Il governo propone una nuova Agenzia per il controllo dei conti dei club. La correttezza della gestione e l'ammissione ai campionati vanno in effetti sottratte ai magheggi di burocrati federali, in lotta per lacerti di potere personale. Ma se il governo volesse davvero disboscare questa giungla, basterebbe richiamare tutte le società al rispetto delle norme del codice civile
Dato che qui di calcio si parla, una premessa è “di rigore”; non conosco i protagonisti di questa vicenda – governo, Lega, Figc, “composizione Organi di Vigilanza Contabile sulle Società Sportive-Covisoc”, Coni – né conosco presidenti di associazioni o federazioni, affiliate o no al Coni. Una caratteristica li accomuna: sono in larga maggioranza maschi, bianchi, anziani, avranno praticato, tempo fa, qualche sport, ma soprattutto han bazzicato i corridoi federali, dove hanno appreso l’arte che li ha issati ai vertici.
La cosa irrita profondamente chiunque ami lo sport vero, quello praticato, ma è un tratto comune a molte associazioni o federazioni; la più parte dei presidenti del Club Alpino Italiano, di cui sono socio dall’infanzia, non viene dai folti ranghi dei nostri grandi alpinisti, ma sono burocrati che, grazie ai rapporti con la politica, portano soldi.
Il governo istituirà un’agenzia per controllare la gestione delle società e autorizzare l’iscrizione ai campionati, sottraendola alla Covisoc. Se questa ha permesso di tutto, incluso l’acquisto di squadre di Serie A da parte di soggetti cui nessuno affiderebbe una drogheria, sulla proclamata indipendenza della futura agenzia sono leciti fieri dubbi.
La compatta opposizione del calcio attacca su tale punto, logico davanti a un governo affamato di spazi da presidiare, pur se l’esecrata egemonia comunista non contagia il destrorso calcio, offeso dalla ferita all’autogoverno. Tutti conoscono la fila di presidenti dalla condotta deprecabile, illegale se non perfino criminale, osannati dalle folle, corteggiati dai politici; a protezione mia e del giornale non nominerò persone i cui misfatti sono noti e tengono occupate le odiate Procure della Repubblica. Solo l’estrema difesa della magistratura, guard-rail che si vuol far tornare paracarro, svela plusvalenze fasulle, pagamenti in nero, finte sponsorizzazioni, Covisoc dormiente. Per tacere dei rapporti con gli ultrà e dell’impiego di Carabinieri e Polizia per sedarne i bollenti spiriti.
Viva sempre l’autodichia, lodata ieri sul Corriere da Franco Carraro, ex presidente Coni, perché, dall’avvio della Covisoc (1986), ogni squadra autorizzata è giunta a fine campionato. Lo storico esponente della burocrazia sportiva non ignora la mole di aiuti che le squadre esigono quando sono malmesse, e regolarmente ricevono da politici il cui posteriore non riesce a staccarsi dalle tribune d’onore degli stadi. Per il suo successore in carica, definito dal Corriere «fine tessitore dei rapporti istituzionali», la Covisoc deve gestire le sue dinamiche; e si vede!
Alle porte di quel mondo premono i fondi di private equity che comprano dai vecchi patron le squadre; sarebbe ingenuo aspettarsene grandi pulizie. A parte la loro predilezione per sempiterni marpioni del vecchio mondo, osta l’inesistente trasparenza del loro modo di lavoro; si veda l’indagine in corso su chi davvero controlla il Milan dopo la dichiarata cessione dal fondo Elliott al fondo RedBird. Non si sa chi investe nei fondi di private equity e nulla vieta di costituire “fondi laterali”, sottoscritti da investitori diversi da quello principale.
Non servono nuove agenzie più o meno indipendenti, utili solo a saziare quell’atavica fame e a invadere le competenze di quelle esistenti; quando poi qualcosa va storto, la confusione impedisce di capire chi ha mancato ai propri compiti. Non è un difetto, ma un effetto voluto, che eleva l’irresponsabilità a sistema. La correttezza della gestione e l’ammissione ai campionati vanno sottratte ai magheggi di politici e burocrati federali, in lotta per lacerti di potere personale.
Se il governo volesse davvero disboscare questa marcescente giungla, basterebbe richiamare ruvidamente tutte le società, alcune quotate sul mercato come Juventus, Lazio e Roma, al rispetto delle norme del codice civile. Dopo tale pronuncia ufficiale, il controllo dei conti andrebbe affidato alle società di revisione contabile, sul cui lavoro vigila la Consob, che può depennarle dall’albo.
Quanto all’iscrizione ai campionati, che chiama in causa la concorrenza, essa deve spettare all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, sentita la Consob. Questo deve volere chi voglia imporre a un mondo in trasformazione – dai vecchi presidenti paternalistici ai segreti dei fondi di private equity – il rispetto dei cardini di una società plasmata dal rispetto della legge e delle regole sportive.
Purtroppo non è questo, né lo sarà, il mondo del calcio. E non solo in Italia.
© Riproduzione riservata