- Scegliendo lei riconoscevamo il ruolo delle donne nella Resistenza, troppo spesso ignorato persino dagli storici e mostravamo l’attenzione dell’Anpi, che appariva a molti un’associazione combattentistica, alla questione delle donne nella società attuale
- Ha valutato la Resistenza nella sua essenza storica e nella sua attualità. E ha sempre considerato che dovesse essere fatta conoscere nella sua realtà di grande fenomeno popolare
- La semplicità e fermezza, ha diretto l’associazione fino all’ultimo, anche nel corso della sua malattia non ha mollato mai
Ho conosciuto Carla Nespolo molti anni fa. Ero presidente dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani d’Italia, e lei una dei vicepresidenti. Una vicepresidente molto presente, molto attiva, talvolta anche critica. Da qui, quando si trattava di eleggere il nuovo presidente, è nata la mia scelta di proporre lei. Ma c’era un problema, ed era serio. Tutti i presidenti erano stati partigiani. Per la prima volta ci chiedevamo se fosse arrivato il momento di nominare un presidente che non fosse stato partigiano, per ragioni di età, di prospettiva del futuro. Era un passaggio molto delicato, che aveva a che vedere con il futuro dell’Anpi.
La mia idea fu: invece di difenderci, noi ex partigiani, e andare avanti fino a che era possibile, facciamo uno scatto in avanti. Certo, era una novità. Anzi due: l’Anpi non aveva mai avuto una presidente donna. Così, spiegai, non solo non sarebbe stato un arretramento, ma un passo avanti. Scegliendo Carla, da un lato riconoscevamo il ruolo delle donne nella Resistenza, troppo spesso ignorato persino dagli storici, che spesso ne hanno parlato riducendole a comprimarie quando invece sono state co-protagoniste a tutti gli effetti; dall’altro lato mostravamo l’attenzione dell’Anpi, che appariva a molti un’associazione combattentistica, alla questione delle donne nella società attuale. La proposta fu sottoposta ad un giro di consultazioni, e quando fu il momento del Comitato nazionale che doveva eleggere formalmente il presidente, Carla fu votata all’unanimità. Era un bel risultato. Lei poi volle che fosse riconosciuta a me la carica di presidente emerito, perché le rimanessi a fianco nell’Associazione.
Si presentò molto bene, con la sua semplicità ma anche con la sua fermezza, e con il suo rapporto costante con le associazioni delle donne, come del resto aveva fatto nella sua esperienza di parlamentare. Si è comportata in modo splendido poi anche nel corso di questa sua lunga e feroce malattia. Non ha mollato mai. Anche quando era costretta a stare a casa, o subire ricoveri, ha guidato l’Associazione. Dal telefono continuava a tenere rapporti continui con tutti. Mi ricordo, e non era molto tempo fa, mi chiamò una notte all’una per dirmi il suo parere su una vicenda politica importante. Ne discutemmo, costrinse anche me a ragionare a quell’ora di notte. Carla Nespolo è stata presidente sempre, anche nel momento in cui avrebbe avuto mille ragioni per rassegnarsi, o distaccarsi. Pochi, uomini o donne, avrebbero resistito tanto a lungo, senza mai cedere all’incertezza del futuro.
Ricordo la riunione del Consiglio nazionale ad Aqui; io feci l’introduzione ma la conclusione, dopo due giorni di interventi, spettava a lei. Le raccomandai vivamente, poiché era una delle prime volte che usciva dopo il ricovero, di tenere l’intervento da seduta, le dissi “nessuno ci farà caso”. Volle parlare in piedi, aveva un’aria ferma e attiva, dimostrò a tutti che lei era più forte della sua malattia. Questo era il suo temperamento.
Carla Nespolo ha valutato la Resistenza nella sua essenza storica e nella sua attualità. E ha sempre considerato che dovesse essere fatta conoscere nella sua realtà di grande fenomeno popolare. Lo ha dimostrato anche quando ha dato il suo pieno appoggio all’opera che meritoriamente ha fatto Gad Lerner raccogliendo le testimonianze degli ultimi partigiani in vita, poi raccolti in un libro edito da Feltrinelli.
Un'altra bussola costante della sua azione è stato l’antifascismo, nel senso più ampio della parola. Lei è riuscita a fare in modo che non ne fossimo detentori solo noi dell’Anpi, ma che diventasse un gruppo che, con frequenti incontri, raccogliesse il più possibile le persone e le associazioni che credevano che l’Italia dovesse essere veramente democratica e antifascista, come la Costituzione vuole, combattendo il fascismo non solo in “camicia nera” ma anche quello che si manifesta nella discriminazione, nell’odio e nella violenza. Un’opera, la sua, che è stata riconosciuta da tutto il mondo associativo. E che ha condotto fino alla fine, con un tratto straordinariamente femminile: con delicatezza, senza offendere nessuno, cercando sempre nuove forme e garantendo, a prezzo di gravi sacrifici, una costante presenza – finché ha potuto – in ogni angolo del paese ed in ogni istanza dell’Anpi. E’ sua l’idea delle magliette rosse dei giovani, con lei la tessera dell’Anpi è diventata un documento ricco di significati, disegnato da un artista che l’ha trasformata nel simbolo del sacrificio di tanti che hanno combattuto per la libertà del nostro paese.
Così vogliamo ricordare Carla Nespolo. Per noi è una perdita gravissima, che non sarà facile colmare. Anche dal punto di vista umano. Il suo ricordo e il suo esempio di saldezza, anche di fronte a un male terribile, non verrà mai meno. L’esempio di chi va avanti a tutti costi e fino alla fine per essere “cittadino” di questo paese, con la Costituzione nel cuore.
*presidente emerito dell’Anpi
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