- Commentando la recente proposta dell’Antitrust di sospendere il Codice dei contratti c’è stato chi ha paventato che tra gli effetti della sospensione del Codice ci fosse anche la sospensione delle norme che regolano le funzioni e i poteri dell’Anac.
- Sospeso il codice, si sospende anche l’Anac.
- Pur senza arrivare a immaginare che questo fosse uno degli scopi della proposta, anche se essa ha avuto un indubbio effetto di delegittimazione dell’Anac, salutato con entusiasmo da alcuni commentatori, è forse opportuna una riflessione sulla pluralità dei soggetti che intervengono ed esercitano poteri nel settore.
Commentando la recente proposta dell’Antitrust di sospendere il Codice dei contratti c’è stato chi ha paventato che tra gli effetti della sospensione del Codice ci fosse anche la sospensione delle norme che regolano le funzioni e i poteri dell’Anac. Sospeso il codice, si sospende anche l’Anac.
Pur senza arrivare a immaginare che questo fosse uno degli scopi della proposta, anche se essa ha avuto un indubbio effetto di delegittimazione dell’Anac, salutato con entusiasmo da alcuni commentatori, è forse opportuna una riflessione sulla pluralità dei soggetti che intervengono ed esercitano poteri nel settore.
In principio vi è la scelta di affidare funzioni di regolazione e vigilanza (con annessi poteri sanzionatori e di ricorso diretto al giudice amministrativo) a un’autorità indipendente. In generale le autorità amministrative indipendenti svolgono, nei rispettivi settori, un ruolo rilevante perché l’ordinamento italiano ha stabilito che tali funzioni, per le loro caratteristiche non potessero essere affidate a un’amministrazione “politica”, ma a un’amministrazione le cui decisioni non siano sospettabili di partigianeria, perché sottratte all’indirizzo politico del governo. Ma su di esse resta fermo il pieno sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo.
Ruoli concorrenti
Nel settore dei contratti pubblici, invece, si direbbe che operano due autorità che entrambe garantiscono la tutela della concorrenza, con le inevitabili questioni di delimitazione dei rispettivi ambiti di competenza. In realtà il Codice dei contratti, che assume la concorrenza come l’interesse primario da tutelare, attribuisce i compiti di regolazione e vigilanza all’Anac, mentre menziona l’Antitrust solo per garantire la collaborazione tra le due autorità per il rating di legalità delle imprese.
L’intervento dell’antitrust si rivela dunque particolarmente delicato in un clima nel quale molti osservatori, sulla base di un preconcetto non suffragato dalla realtà, hanno sostenuto che l’Anac sarebbe attrezzata per prevenire la corruzione, ma inadatta alla tutela della concorrenza nei contratti pubblici.
Tesi smentita tanto dalla legge quanto dall’organizzazione degli uffici e dalle attività svolte dall’Anac. La concorrenza è ben tutelata dall’attuale assetto e non vi è bisogno di ulteriori soggetti, neanche per la vigilanza sugli interventi del Pnrr (per i quali l’Antitrust è arrivata a proporre la costituzione di un organismo speciale), ma semmai di un rafforzamento dell’Anac.
Non si dimentichi che l’operazione del progressivo smantellamento del Codice e delle sue parti più innovative è cominciata quasi subito dopo la sua entrata in vigore, con una successione di interventi che hanno inciso in qualche misura sullo stesso principio di concorrenza e hanno prodotto un appannamento del ruolo dell’autorità.
Risolto, speriamo, il problema dell’indebita concorrenza tra due autorità che dovrebbero semmai, quando sia necessario, avanzare comuni proposte di modifica delle norme che non funzionano (con l’obiettivo della efficacia del settore e della prevenzione dei fenomeni corruttivi e collusivi, come pure è scritto nel Protocollo d’intesa tra le due autorità del 2014), va chiarito che in ogni caso il corretto esercizio di funzioni indipendenti di regolazione e vigilanza, di per sé, non è sufficiente a risolvere antichi e strutturali problemi del settore. Occorrono politiche attive di promozione di trasformazione radicale, tanto sul versante pubblico (spetta alle istituzioni pubbliche investire sull’effettiva capacità delle stazioni appaltanti di gestire in autonomia l’intero ciclo dei contratti) quanto sul versante privato, incentivando processi di ristrutturazione e soprattutto di innovazione da parte delle imprese (e non è un bel segnale che tra gli effetti del decreto “semplificazioni” sia stata indicata la sospensione della figura del partenariato per l’innovazione).
Ciascuno, le autorità, il governo e il parlamento, le amministrazioni pubbliche, le imprese, deve fare la sua parte, possibilmente al meglio: le dinamiche del mercato certamente ne beneficerebbero.
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