Chi vuole la pace venga sabato a Roma. Non in piazza del Popolo, ma in piazza Barberini. Nella capitale ci saranno infatti due manifestazioni: la prima segue l'appello di Michele Serra, in nome dell’Europa, e sfilerà con le bandiere Ue; la seconda è chiamata da chi rifiuta di fingere che l’Ue sia altro da ciò che è: e cioè un insieme di stati con interessi eterogenei che hanno appena deciso la corsa al riarmo.

Ursula von der Leyen l’ha detto chiaramente: la pace si prepara con le armi, e servono in fretta, perché «viviamo in un’epoca mai così pericolosa» (è il postulato di uno stato di presunta necessità e urgenza, brodo di coltura dell'ultradestra, che apre le porte a quello di eccezione verso cui ci trascinano).

I sacri vincoli dell’austerità, che in Italia conosciamo a memoria per quante volte li abbiamo subiti per mano di governi di ogni colore, crollano come falsi idoli. Spazzati via dal ReArm Eu. Serve acquistare e produrre armi. Perché il riarmo è cambio di paradigma, dal miraggio della transizione verde ecologica a quella verde militare di un'economia di guerra.

Pagano i lavoratori

C'è la crisi industriale in tutt'Europa? La produzione di Volkswagen, Audi, Stellantis crolla? Usiamo le filiere dell'automotive non più per produrre auto, ma tank e droni! In Francia, Belgio e Germania già si portano avanti, basta sentire Emmanuel Macron o studiare i progetti della Rheinmetall; in Italia il ministro della Difesa Guido Crosetto è cristallino: «Occorre trasformare questa necessità in opportunità, [...] utilizzando anche parte della catena di fornitura dell'automotive».

La piazza blu Ue vedrà sfilare insieme chi è in brodo di giuggiole per il riarmo, vedi Carlo Calenda, e chi si dice contrario, vedi Elly Schlein o Nicola Fratoianni, balbettando di “difesa comune” che non è difesa collettiva (già prevista dall'art.42, paragrafo 7 del Trattato sulla Ue), ma parola d'ordine intrinsecamente bellicista: la Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc) dell'Ue prevede infatti il «rafforzamento delle sue capacità militari e il dispiegamento di missioni al di fuori dell'Ue».

Ciò che li divide da von der Leyen non è il riarmo in sé, ma le sue forme. Il Pd ha presentato un emendamento al ReArm Eu chiedendo di investire, ma «in modo coordinato e integrato […] sfruttando le competenze complementari di tutti gli attori […] inclusa la Nato, realizzando una difesa comune». Dunque: riarmo nazionale o europeo?

Ci pensa Romano Prodi – che il vincolo dell'austerità, il rapporto 3 per cento deficit/Pil, l’ha inventato – a costruire il ponte: il ReArm Europe va bene, facciamo prima il riarmo nazionale e poi l'esercito europeo. Riarmo e difesa comune non sono affatto alternative, ma tappe dello stesso processo.

Chi pagherà? Lavoratori e lavoratrici. Perché, come iniziano ad ammettere dal Financial Times (“L'Europa deve tagliare il welfare state e costruire il warfare state”) a El Paìs, i cugini spagnoli di Repubblica, per aumentare le spese militari servirà un taglio alle spese sociali.

L'Ue è quindi pronta a imporre nuovi tagli a scuole, ospedali e salari per riempire le tasche dei mercanti di morte. Per lo più statunitensi, tra l'altro. Alla faccia dell'autonomia dagli Usa di Donald Trump. È la bandiera di questa Ue quella sotto i cui colori Repubblica invita a marciare.

Perché disertiamo piazza del popolo

Noi disertiamo. Non abbiamo mai accettato né accetteremo di farci prendere in giro con la narrazione di un’Unione europea di pace, dopo che abbiamo visto il popolo greco in ginocchio in nome dell’austerità, i migranti morti in mare e/o respinti alle frontiere, le complicità con quello che la stessa Corte internazionale di Giustizia dell'Onu sostiene possa essere un vero e proprio genocidio di Israele in Palestina.

Non siamo soli. Molto non ha funzionato nel battage propagandistico di Repubblica. Non si contano i dissensi e i rifiuti di grossi pezzi di organizzazioni di massa di questo paese, Anp, Arci, Cgil... Lo stesso Serra è dovuto intervenire più volte per risettare l'appello, ché troppo pesante era la forzatura. Evidentemente non era stato previsto un tale livello di dissenso.

L’Italia ha sani e forti anticorpi pacifisti. Le persone, stanche, non si fanno ingannare. Non vogliono il riarmo in nome della pace: abbiamo visto come va a finire, dal 1914 in poi. Le armi infatti hanno un grande difetto: non sopportano la polvere. Bisogna usarle. Se non arriva la guerra, l'economia di guerra si ferma.

Sabato Piazza Barberini sarà una piazza antimilitarista, nel solco di chi già cent'anni fa lottava per tenere l'Italia fuori dalla carneficina della Prima guerra mondiale, in strada al grido «né un soldo né un soldato per la guerra». Una piazza per dire no a qualsiasi forma di riarmo. Che ci vuole sì più spesa pubblica, ma per «medici, non bombe». Un granello per costruire un orizzonte diverso da quello rappresentato dal bellicismo delle destre e del centrosinistra, in Italia e in Europa.

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