La nuova disciplina sulle concessioni balneari che il governo si starebbe apprestando a varare rischia, ancora una volta, di essere in contrasto con la direttiva Bolkestein. Questo esporrebbe i cittadini al pagamento delle sanzioni conseguenti alla conclusione della procedura di infrazione
Nella vicenda relativa alle concessioni balneari il governo sta giocando col fuoco. Anzi, sta esponendo i cittadini al fuoco, perché sarebbero loro a dover pagare le severe sanzioni dell’Unione Europea. Infatti, leggendo le anticipazioni pubblicate da Repubblica circa la normativa che l’esecutivo si accingerebbe ad adottare, il rischio che la procedura di infrazione già avviata giunga a conclusione diventa sempre più concreto. Nonostante i richiami contenuti nel testo al «rispetto del diritto dell’Unione europea e dei principi di trasparenza e massima partecipazione», alcuni snodi normativi paiono andare in senso opposto.
Le proroghe espresse
Le attuali concessioni marittime sarebbero prorogate fino al 30 settembre 2027, con l’obbligo di indire le gare entro il 30 giugno dello stesso anno. E qui c’è il primo inghippo. Tre mesi rischiano di non essere sufficienti per completare le procedure di affidamento. La relativa istruttoria dei Comuni si svolgerebbe, infatti, in pieno periodo estivo, quando gli uffici pubblici sono sguarniti di personale a causa delle ferie. Inoltre, la tempistica fissata dal governo non tiene conto dell’inevitabile strascico di contenzioso che ogni gara si porta appresso. L’assegnazione della spiaggia al concessionario subentrante sarebbe sospesa fino alla definizione dei ricorsi, con inevitabile proroga – ancora una volta – in favore dei vecchi titolari.
Detto questo, la disciplina darebbe luogo a una nuova proroga generalizzata, nonostante Consiglio di Stato, Corte di giustizia dell’Unione Europea, Corte costituzionale e Commissione UE abbiano detto chiaramente che tale proroga non è ammissibile. Né l’ostacolo sarebbe aggirato se l’esecutivo – come è emerso nei giorni scorsi - attribuisse ai Comuni la valutazione della messa a gara in relazione all’attuale percentuale di occupazione delle spiagge nell’area di propria pertinenza. In questo modo, secondo il governo, la proroga verrebbe vagliata caso per caso, quindi non sarebbe “generalizzata”. Di fatto, il conferimento in via generalizzata ai Comuni della possibilità di prorogare le concessioni, che presumibilmente si tradurrebbe in proroghe a propria volta generalizzate in ogni area di loro competenza, non eviterebbe di incorrere comunque nella violazione della direttiva Bolkestein.
Le proroghe camuffate
E non è tutto. «In presenza di ragioni oggettive» oppure di «difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura» di affidamento, la scadenza delle concessioni sarebbe posticipata addirittura fino al 31 marzo 2028. La possibilità di andare oltre il termine fissato – con il richiamo proprio alle citate motivazioni - si ritrovava anche nella legge sulla concorrenza varata nell’agosto 2022 dal governo di Mario Draghi e nel decreto Milleproroghe del dicembre 2022 del governo di Giorgia Meloni.
La facoltà di ricorrere a tale estensione ulteriore del termine è stata usata da diversi Comuni come escamotage per allungare le concessioni in essere, nonostante il Consiglio di Stato sia stato chiaro circa il fatto che tale proroga “tecnica” è valida solo se l’iter di messa a gara sia stato già avviato. In altre parole, essa non può venire usata solo per aggirare le gare, come accaduto nella maggior parte dei casi. Dunque, nonostante l’avvertimento dei giudici amministrativi circa la necessità di evitare il ricorso a certi trucchetti, il governo sembra non voler rinunciare a fornire ai Comuni una via di fuga dalle procedure a evidenza pubblica.
Gli indennizzi e i rischi
Il concessionario uscente avrà diritto a un indennizzo a carico del subentrante, «pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione» e «pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un’equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni». L’indennizzo sarà determinato da apposita perizia di un soggetto terzo.
L’esecutivo sembra aver rinunciato al proposito di concedere una prelazione ai vecchi concessionari, poiché ciò sarebbe rientrato tra i «vantaggi al prestatore uscente» che – come spiegato su queste pagine – sono vietati dalla Bolkestein. Sul valore dell’indennizzo paiono essere state recepite le indicazioni della giurisprudenza, anche se non è chiaro cosa si intenda con il riferimento all’equa remunerazione per gli investimenti. Il rischio è che la somma da riconoscere al concessionario uscente possa essere troppo onerosa, disincentivando i potenziali interessati dal partecipare alle gare, con buona pace della concorrenza sancita dalla Bolkestein.
Qualche settimana fa, l’autorità Antitrust aveva invitato le amministrazioni a svolgere quanto prima le procedure selettive e a procedere all’assegnazione delle nuove concessioni non oltre il 31 dicembre 2024. Tra le righe, era anche un invito all’esecutivo Meloni affinché non fornisse nuovi alibi per evitare le gare, come fatto finora. Invito che il governo, ancora una volta, evidentemente non ha accolto.
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