- Che Berlusconi scambi messaggi affettuosissimi con lo zar del Cremlino e lo consideri uno dei suoi migliori amici non è una questione privata bensì politica, perché il Cavaliere è (ancora) un rappresentante della nazione. E Putin, oggi, è un nostro nemico.
- Quanto accaduto dimostra che l’alleanza di destra non ha le carte in regola per governare una nazione europea e occidentale.
- Se oggi è Berlusconi sulla graticola, domani potrà essere Salvini che non viene mondato dalle sue frequentazioni moscovite e dalle sua magliette pro-Putin
Le esternazioni di Berlusconi su Putin e Zelensky fanno piazza pulita di una serie di commenti e analisi che sono fioriti negli ultimi mesi. Mentre quasi tutta la stampa era ossessionata dall’individuare nel reprobo Giuseppe Conte ammiccamenti filo-putiniani e financo tradimenti della collocazione internazionale ed europea dell’Italia, quando invece il M5s ha votato tutte le risoluzioni del governo in merito, nulla si diceva di Salvini e di Berlusconi, nonché del recente passato della stessa Meloni.
Oggi si scopre, ohibò, che Silvio Berlusconi manifesta ancora, e senza remore, i suoi amorosi sensi verso Vladimir Putin.
Quanto emerge dallo sgocciolamento degli audio rubati sorprende solo gli adulatori palesi e occulti del Cavaliere.
Le esternazioni sulla guerra in Ucraina, «intrapresa dalla Russia per insediare a Kiev finalmente delle persone per bene, al posto di quel buffone di Zelensky», non fanno che confermare quanto già si sapeva della visione berlusconiana in merito a Putin.
Comunque, a scanso di malintesi, che Berlusconi scambi messaggi affettuosissimi con lo zar del Cremlino e lo consideri uno dei suoi migliori amici non è una questione privata bensì politica, perché il Cavaliere è (ancora) un rappresentante della nazione. E Putin, oggi, è un nostro nemico.
Quanto accaduto dimostra che l’alleanza di destra non ha le carte in regola per governare una nazione europea e occidentale.
Se oggi è Berlusconi sulla graticola, domani potrà essere Salvini che non viene mondato dalle sue frequentazioni moscovite e dalle sua magliette pro-Putin se non dichiara pubblicamente le ragioni per cui adorava il presidente russo fino all’altro giorno.
Cosa lo attraeva tanto? E lo stesso vale per Meloni e suoi seguaci perché non tutti sono volenterosi e golosi mangiatori di loto, pronti a dimenticare quanto dichiarava nei confronti della Russia e di Putin, omaggiandolo nella sua elezione a presidente visto che «la volontà del popolo in quelle elezioni appariva inequivocabile».
Anche qui sarebbe doveroso fornire all’opinione pubblica le ragioni per cui la leader di FdI ha cambiato idea su questo versante; così come vorremmo sapere se pensa ancora che alla ragione e all’Illuminismo dalla quale discendono le nostre coordinate politico-culturali vadano contrapposti i valori della tradizione e dell’identità quali fonti dell’autorità legittima.
Se maturazione c’è stata, ben vengano nell’ovile della democrazia le pecore nere, ma non senza essere passate da un bagno di verità. Di questo abbiamo un disperato bisogno.
Non dei trasformismi di personaggi inebriati dal profumo del potere a portata di mano. Solo all’ultimo miglio è venuta a galla tutta l’incoerenza e l’ambiguità di una destra priva di coordinate culturali democratiche e occidentali.
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