere buono, basato sulla verità: il potere di chi ha raggiunto la conoscenza della verità, e dunque, giustamente, può prendere decisioni.
Questo potere non deve per forza formarsi in pubblico, in seguito a un meccanismo di competizione, ma può formarsi a porte chiuse, in seguito a riflessioni e negoziazioni fra persone che, nel caso del problema specifico, sono particolarmente preparate per riflettere, discutere, scambiare idee allo scopo di raggiungere la verità.
Tuttavia oggi le porte chiuse danno fastidio, e il motivo per cui danno fastidio è legato all’abitudine consolidata di ritenere che un’opinione che si forma invece in pubblico, che viene discussa, che entra in competizione con altre e diventa prevalente è un’opinione che ha un contenuto di verità e di accettabilità superiore a quello delle opinioni che non subiscono questo trattamento. L’opinione che attraversa una sorta di test di mercato sembra più vera.
La competizione delle idee
L’idea che la verità emerga dalla competizione delle idee ha una sua nobiltà: nella nostra mente si compone l’immagine di persone che dibattono animatamente ma con grande eleganza democratica. Sappiamo che purtroppo i dibattiti nella realtà non avvengono con quell’eleganza, ma non sarebbe neanche il punto. Il problema è che una struttura di mercato delle opinioni non è mai realmente libera da influenze, ma anzi risente di strutture di potere. I social, per esempio, dove oggi si formano molte opinioni, non sono organismi liberi, ma sono organismi di proprietà di qualcuno, e rispondono a regole interne, spesso non visibili, il cui fine ultimo è la massimizzazione del valore per i proprietari.
La realtà genera gli eventi, gli eventi generano le opinioni, le opinioni attraversano un meccanismo che solo superficialmente è volto alla necessità di far emergere la verità. La realtà non genera dunque verità, la realtà consuma la nostra attenzione per creare valore per i proprietari di una piattaforma.
L’attenzione è una risorsa economica molto particolare, e forse ne parlerò ancora.
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