- La Spacca Italia è parte integrante dell’attacco all’equità fiscale che contraddistingue questo governo (vedi flat tax e condoni).
- Calderoli lavora alacremente al trasferimento alle Regioni di parte delle funzioni essenziali dello Stato: scuola, energia, trasporti, sanità, ambiente.
- Nessuno può realmente credere che venti Regioni semiautonome governino le infrastrutture chiave meglio di un sistema centralizzato. Lo scopo non troppo nascosto è in realtà quello di trasferire funzioni alle Regioni per poi privatizzarle, sulla scorta di quanto fatto negli ultimi trent’anni dalla Lombardia leghista-formigoniana.
La “Spacca Italia”, la legge-quadro sull’autonomia regionale differenziata presentata dal ministro Calderoli a fine 2022, è parte integrante dell’attacco all’equità fiscale che contraddistingue questo governo (vedi flat tax e condoni).
Se da un lato il ministro minaccia di querele chi critica la sua riforma, dall’altro lavora alacremente al trasferimento alle Regioni di parte delle funzioni essenziali dello Stato: scuola, energia, trasporti, sanità, ambiente.
Così facendo, la "Spacca Italia" non solo crea un trattamento differenziato tra cittadini del Nord e del Sud, ma ancora una volta tra chi potrà avere accesso ai servizi di base e chi ne sarà escluso, indipendentemente dalle imposte pagate. Del resto, questa legge segue le orme della legge delega sul federalismo fiscale del 2009, firmata anch’essa da Calderoli.
Grazie a quest’ultima, una parte della fiscalità è stata trasferita dallo Stato alle Regioni, garantendo loro maggiori introiti.
È stata però trascurata l’attuazione della parte sulla perequazione delle risorse, lasciando quindi senza fondi i comuni del Mezzogiorno e senza servizi i loro cittadini, come mostra un recente studio di Bankitalia.
La recente legge-quadro di Calderoli prevede che vengano definiti in tempi brevi i cosiddetti LEP, i livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
Ma per determinare i LEP, il riferimento sarà alla spesa storica, molto bassa nei comuni del Sud negli ultimi vent’anni per via della drastica riduzione dei trasferimenti erariali in seguito alla riforma federale nonché alle misure di risanamento della finanza pubblica.
I LEP finiranno quindi per istituzionalizzare i divari esistenti. E la distanza tra cittadini del Nord e del Sud, che discrimina già oggi sulla sola base del luogo di residenza, rischia di inasprirsi ulteriormente e diventare esplosivo.
Del resto, nessuno può realmente credere che venti Regioni semiautonome governino le infrastrutture dei trasporti, quelle energetiche, il sistema sanitario, quello scolastico, meglio di un sistema centralizzato.
Lo scopo non troppo nascosto è in realtà quello di trasferire funzioni alle Regioni per poi privatizzarle, sulla scorta di quanto fatto negli ultimi trent’anni dalla Lombardia leghista-formigoniana.
Con risultati - vedi dismissione della medicina di base e gestione catastrofica della crisi sanitaria – a dir poco discutibili. E l’opposizione che fa?
La probabile ascesa alla segreteria del Pd da parte di Bonaccini, che da presidente dell’Emilia-Romagna ha chiesto – anche lui - l’autonomia differenziata (per tutte le funzioni menzionate qui sopra comprese sanità e infrastrutture, ma fatta salva l’istruzione), non promette nulla di buono.
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