La sottrazione della salute al mercato attraverso il welfare è stato un pilastro fondamentale del compromesso sociale e politico del dopoguerra. L’Italia è arrivata a quest’appuntamento nel 1978. Un’innovazione importante che va oggi difesa dai rischi di deterioramento che minano la coesione sociale. Come ci ricorda l’appello sottoscritto da un gruppo di autorevoli scienziati
Quando l’accesso ai servizi sanitari non è garantito come componente essenziale dei diritti di cittadinanza, le disuguaglianze crescono. In altre parole, si devono comprare cure per la propria salute sul mercato. Chi ha di più può permettersi cure migliori.
La sottrazione della salute al mercato attraverso il welfare è stato un pilastro fondamentale del compromesso sociale e politico del dopoguerra. L’Italia è arrivata a quest’appuntamento nel 1978 realizzando un servizio sanitario nazionale. Si è trattato di un’innovazione importante che va oggi difesa dai rischi di deterioramento che minano la coesione sociale. Come ci ricorda l’appello sottoscritto da un gruppo di autorevoli scienziati.
Il documento tratteggia un quadro preoccupante del Servizio sanitario nazionale, che peraltro corrisponde all’esperienza vissuta direttamente da chi abbia bisogno di cure: attese molto lunghe per visite specialistiche, esami diagnostici o interventi chirurgici; la prevenzione sempre più trascurata e con essa la “medicina territoriale” basata sulla continuità assistenziale (ospedali – poliambulatori e case della salute – cure domiciliari).
Unici in Europa
Considerando alcuni indicatori essenziali, emerge la distanza con altri grandi paesi europei: la spesa pubblica pro capite per la sanità è meno della metà di quella della Germania e di circa un terzo inferiore a quella della Francia; più o meno la stessa differenza è riscontrabile nei posti letto degli ospedali.
Più basso è il numero dei medici e soprattutto degli infermieri. Come conseguenza di questo quadro, sono diminuite le possibilità di accesso ai servizi sanitari. Il fenomeno si accompagna a due tendenze evidenti da parte dei potenziali utenti. L’Italia è il paese che sperimenta una crescita e un livello elevato della spesa delle famiglie per procurarsi servizi a pagamento nel settore privato o in quello pubblico. In Italia questo valore è alto nel confronto con gli altri grandi paesi europei (oltre un quinto della spesa sanitaria complessiva).
Allo stesso tempo, però, cresce il numero di quanti non possono permettersi questa spesa e quindi rinunciano in tutto o in parte alle cure di cui avrebbero bisogno. In questo modo si aggravano evidentemente le disuguaglianze legate alla salute. Una stima dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) ha messo a confronto in vari paesi i soggetti più ricchi e quelli più poveri.
Come gli Usa
Gli Stati Uniti sono il paese in cui conta di più la classe sociale nel differenziare in misura significativa l’accesso ai servizi sanitari, sia specialistici che ospedalieri o preventivi. Ma questo era prevedibile, data la mancanza di un servizio sanitario nazionale.
A sorpresa, invece, l’altro paese che si avvicina di più a questa situazione di maggiore disuguaglianza è l’Italia. Le differenze nell’accesso sono infatti anche in questo caso particolarmente elevate tra i più ricchi e i più poveri, con l’eccezione dei servizi di ricovero ospedaliero. Su questo terreno il nostro SSN fa sentire i suoi effetti. Ma siamo ben lontani dalla situazione dei paesi nordici, e in parte di quelli continentali, nei quali non si manifestano differenze nell’accesso ai servizi.
Dunque, l’Italia oltre ad avere una condizione di elevata disuguaglianza di reddito, si distingue anche per quella relativa alla salute e alle condizioni di cura. Ce n’è abbastanza per formulare proposte di riorganizzazione efficace della sanità. Con una qualificazione importante.
L’appello in difesa del sistema sanitario sottolinea giustamente che occorre investire più risorse pubbliche nella sanità. Non bisogna però trascurare la necessità non meno cogente di intervenire sulla governance e sull’organizzazione del sistema sanitario. Senza cambiamenti adeguati su questo terreno anche lo stanziamento di maggiori risorse rischia di essere poco efficace.
Si pensi in particolare al ruolo delle regioni che andrebbe rivisto, e più in generale al funzionamento della sanità nel Mezzogiorno, che mostra limiti evidenti nonostante le risorse impegnate. Non bastano controlli dal centro di tipo finanziario ma è necessario mettere a punto strumenti che permettano di incidere sulla qualità dei servizi erogati.
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