- Per mesi Lagarde ha ribadito che la Bce considera l’inflazione è temporanea,
- Sulla base di questo scenario la Bce ha deliberato giovedì scorso di non aumentare i tassi, né di prevedere un aumento nel 2022, di mantenere gli acquisti di titoli, riducendo gradualmente l’ammontare degli interventi.
- Ora però Lagarde ha però lasciato intendere che non escludeva un rialzo dei tassi nell’anno se i nuovi dati in futuro lo avessero richiesto.Dichiarazioni che hanno creato scompiglio perché non si è capito quale fosse la vera posizione della Bce.
L’importanza del famoso “Whatever it takes” di Draghi non sta solo nell’aver salvato l’euro da una probabile implosione, ma anche nell’ aver dimostrato l’importanza fondamentale della credibilità per i banchieri centrali. Quelle di Draghi erano solo parole, che non specificavano neppure quali provvedimenti avrebbe eventualmente preso: è bastata la sua credibilità. Una credibilità che l’attuale presidente della Bce, Christine Lagarde, sembra aver dissipato.
Per mesi Lagarde ha ribadito che la Bce considera l’inflazione è temporanea in quanto dovuta principalmente al caro energia e alle distorsioni delle filiere produttive, la manifestazione di distorsioni che esauriranno il proprio effetto nel prosieguo dell’anno; che non ci sono spinte salariali in atto; e che una politica monetaria restrittiva a fronte di shock dell’offerta come quelli che stiamo vivendo è inefficace dannosa. Pertanto, ci si attende che la dinamica dei prezzi rallenti nel corso dell’anno, per riportasi entro l’obiettivo del 2 per cento.
Sulla base di questo scenario la Bce ha deliberato giovedì scorso di non aumentare i tassi, né di prevedere un aumento nel 2022, di mantenere gli acquisti di titoli, riducendo gradualmente l’ammontare degli interventi, e di reinvestire cedole e titoli in scadenza del proprio portafoglio.
Nella usuale conferenza stampa dopo la riunione del consiglio direttivo, Lagarde ha naturalmente ribadito la posizione della Banca centrale, anche se poi ha aggiunto una nota di preoccupazione sulla dinamica dei prezzi, superiori alle attese (di chi? Visto che non c’è mai stata così tanta divergenza nelle previsioni), lasciando intendere con estrema vaghezza che non escludeva un rialzo dei tassi nell’anno se i nuovi dati in futuro lo avessero richiesto.
Dichiarazioni che hanno creato scompiglio perché non si è capito quale fosse la vera posizione della Bce. Ufficialmente la politica della Bce diverge rispetto alla Federal Reserve, che ha già annunciato di voler aumentare i tassi e ridurre i titoli detenuti a partire a marzo e prevede 4 o 5 aumenti nel corso dell’anno; e alla Bank of England che i tassi li ha aumentati proprio poco prima della riunione della Bce.
Nessuno crede davvero a Lagarde
Se la posizione della Bce fosse stata credibile, l’euro si sarebbe deprezzato e la curva dei titoli di stato tedeschi, che di fatto rappresentano il “safe asset” dell’area, si sarebbe abbassata o mantenuta costante. Invece è successo esattamente il contrario: l’euro si è subito apprezzato dell’1,5 per cento contro dollaro, 1,2 contro sterlina e 1,6 contro Yen; e la curva tedesca si è mossa al rialzo con il prezzo del titolo a 10 anni che in poco tempo ha perso oltre l’1,3 per cento.
L’aumento dei tassi tedeschi (che si muovono inversamente al prezzo dei titoli) a sua volta ha spinto al rialzo il rendimento del debito di tutti gli altri paesi dell’area: il Btp decennale ha toccato un massimo di 1,73 per cento (era 0,55 ad agosto), con lo spread salito a 152 punti.
Il mercato sconta quindi che la Bce aumenterà i tassi, anche prima della fine dell’estate. Lagarde dice una cosa, il mercato fa l’opposto. Credibilità pari a zero.
Una questione che non riguarda solo di carisma di Lagarde, ma riflette la percezione di una Bce sorpresa dagli eventi, in balia dei dati, e priva di un chiaro piano per guidare l’economia fuori dalla pandemia. Un problema serio: dopo l’instabilità politica, una Bce poco credibile è il peggior incubo che si possa immaginare per il nostro debito pubblico.
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