- Negli anni della “prima repubblica”, tutti i partiti erano divisi in correnti, anche i più piccoli salvo uno, il Partito comunista, compatto e monolitico dietro il suo leader.
- All’epoca, si levavano critiche feroci al Pci perché era guidato dal principio del centralismo democratico e dal connesso divieto di “frazionismo”.
- Oggi, invece, si demonizzano le diversità di opinioni, considerandole solo un veicolo per gretti interessi di conventicola, di clan, di “tribù”. Sotto sotto, circola ancora il fastidio per il conflitto, considerato un male e non un lievito della democrazia.
Il Pd ha acclamato Enrico Letta con appena due voti contrari e quattro astensioni. Le correnti interne si sono acquietate di fronte ad un candidato che svetta per sguardo lungo, autorevolezza e passione priva di ambizione; vedremo poi, quanto a forza e scaltrezza - golpe e lione, diceva un antico fiorentino - doti che comunque sono necessarie in politica.
La lotta per il potere è connaturata alla politica, sia all’esterno che all’ interno dei partiti. E’ proprio per conquistare il controllo di un partito che si formano delle cordate, delle alleanze, dei gruppi, che non sono altro che le deprecate e demonizzate correnti. Che sono esistite sempre e dovunque.
Negli anni della “prima repubblica”, tutti i partiti erano divisi, anche i più piccoli – epiche le lotte interne nel minuscolo partito Liberale - salvo uno, il Partito comunista, compatto e monolitico dietro il suo leader.
All’epoca, si levavano critiche feroci al Pci perché era guidato dal principio del centralismo democratico e dal connesso divieto di “frazionismo”, accusa che portava all’ espulsione immediata chi osava organizzare il dissenso.
Oggi, invece, si demonizzano le diversità di opinioni, considerandole solo un veicolo per gretti interessi di conventicola, di clan, di “tribù”. Sotto sotto, circola ancora il fastidio per il conflitto, considerato un male e non un lievito della democrazia.
E’ la vecchia storia di chi critica “l’eccesso di libertà” perché qualcuno ne fa un pessimo uso.
Il pluralismo interno ai partiti è un valore. Il merito di Matteo Renzi (l’unico, forse) fu quello di sfidare apertamente, in ogni modo, anche il più provocatorio, la classe dirigente del Pd.
Il plebiscito che ha incoronato Enrico Letta non ha eliminato le visioni diverse che circolano nel partito. E per fortuna, perché sono un elemento di ricchezza. Invece, l’assenza di posizioni in conflitto isterilisce una organizzazione, la irreggimenta dietro un capo, la porta a perdere l’anima.
Il Pd ha già sperimentato questa deriva. Meglio che sia attraversato dalle correnti, sperabilmente a viso aperto e, possibilmente, con qualche idea.
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